{rokbox title=| :: |}images/primarepubblica.jpg{/rokbox}I ‘bei tempi’ della Prima Repubblica stanno tornando? La prevista ‘fine’ del Governo Berlusconi, che secondo molti sarà anche fine del ‘berlusconismo’ riporterà l’Italia e la sua politica a tonalità, stili e linguaggi del passato? Posso dire, dal mio umilissimo punto di vista, che il rischio c’è. Il dettaglio più evidente riscontrato in questi giorni di dibattiti parlamentari, in tv e sui giornali, che mi riporta idealmente ad un clima ‘ancien règime’ è il fatto che si dia il verificarsi di qualcosa per certo, ma si attenda che ciò si verifichi.
Non può accadere subito, ma accadrà di sicuro. Il Governo è sicuro che cade, ma non domani. Prima o poi. Perchè ‘i tempi devono maturare’.
In questo si mette in atto un ritorno alle vecchie prassi, quelle che allontavano il succedersi degli eventi politici dal succedersi degli eventi proprio della realtà sociale di tutti i giorni. Nella vita normale se una cosa deve succedere la si fa accadere subito. Non si perde tempo, non si aspetta una qualche data futura. Se c’è una cosa da fare la si fa. Stop.
La politica, invece, aveva tempi e metodi diversi da quelli della gente comune, di chi lavorava, di chi faceva impresa, di chi manteneva una famiglia. Quella politica viveva di tempi lunghi, di attese, di metamorfosi lente, di scelte prese un passettino alla volta, di discorsi lunghi e complessi, diciamo pure contorti, di cui si dovevano cogliere le minuscole sfumature. Era una politica ‘per professionisti’, nella quale ci volevano anni per imparare le ritualità. Una politica in cui fare governi a termine aggiungendo due partitini o tre alla DC aspettando poi, entro sei mesi o un anno, un sostegno esterno del PSI o un voto di astensione del PCI era considerata una cosa normalissima.
Berlusconi in questi 16 anni ha avuto la capacità (buona o cattiva? ognuno è libero di considerarla come vuole…) di avvicinare il ‘fare politica’ alla vita reale. Un altro stile, un altro linguaggio. Spicciolo, sbrigativo, dittatoriale? Forse. Ma nelle imprese è così. Chi comanda comanda.
Adesso, invece, a sentire i tatticismi dei finiani, le spigolature di Bocchino, gli slalom di Casini, le ‘piattaforme’ di Bersani che ormai la fanno da padrone in questa situazione che fa molto ‘Deserto dei tartari’ si celebra il trionfo del politichese, della politica fatta da chi la sa fare. Un fantastico ‘ritorno al passato’, che sigla la fine di ogni illusione bipartitica e perfino, forse, bipolare.
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