Per la seconda volta, la prima fu due anni fa con Steve Hackett, il Mix Festival (vedi qui la Guida completa) ospita in Piazza Signorelli a Cortona Ian Anderson uno dei baroni e padri della musica “progressive”. A qualcuno questo nome dice poco, a molti invece evoca i Jethro Tull uno dei gruppi più importanti e prolifici della storia degli ultimi cinquant’anni che ha al suo attivo 50 milioni di dischi venduti e 3500 concerti in poco più di 40 anni. Flautista straordinario, front man carismatico e autore della quasi totalità delle musiche, Ian Anderson ne è stato l’indiscusso leader dal 1968 al 2014 anno in cui, lui stesso, ne ha decretato la fine decidendo tuttavia di continuare a portarne la musica in giro per il mondo.
Nonostante i Jethro Tull abbiano avuto al loro interno una vera e propria girandola di musicisti, ne va sottolineata la continuità nella produzione artistica.
La peculiarità di questo gruppo è infatti quella di non avere mai interrotto la propria attività, di non aver mai tradito il proprio stile e di aver continuato a dare emozioni sia dal vivo (spesso in Italia) e, cosa più importante, incidendo musica, tanta musica. Tornando al poliedrico leader, vorrei sottolineare, cosa non da poco, che Ian Anderson ha il pregio di distinguersi da altri grandi musicisti della sua generazione i quali, con immotivato sdegno, si rifiutano di ripercorrere le strade sognanti, immaginifiche e affascinanti del progressive per cercare nuove sonorità e stili che spesso approdano a risultati discutibili, lui no, le musiche che ha composto da This Was (1968) a Homo Erraticus (2014) sono semplicemente quelle che i suoi fans hanno sempre voluto sentire. In tutti questi anni gli album che Anderson ha confezionato sono ben suonati, ricercati, mai banali e soprattutto in linea con lo stile originario: un mix che dosa sapientemente jazz-rock-blues ed anche folk, espressione musicale quest’ultima, che rivela, in molte canzoni, le origini scozzesi dell’autore.
La prova evidente di quanto sto dicendo sono gli ultimi due lavori: Thick as a brick 2 (2012) e Homo Erraticus (2014) che con coerenza stilistica sia dal punto di vista musicale che poetico-letterario, continuano a raccontare la storia di Gerald Bostock, l’enfant prodige scaturito dalla fervida fantasia di Ian Andeerson e che nel 1972 fu protagonista del primo album progressive dei Jethro Tull, quello che aveva per copertina un quotidiano ripiegato e sfogliabile intitolato appunto Thick as a Brick.
Come accennavo, ciò che ha contraddistinto la storia di questo gruppo e della decennale carriera del Nostro è l’uso del flauto traverso. Si narra che il giovanissimo Ian volesse imparare a suonare la chitarra, cosa che oggi peraltro fa benissimo, ma in quell’occasione, dopo aver sentito suonare Eric Clapton decise di rinunciare – si può capire perché! – scambiò allora la sua chitarra con un flauto usato scoprendo ben presto che questo strumento può funzionare benissimo anche in chiave blues e rock. Mentre in altri gruppi dell’epoca come Focus, Genesis, Procol Harum, Moody Blues il flauto fa la parte del… flauto e basta, nella musica dei Jethro Tull diventa appendice, prolungamento del corpo, eco della voce di Anderson: ora è una lama, ora è un simbolo fallico, alcune volte ti seduce, altre infierisce violento e, senza timori reverenziali, duetta con la chitarra elettrica in assoli di grande pregio stilistico e melodico.
Dal vivo Ian Anderson non delude mai le aspettative concedendo molto spazio anche allo spettacolo, in passato potevi vederlo arrivare sul palco in calzamaglia vestito da menestrello medievale o infilato in un vistoso kilt camuffato da vecchio scozzese. Ricordo di averlo visto a Firenze nel luglio 1988 quando, fingendosi malato, iniziò il concerto entrando nel palco in sedia a rotelle spinto da una provocante infermiera in minigonna. Sono certo che riuscirà a sedurre e divertire anche il pubblico di Cortona. Non sappiamo naturalmente la scaletta dei brani che Ian Anderson suonerà in Piazza Signorelli il 7 agosto prossimo ma, secondo me, c’è da aspettarsi che oltre alle hits storiche dei Jethro Tull, suonerà diversi brani tratti dai suoi due ultimi album di cui ho parlato sopra e ai quali ha concesso molto spazio nei concerti degli ultimi tre anni. Sul palco Ian Anderson sarà affiancato dai musicisti che lo accompagnano ormai da diverso tempo: John O’Hara alle tastiere, David Goodier al basso, Florian Opahle alla chitarra, Scott Hammond alla batteria. Nutrendo in cuore la speranza che il “progressive” (la dimensione più colta del rock) diventi in futuro un appuntamento fisso del MixFestival cortonese, auguro buon divertimento a tutti.
Romano Scaramucci