Quell’enorme nave reclinata su un fianco è un’immagine troppo evocativa. Non si può evitare, di fronte all’ennesima madornale figuraccia del nostro paese di fronte al mondo intero, di ergerla a simbolo della nostra Italia e del momento che stiamo vivendo. Un momento fatto da tanti piccoli quotidiani eroi (quei tanti Luigi delle Bicocche che cantava Caparezza) impegnati a salvarsi sperando anche, per innata e incancellabile onestà d’animo, di salvare tutti gli altri e pochi grandissimi, enormi, incommensurabili imbecilli che coi loro atteggiamenti fanno colare a picco tutto e vanificano ogni sforzo in senso opposto.
Se davvero è andata come ce la stanno raccontando i Tg gli elementi per questo parallelo ci sono tutti. Si tratterebbe di un incidente avvenuto per imperizia unita a eccesso di sboronaggine, con la rotta modificata in barba a quanto concesso solo per fare la clacsonata non si è capito a chi e forse per far vedere che ci s’ha la barca bella grossa e se volete vi ci si fa fare un giro (basta che pagate).
Un Love Boat venuto male, l’estrema ratio della civiltà dell’apparire, l’enorme giocattolone del vano divertimento che di colpo si rompe, l’apoteosi del lusso (una nave di 300 metri…) che crolla su sè stessa rivelando le sue fondamenta d’argilla, come il finto-ricco che ostenta un SUV grazie al leasing
Devastante anche la prova dei giornalisti, surclassati dalla concorrenza straniera, sia sui tempi che sui contenuti.
E così l’Italia imbarca acqua e si reclina sempre più sul fianco. Cerca di consolarsi con l’opera dei salvatori e di quei piccoli eroi che, dentro a quella nave, in mezzo al caos, alla disperazione e (pare) la disorganizzazione, hanno salvato centinaia di vite umane per semplice senso di responsabilità e altruismo.
Ed ecco che ci attacchiamo alla fune che ci lancia questa brava gente e cerchiamo di resistere, sperando nell’arrivo di quell’argano a motore che voleva Daniele Silvestri per tirarsi su.
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