Leggo ora ora la recensione al “film” più atteso dell’anno scritta da Marco Giusti per DagoSpia e faccio outing. Sì, ho visto quelle benedette scene del film hard con Sara Tommasi e fra le parole che usa Giusti quella più azzeccata mi sembra proprio “squallore”. Nessun moralismo fuori tempo massimo: lo squallore predomina non per il fatto che sia un film porno, ma per come è stato realizzato, per lo spirito che ci sta alla base e per il risultato pratico, quello che (molto generosamente) potremmo definire “artistico”
Come una qualsiasi Lilli Carati o Paola Senatore, star del cinema sexy precipitate per motivi alimentari nell’hard anni 80, la Tommasi gioca la sua ultima carta. La gioca per certi versi bene, visto che di questo “film” che ha fatto seguito alle varie smutandate se ne parla da mesi.
Ma la sensazione è che questa sarà la sua prima e ultima apparizione nel genere: basta qualche fotogramma per capire che l’utilizzatore finale non tarderà a cestinarlo, e l’esperto del settore al massimo potrà archiviarlo fra i molti episodi bizzarri visti in 40 anni di hardcore, abbandonandolo alla polvere di qualche scaffale.
Il problema di fondo, da spiegare alla Tommasi, è questo: l’hard, anche se qui lo si usa per fare scandalo e ottenerne una (strana) popolarità, non è certo cinema, ma non è nemmeno un terreno per escamotage. E’ comunque un mestiere, un lavoro che va saputo fare. Se proprio vuoi farlo, devi cercare di farlo per bene (Rocco docet), e se c’è la passione tanto meglio. Non è questo il caso, fra ridicole parrucche, montaggi da filmino della prima comunione, fotografia sballata, tette naturali ma un po’ loffie e malcelate ricrescite di pelurie intime.
Ecco quindi che, più che altro, il film indigna. Perchè viene da ripensare a chi la passione ce la metteva e, seppur finito per un destino infausto a filmare culi, tette e membri in azione, continuava a cercare di tirar fuori da quelle oscenità qualcosa di “artistico” o quantomeno bello a vedersi, tentando di dare comunque sfogo a un talento condannato a restare inespresso. Sara Tommasi, col suo hard fatto con lo spirito di una qualsiasi star che cerca di ritrovare terreno andando sull’Isola dei famosi, o della giovane di paese che per sfondare prova la carta di Maria de Filippi, ha cancellato in mezz’ora tutto questo.
Forse Joe D’Amato (alias Aristide Massaccesi, uno di quelli che lo facevano col cuore e col mestiere, autore di quello che è considerato il primo hardcore italiano, datato 1980) si sarà rivoltato sulla tomba.
Nel caso fosse così… Aristide, perdonala, perchè non sa quello che ha fatto.
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