“E’ vietata la prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, in qualsiasi modo essa venga esercitata”. Recita così l’articolo 19 del nuovo regolamento di polizia urbana approvato ieri dal Consiglio Comunale di Arezzo; un regolamento che tratta molti altri temi, approvato senza i voti di Sel, Idv e Sinistra ma con l’appoggio di Luigi Lucherini e dell’Udc Scatizzi e l’astensione del resto del centrodestra. Ma aldilà della dimensione politica mi stupisce il fatto che Fanfani sia finalmente giunto a un risultato concreto del suo percorso anti-prostituzione con un provvedimento a mio modo di vedere giusto.
La prostituzione, ad Arezzo, è sostanzialmente di due tipi. Quella in appartamento e quella in strada. La prima costa un po’ di più, l’altra è più per tutte le tasche. Si tratta quasi sempre di ragazze auto-organizzate, ma in entrambe è lecito pensare che esista comunque una qualche forma di organizzazione-protezione e sfruttamento.
Su quella in appartamento c’è poco da fare, se non cercare di scoprire “cavilli” come ad esempio la mancanza di permessi di soggiorno o di contratti d’affitto in regola così da poter ogni tanto mettere a segno qualche blitz e tentare una “ripulita”.
Su quella in strada, se c’è la possibilità di uno strumento legale che quantomeno può funzionare come forte deterrente, è bene tentare di metterlo in pratica.
Il problema, però, sarà intaccato solo in parte. Forse non vedremo più prostitute a lato strada a ogni ora del giorno, come accaduto finora, ma di certo non sparirà la prostituzione.
Inutile far finta di non vedere e voler credere che essa non sia un “servizio” di facile accesso. Con una banalissima ricerca su Google si apriranno almeno una quindicina di siti con annunci, foto e minuziose descrizioni delle ragazze. Siti che peraltro svolgono un’attività totalmente lecita, come stabilito da recenti sentenze.
Almeno 130, secondo un’interessante indagine letta su Informarezzo, sarebbero le ragazze “censite” via web come squillo (o transessuali) che opererebbero in appartamento nel capoluogo, in varie zone del centro e delle aree più periferiche. Il ricambio è continuo e nella maggior parte dei casi nessuna ragazza resta per più di 15 giorni, poi si sposta altrove per rientrare in città dopo qualche tempo.
Il business è stato stimato in circa 20milioni di euro all’anno, per un giro di affitti da almeno 60mila euro al mese.
L’unica speranza che resta, per un calo del fenomeno, è la crisi. Pare già che i prezzi delle prestazioni si siano pressochè dimezzati nel giro degli ultimi 4-5 anni. Adesso il costo medio sarebbe intorno a 80 euro. Di tutti questi guadagni (che si ipotizzano intorno ai 4-500 euro al giorno per una “squillo” che abbia un giro di affari medio, con 6 o 7 clienti) ovviamente non una lira arriva al nostro fisco.
Ma in tante se ne stanno andando perchè pare si guadagni troppo poco. Arezzo, evidentemente, non è più una città da battere. E allora consoliamoci: quello che non potrà la legge quantomeno potrà la crisi
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