Lucinda Williams – Blessed – Lost Highway 2011
Ecco un diamante grezzo della Dixie’s Land: Lucinda Williams. Da più di trent’anni questa figlia del Sud ha saputo toccare le più fragili corde del nostro animo con la sua arte sonora, grazie ad un songwriting che narra di disperazione, amori, perdite, cadute e resurrezioni, con una voce indolente e sofferta che è figlia del padre di tutti i beautiful losers, Hank Williams.
Questa Dixie Lady ha pubblicato uno degli album più belli della sua già gloriosa carriera, Blessed, quasi una summa della sua estetica musicale, disco in perfetto equilibrio tra tempi rock e dolenti ballate, tra spirito country e contaminazioni black. E su tutto spicca la qualità sopraffina di queste canzoni. Si parte energici con il rock di Buttercup, ci si commuove con Copenaghen, ballad che è pura emozione in forma di note, dedicata al suo manager Frank Callari, scomparso il 26 ottobre del 2007.
Uno dei brani più belli dell’album è Born To Be Loved venata di blues, con un lavoro delizioso di Rami Jaffee all’organo Hammond a cui risponde in maniera sopraffina uno strepitoso Greg Leiszalla chitarra elettrica. Ma il momento più alto del disco è quella Seeing Black dedicata, in modo amorevolmente rabbioso, al grande Vic Chesnutt.
La rabbia di un’amica a cui non è piaciuto per niente il modo in cui Vicse n’è andato, lasciando un grande vuoto dietro di sé (sono parole che la nostra ripete in tutte le interviste, se interpellata sull’argomento). Lucinda quando canta “ When you made the decision to get off this ride/Did you run out of places to go and hide/Did you know everybody would be surprised/When you made the decision to get off this ride” esprime il dolore di tutti gli amanti del grande Chesnutt e l’eterna, umana incapacità di accettare la morte: semplicemente da brividi. E se questo non bastasse ci pensa un incredibile Elvis Costelloa chiarire definitivamente la dolorosa incredulità del testo di Lucinda con un assolo di chitarra di rara intensità. Insomma un disco consigliatissimo, da ascoltare ad occhi chiusi, per trovare la strada che ci porti fuori dal tunnel del dolore, per uscire a rivedere la luce di una possibile palingenesi. To Be Born Again. Voto: 9
Josh T. Pearson – Last Of The Country Gentlemen – Mute 2011
Storie del Sud, storie che narrano di un’umanità in cerca di sé stessa. Josh T. Pearson nel 2001 si fa conoscere come leader dei Lift To Experience, pubblicando uno splendido album, The Texas-Jerusalem Crossroads. Poi più nulla. Ecco che ricompare dieci anni dopo, con una barba che manco un patriarca e, quasi in solitario, pubblica un disco intenso ed essenziale, frutto di un songwriting fragile e crepuscolare. Un album che fa sua l’estetica musicale di Townes Van Zandt, scarnificandola però all’osso. I brani di questo disco sono lunghi, acustici, mettono a nudo i tormenti di un amore finito (come nella superba Woman, When I’ve Raised Hell), le passioni e i conflitti interiori del suo autore, quasi in uno stream of consciousness. A volte sono resi ancora più struggenti dalla presenza degli archi (come il violino nella meravigliosa Country Dumb) . Un disco difficile, lento, oscuro, da ascoltare con attenzione, maledettamente coraggioso nei nostri tempi veloci. E proprio per questo prezioso e memorabile. Voto: 8.5
Massimo Daziani