Da amante della serie 007 l’unico pensiero che m’è venuto in mente assistendo allo scempio di ieri subito dopo l’uccisione del tiranno libico Gheddafi, è quella pistola d’oro appartenuta al leader, brandita in segno di spregio dai ribelli. Per il resto c’è poco altro da dire: la storia ha fatto il suo corso e “l’uomo dalla pistola d’oro” ha chiuso la sua parabola di potere che durava dal 1969. L’ennesima tappa di un processo nel quale un’epoca si chiude, sperando di aprirne una migliore.
Anche di Ceasescu, il dittatore romeno ucciso nell’89, dicevano avesse decorato in oro la sua villa. Addirittura, dicono, c’erano anche i rubinetti d’oro. Figure di questo tipo fanno parte di un’era umana che mi auguro si avvii a conclusione. D’altronde anche noi abbiamo avuto i nostri Gheddafi e i nostri “uomini soli al comando”. La società mediatica di oggi non fa sconti, e certo nel 1945 la foto del corpo del Duce appeso in Piazzale Loreto non potevano fare il giro del mondo così come l’immagine senza vita del berbero più famoso del mondo. Questa, forse, è l’unica novità di rilievo.
Speriamo che chi adesso prende il potere ne faccia buon uso. Certo il clima mondiale non è troppo favorevole.
Guardando all’Italia fa un po’ ridere chi adesso festeggia e inneggia alla liberazione, mentre tante volte prima in casi analoghi ha invocato ben altri valori. Il trapasso alla democrazia, che è l’unico valore reale di progresso, non è quasi mai stato senza sangue. Così è accaduto anche in Italia, purtroppo.
E fa ridere pure chi, adesso, fa finta di non conoscere Gheddafi, dimenticandosi 42 anni (o forse 100???) di politica estera italiana. Fino alla pantomima vista a Roma appena un paio di anni fa, fra tende e Gheddafi-girls.
In questo mare dove nessuno è del tutto innocente l’augurio può essere uno solo: in bocca al lupo, Libia!
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