Nell’ultimo mese la politica aretina ha toccato il fondo. Giochi e giochetti, e la gente che non ci capisce più nulla.
Problema centrale è la spartizione delle cariche nelle società a partecipazione pubblica e in particolare dei ruoli di Presidente, sui quali si pronunciano i CDA che sono emanazione dei Sindaci soci, che a loro volta sono iscritti a dei Partiti. Ruoli e nomine cruciali come mai prima, visto che si gestiscono servizi pubblici fondamentali e ogni scelta di sviluppo futuro, terreno ormai precluso ai Comuni, dipende dai vertici di queste società.
La decisione quindi è in capo ai Sindaci e ai partiti da cui provengono in un complicatissimo gioco di equilibri di fazioni, gruppi di interesse, simpatie e antipatie, logiche territoriali ecc ecc
In questa battaglia sotterranea in cui la stampa è più che altro uno strumento le belle parole si sprecano, ma l’impressione è che tutto sia usato solo quando e se fa comodo.
Peraltro, una volta che si iniziano a intuire i giochi è facile ed elementare rendersi conto del perchè di tante polemiche e contropolemiche di questi mesi, in cui poveretta non c’ha guadagnato tanto Castiglion Fiorentino, il cui ex-Sindaco era stato nominato Presidente di Estra, ossia al vertice della più importante di tutte queste società che gestiscono i servizi. Ma questa ormai è un’altra storia di cui (sarà un caso???) già non parla più nessuno.
I giochi delle nomine, dimessosi Brandi, non sono però ancora finiti ed è prevedibile che finchè tutti i tasselli non saranno al loro posto e tutti, più o meno, troveranno soddisfazione, si continuerà a leggere comunicati stampa e giornalate di vario genere in questa o quella direzione.
Peccati però che a chi non viene dalla Montagna del Sapone alcune di queste mosse e prese di posizione facciano quasi sorridere.
La più bella di tutte è la recente posizione comune espressa da SEL, IDV e i Comunisti (pardon, la “Federazione della Sinistra”) sul discorso-nomine.
Si noti che si tratta di forze minoritarie, che vanno dal 3% al 4%, ma che comunque non vogliono permettere al PD, loro alleato, e alle sue tante componenti di realizzare un “pigliatutto”.
Quindi restano nelle maggioranze, ma vanno avanti a distinguo convinti probabilmente di potersi ritagliare un loro spazio di verginità.
Ok, in politica va bene tutto. Però si cerchi quantomeno di restare vicini ai propri riferimenti culturali tradizionali. Leggere infatti i comunisti che evidenziano come requisito fondamentale per le nomine la “comprovata capacità manageriale“, concetto proprio di ben altre culture e ideologie e da loro profondamente respinto fino all’ultimo caso-Marchionne, lascia davvero basiti.
Ma evidentemente in tempi di magra e lotta per la sopravvivenza politica tutto va bene, se fa comodo. Anche per i comunisti
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