…del resto gli eroi autentici vanno presto rapiti al cielo…
(G: Brera)
Fatico a comprendere le ragioni della mia quasi viscerale passione per il ciclismo. Soprattutto di questi tempi, con tutto ciò che di negativo ha segnato questo sport, è quasi impossibile rivivere quel sentimento di passione e ritrovare la dimensione mitica che lo caratterizza. Ho ancora presente l’immagine del poster nella vecchia casa del nonno, con Gimondi e Adorni rispettivamente in maglia gialla e in maglia rosa. E come dimenticare le sbiadite figure dei campioni che appena si intravedevano all’interno delle biglie consumate nei giochi della spiaggia. Amare il ciclismo da bambini è anche come credere a Babbo Natale. Al Criterium degli assi, quando l’altoparlante annunciava la fuga di Merckx o Gimondi chi poteva mettere in dubbio che fosse una roba vera?
La passione è antica ma il pantheon è scarso. Il primo amore Gimondi, per affiliazione. Poi, nell’epoca del dualismo Moser Saronni, la preferenza andò a Baronchelli, forse per una innata e consueta propensione a scegliere la terza via. Bugno fu una folgorazione. Un amore totale direi, non corrisposto. Ci faceva soffrire Gianni (la cosa riguardava tutta la famiglia), regalandoci ben poche soddisfazioni. Ma in bici era bellissimo. L’unico corridore che riconoscevi nel gruppo ripreso dall’elicottero, senza bisogno di essere De Zan.
E poi Marco. Detto anche Elefantino, Pantadattilo, Fossile, Pirata.
Ragazzo fragile e corridore straordinario. Timido e guascone ti dava sempre l’idea di voler essere da un’altra parte. Quasi mai abbiamo letto nei suoi occhi una totale felicità, nemmeno al culmine dei suoi più importanti successi. A noi però ha regalato un mare di emozioni. “Ho capito di aver combinato qualcosa di grosso quando ho visto piangere un tifoso che sarà stato 150 chili” disse a un giornalista. Eccolo lì il Marco. Quasi inconsapevole. Ma non poteva non sentire la passione e l’affetto straordinario dei suoi tifosi, pronti a seguirlo ovunque. ma soprattutto sulle sue adorate montagne. Era un grimpeur, come direbbero i francesi, uno dei più grandi di sempre. Charly Gaul, forse il più grande, lo ammirava e lo seguiva nelle sue imprese in quota. Imprese sempre annunciate. Era cosi Pantani. Non amava le sorprese. Forse per senso dell’onore avvisava prima. Togliendosi la bandana per esempio, oppure fermandosi dopo un primo scatto per voltarsi a guardare se qualcuno avesse capito . “Avrei deciso di andare…poi non dite che non ve l’avevo detto…”.
O forse era perché non voleva restare solo . Neppure nelle fughe.
Lo abbiamo conosciuto quel giorno che staccò per ben due volte il mitico Indurain e lo abbiamo lasciato un giorno di San Valentino, dieci anni fa. In mezzo tanta sfortuna, grandi vittorie e una brutta storia, una mattina di giugno a Madonna di Campiglio. Mi vengono in mente le immagini di un giovane Merckx in lacrime ad un giro d’Italia dopo essere stato trovato positivo al doping. Si ritirò ma poi la sua carriera fu quella che tutti sappiamo. Quella del cannibale.
A Marco non riuscì di rialzarsi. O forse nemmeno ci provò. Era troppo orgoglioso e fragile. Ci mise un po’ a risalire in bici e quando lo fece il tragitto fu breve. Si interruppe all’incontro con l’automobilista che, riconosciutolo, lo apostrofò: “drogato di m..”. Tornò a casa e fece a pezzi la bici con una sega.
In pezzi, ormai impossibili da rimettere insieme, era anche la sua vita. Vi furono altre corse ed anche altre belle vittorie, ma Pantani era rimasto là. A Madonna di Campiglio. Depressione e disperazione lo hanno accompagnato fino ad un albergo di Rimini, dove è morto lasciando come messaggio poche sconnesse frasi, scritte sulle pagine del passaporto : “…ma andate a vedere cos’è un ciclista e quanti uomini vanno in mezzo alla torrida tristezza per cercare di ritornare con quei sogni…perché si sta dando il cuore…e poi dopo, come fai a non farti male”.
Se ne è fatto di male Marco Pantani da Cesenatico. Troppo infine, qualunque fosse stata la sua colpa.
Riposa in pace grande campione. La sola certezza che tu riposi, può consolare in parte noi che restiamo…
Nel mio cuore c’è un uccello azzurro che
Vuole uscire,
ma io sono troppo furbo, lo lascio uscire
solo di notte, qualche volta……..
ed è così grazioso da far piangere un uomo,
ma io non piango. e voi?
(H.C.B.J.)
Si sa come Umbria Jazz, in ormai dieci lustri, abbia portato a Perugia e dintorni,…
Convegni, tavole rotonde, degustazioni enogastronomiche, mostre fotografiche e documentali tutto dedicato all'animale simbolo della Valdichiana:…
“E io vado a mangiare dallo zio Ernesto!!” Scommetto che se solo avesse un ospitale…
È uscita la nuova guida di Condé Nast Johansens per una vacanza in una delle…
Nel genere da me e da tanti altri amato c’ è sempre stata la contrapposizione…
TOP TEN Mussolini il capobanda. Perchè dovremmo vergognarci del fascismo di Aldo Cazzullo,…