La cosa che mi è rimasta più impressa del mio viaggio di nozze è il nono piano di una immensa nave da crociera. Un nono piano dedicato esclusivamente all’attività culinaria. Prendevo l’ascensore premevo il tasto 9 et voilà il paradiso terrestre. Sterminati banconi self-service stracolmi di ogni varietà di cibo. Peperoni ripieni, salsicce alla brace, mozzarelle di bufala, pesce spada, pasta al forno, torte, gelati. E io a pieni nudi con un abominevole costume da bagno saltavo qua e là assaggiando come un ape sulle margherite. Non avrei mai immaginato che qualche anno più tardi pensando al Mix Festival mi sarebbe venuta in mente quella visione idilliaca e celestiale. E già perché la chiave del suo incredibile e indiscutibile successo sta proprio lì, nel mix, nella vasta varietà di “piatti” offerti.
Probabilmente questa storia del mix è nata come una necessità, un ripiego per fronteggiare un’ansiogena carenza di tempo. Nel giro di pochi mesi sarebbe stato infatti impossibile riuscire a costruire un festival “normodotato” avente un tema, un filo conduttore. Da qui l’idea del festival-cocktail che ha coraggiosamente ridisegnato i canoni e i modelli del festival culturale. Dico “coraggiosamente” perché immagino non sia stato facile lavorare a questa manifestazione con la spada di Damocle del confronto con il Tuscan Sun. E invece alla fine si è chiusa una porta e si è aperto un portone.
Tra le tante cose ho apprezzato molto l’incontro dibattito di Luca Toschi sulle smart city, “una esplorazione del modo in cui la tecnologia agisce su memoria, conoscenza e comunicazione”. Mi è piaciuto perché la tecnologia è scienza applicata e la scienza è cultura. Troppo spesso infatti si commette l’errore di pensare alla cultura come espressione delle sole arti umanistiche, residuo ancestrale di una mentalità medievale che relegava la matematica, la fisica, l’astronomia a discipline di second’ordine. Ho sempre inteso la cultura come conoscenza che emoziona e arricchisce. Conoscere a memoria i nomi e le opere dei pittori espressionisti, per esempio, non è affatto cultura, è nozionismo, squallido nozionismo. Provare angoscia davanti all’Urlo di Munch, quella è cultura. Piangere davanti alla scena finale di Blade Runner, quella è cultura. Indignarsi leggendo “Se questo è un uomo”, quella è cultura. Non è l’informazione in sé che arricchisce ma il suo attraversarti. E se è vero che mi emoziono davanti all’ultimo teorema di Fermat o al principio di indeterminazione di Heisemberg o alla fotografia di una galassia lontana, beh allora quella è cultura. La scienza apre la mente, allarga gli orizzonti e dà spessore alla cultura umanistica. Pensate che la Gioconda sarebbe stata così meravigliosa se non l’avesse dipinta uno che costruiva macchine per volare?
Per questo mi auguro che nelle prossime edizioni di questo festival culturale venga dato ancora più spazio alla scienza, invitando magari qualche bravo divulgatore scientifico. Margherita Hack, per esempio. Che bella cosa sarebbe se venisse al Cortona Mix Festival 2013. Non credete?