A distanza di quattro anni esatti torno a parlare di Facebook. All’epoca, settembre 2008, Obama era sempre in tv con il suo Yes, we can e sulla panchina dell’Inter sedeva Mourinho. All’epoca, circa il 90% delle persone che conosco, e presumibilmente il 90% di voi, non conosceva Facebook. Poi ci fu il boom. Ci hanno scritto saggi, commenti, libri; ci hanno fatto un film. In questi quattro anni Facebook è cambiato decine di volte.
La rivoluzione più grossa, è storia di alcuni mesi fa, è stato il cosiddetto Diario che, non si sa perché, è rimasto indigesto ai più. Italiani, inguaribili tradizionalisti. Il vecchio caro Facebook era entrato così tanto nella nostra testa che vederlo cambiato sarebbe stato come festeggiare il Natale il 25 gennaio, o come veder Arezzo andare sotto la provincia di Siena. I sociologi (e i giornalisti) di oggi devono ritenersi fortunati: hanno di fronte tonnellate di materiale da studiare per fare riflessioni di tipo socio-psicologico.
Io avevo smesso di riflettere, finché lunedì vengo a sapere che il sito francese Meteo.fr ha pubblicato questa notizia: “dalle ore 14,30 di lunedì 24 settembre i messaggi privati degli utenti Facebook degli anni 2007, 2008 e 2009 sono visibili a tutti”. Il finimondo, signori. Quanti matrimoni finiti, quante amicizie rovinate. Il Diario ha incolonnati sulla destra dello schermo gli anni in ordine decrescente. Se clicchiamo su uno degli anni incriminati, la timeline ti riporta a quel tempo, e ti apre un box dove possiamo leggere tutti i post scritti dai nostri amici sulla nostra bacheca. Il guaio è che, oltre ai post pubblici, apparirebbero adesso anche i messaggi privati. In Francia, dicono, scorre il panico sulle strade. Si è mosso addirittura il governo, chiedendo all’Authority della privacy di indagare. Lunedì sera, complice la mia inguaribile voglia di approfondire le cose superficiali (cioè le stronzate) e soprattutto l’influenza, ho deciso di controllare, anche solo per capire se si trattasse di un pesce di aprile fuori stagione, come sostiene il nostro Lupetti. E vi spiego cosa ho dedotto.
Allora, la notizia pare vera (sarei pronto a giurare che sulla mia bacheca sono presenti post che erano originariamente privati), quindi per il momento non mi fido dei comunicati stampa dell’azienda Facebook che si è affettata a smentire, e del resto la capisco bene: ieri mattina il suo titolo in borsa ha perso il 9%. E, come il governo francese, attendo spiegazioni più convincenti che non sembrano essere arrivate. La notizia però non è vera per tutti gli utenti. Da una rapida indagine, sono circa 3 su 5 i Diari “infestati” da questo bug, da questo errore tecnico, e sono esclusi per esempio quegli utenti ai quali non è possibile lasciare messaggi in bacheca, vedi appunto il nostro direttore. Sul box incriminato, poi, non appaiono tutti i messaggi privati ricevuti in quell’anno, ma solo una parte, generalmente quelli più brevi. Se avete scritto una lettera d’amore alla vostra amante, quindi, potete star tranquilli. Anche se i francesi dicono il contrario, non dovrebbero invece apparire i messaggi di chat. Ma che differenza c’è, vi chiederete? Eccome se c’è differenza. Se vi ricordate bene, almeno fino a tre anni (almeno fino al 26 dicembre 2009) Facebook distingueva nettamente fra messaggio privato e chat, e non facevano parte di una stessa comunicazione seriale come ora. Se volevi scrivere a qualcuno che era off-line, ti veniva chiesto: “Vuoi inviarlo comunque?”.
Ok, benissimo. Molti di voi penseranno che ci sono milioni di cose più importanti di cui preoccuparsi. Sarà. Anche ammettendo che io abbia preso un granchio e che la notizia sia una fandonia, mi ha colpito il fatto che in questi due giorni sono stato subissato da richieste di chiarimenti da parte di persone integerrime e colte che volevano saperne di più. Persone che, potrei scommetterci, non hanno nulla da nascondere. Persone che, anche se in cassaforte non tengono nulla, hanno giustamente timore che qualcuno possa scardinare la serratura e rovistargli la casa. Il passato è come la nostra cassaforte più intima. Rimaniamo turbati se qualcuno prova solo a toccarlo senza chiedere il permesso. In un mondo dove la dimensione privata di una persona è ormai disintegrata dall’iPhone e dal “mi trovo qui”, si rischia davvero la crisi d’identità. E poi c’è chi se li cerca i ladri, è vero, e mi riferisco a quelli che aggiornano sui social ogni azione della loro insulsa vita quotidiana. Ma questa è un’altra storia.