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Generazione di fenomeni (3)

E’ vero, il team di cui vi parlo oggi non ha vinto molto, ma, a mio parere, resta nella leggenda perché ha portato in Italia la sola Coppa Davis che la nostra Nazionale, fino ad ora, sia mai riuscita a conquistare. Era il 1976 e si giocava in Cile, contro una squadra, contro una nazione che, forse, pensava a tutto tranne che a portare a casa quel trofeo. Con la dittatura instaurata da Pinochet circa tre anni prima, che portò al ” suicidio “ di Salvador Allende, un clima di torture, odio e rappresaglie si era instaurato nel paese sudamericano e molte pressioni furono fatte sui nostri giocatori, Panatta in primis, per non andare a giocare.

 

“Non si giocano voleè con il boia Pinochet”, oppure “Panatta milionario, Pinochet sanguinario”.. Panatta racconterà: ” il clima era tesissimo. Anche personaggi di spicco erano contrari alla trasferta in Cile. Nicola (Pietrangeli N.d.r.) si batté duramente per strappare il consenso dal Coni. Eravamo una squadra molto solida ed avevamo fatto benissimo fino al quel momento. Volevamo la coppa in Italia”.

Come si può capire, le premesse non erano delle migliori, ma molta pressione fu fatta sul governo Andreotti che, tuttavia, non prese alcuna posizione. Intervenne, allora, Enrico Berlinguer, che consultò il capo del partito comunista cileno, Luis Corvalàn, il quale ” consigliò ” di giocare quella finale, per evitare che una non partecipazione dell’Italia, e di conseguenza una vittoria del team cileno, in verità non fortissimo, potesse ulteriormente accrescere il potere di Pinochet.

Panatta racconta così: ” Fu Ignazio Pirastu, al tempo responsabile della Commissione Sport del PCI, a farci arrivare l’inattesa notizia: per Berlinguer dovevamo andare in Cile. E voleva che lo sapessimo. Per il segretario del PCI non sarebbe stato giusto che la Coppa finisse nelle mani del Cile del regime-Pinochet  piuttosto che nelle nostre. Da lì in poi la strada verso la partenza si fece in discesa. Fu come un liberatutti. Il Governo Andreotti disse che lasciava libero il Coni di decidere, quest’ultimo lasciò libera la Federazione e di fatto ci ritrovammo a Santiago, liberi di vincere. Grazie a Berlinguer”.

Parlando dell’aspetto sportivo, l’Italia era arrivata in finale, battendo senza problemi prima la Polonia e poi l’allora Jugoslavia, successivamente la Svezia senza Borg, mentre più impegnative furono le sfide con Gran Bretagna, sull’erba di Wimbledon, anche se la Nazionale inglese non ha mai raggiunto altissimi livelli, e con l’Australia, al mitologico Foro Italico di Roma, di Newcombe, Alexander, e la coppia Newcombe – Roche, contro la quale era considerata la vera finale. La vincitrice avrebbe affrontato il Cile, contro cui l’allora Unione Sovietica si rifiutò di giocare, per chiari motivi politici. Al Foro Italico fu battaglia e, in un interminabile match sospeso per oscurità e ripreso il giorno dopo, Panatta ebbe la meglio su Newcombe.

17 dicembre 1976: sul piano sportivo ci fu poca storia, nonostante il tipico tifo ” caliente ” sudamericano, con Barazzutti che battè il più forte dei cileni, Fillol, mentre Panatta si sbarazzò alquanto agevolmente del molto meno ostico Cornejo. Il punto della vittoria fu ottenuto già il giorno successivo nel doppio, con la storica coppia Panatta/Bertolucci che sconfisse in 4 set Fillol/Cornejo. Prima di questo incontro, c’è da raccontare un curioso aneddoto. Siccome Panatta è sempre stato abbastanza ” sopra le righe “, ecco cosa propose di fare prima del doppio decisivo ad un non proprio convinto Bertolucci: Panatta invitò Paolo Bertolucci ad indossare magliette rosse, un piccolo segno contro il regime. Ad un restìo ed in parte spaventato Bertolucci, Adriano dirà: “E fammi fare questa provocazione”. A distanza di quasi 40 anni i nostri ancora sono vivi, indi per cui traete voi le vostre conclusioni.

Anche contro il governo, riuscimmo a portare a casa quella che, a suo modo, fu una vittoria oltremodo storica.

Stefano Steve Bertini

 

Stefano Bertini

Laureato in Scienze Politiche, ha oltre 10 anni di esperienza come giornalista. Nel tempo, oltre a dirigere questo sito, ha collaborato con molte testate sia locali che sportive spaziando fra on-line, carta stampata, radio, TV. "Steve", come ormai lo chiamano tutti, é uomo di grandi passioni e a quella per lo sport e le sue mille storie da raccontare unisce l'amore incondizionato per il cinema poliziottesco. E' per questo che in quanto a versatilità, stoicità e capacità di adattamento ci piace definirlo come una sorta di Sandro Ciotti, mixato con Mario Poltronieri e Enzo G. Castellari. In salsa chianina, ovviamente.

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Stefano Bertini

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