Ferrù d'Effe

Un ricordo di Spartaco Mennini

Spartaco, più d’una volta, raccontava l’interrogativo che aveva posto al figlio: “Bernardo, che pensi: è più importante la Massoneria o il Partito Socialista?” (votava Forza Italia e Partito Socialista, in base a simpatie per questo o quel candidato; a lungo, era stato militante socialista). Senza attendere la risposta, soggiungeva: “Gli ho detto: nessuno dei due è importante!”…nessuna ideologia varrebbe in assoluto.

Da persone di buon senso, al tramonto della vita, non di rado si ascoltano giudizi disincantati, persino dissacranti, frutti amari dell’esperienza: frequentando il potere – qualsiasi – è facile imbattersi “nel sangue e merda”, evocati da Rino Formica a proposito degli ambienti politici. Se pure, tali conclusioni fatte da Spartaco avrebbero potuto sorprendere. Impegnato, un’intera vita, nella massoneria, in incarichi primari: Grande Archivista e Gran Segretario del Grande Oriente d’Italia, giunto al livello massimo del 33. Trasmigrato, infine, nel rito massonico Scozzese, per dissensi. Socialista, aveva tessuto relazioni con dirigenti di partito nazionali ed esteri, tra cui François Mitterrand. Colui che, negli anni ’60, sottoscrisse il gemellaggio Cortona – Chateau-Chinon. Senza escludere, tra Spartaco e François, intese massoniche.

Su quel giudizio lapidario, non riuscii mai a strappargli alcun commento. Ogni volta, mi rimandava a ipotetiche riflessioni che intendeva scrivere, ma, presumo, non fece.

Per un trentennio, fummo ottimi vicini di casa. Fatto non secondario. Nello scegliere dove abitare, è affatto meglio stare dove, al bisogno, tra vicini ci si aiuta, senza impicciarsi negli affari altrui. Per di più, avevamo nei paraggi l’amico comune Vittorio Scarabicchi, che ci fece fare le reciproche presentazioni. Al festeggiamento delle nuove conoscenze, in un pomeriggio successivo a casa mia, libando whisky in abbondanza, facemmo dimenticare a Spartaco, fino a sera inoltrata, il motivo per cui era sceso da casa: recuperare la sua signora Loretta, in inutile attesa a Foiano.

Al primo incontro, scambiate poche battute politiche, Spartaco mi liquidò: “sei un gesuita!”, facendomi ridere. Infatti, associavo i gesuiti ai retori che, usando porre interrogativi al proprio zuccotto come interlocutore, han sempre ragione. Poi però ho capito che, per un massone, dar del “gesuita” a qualcuno non è un complimento! Ma le amicizie notevoli son così: franche, spontanee, senza remore; uno strofinarsi allegro, come carte vetrate, che non allontana, anzi, è spassoso. Infatti, con Spartaco abbiamo continuato a sfotterci, sempre. Anche viaggiando insieme a Parigi e Nevers, per estendere, con successo, il gemellaggio Cortona-Chateau-Chinon tra il Dipartimento della Nièvre e la Provincia di Arezzo. Dove ero assessore, e, allo scopo, avevo utilmente attivato vecchie conoscenze. Così ebbi modo di scoprire la fitta rete di relazioni di Spartaco, che si propagavano fino alla stampa locale francese. Infatti, nel giornale dei Montagnardi, egli si era preso il merito del gemellaggio tra Provincia e Dipartimento… il protagonismo, un tantino, gli piaceva. A me non disturbava. Anzi. Divertiva. Non escludo, invece, che, altri, gliel’avessero rinfacciato, anche nel nostro piccolo mondo. Ne fu esempio l’osteggiata costituzione a Cortona d’una succursale della Fondazione Mitterrand. A cui teneva, convinto che con lui avrebbe potuto funzionare.

Nel tessere relazioni, oltre a motivi culturali e ideali, gli giocava il gusto di viaggiare (innamorato in particolare della Francia, di Parigi, degli chansonniers,…), ciò che gli capitò spesso, in virtù di cariche massoniche, o di Console onorario di uno Stato africano (di cui non ricordo il nome), o di segretario della “Lega per i diritti umani”; lasciato per ultimo, tra i suoi impegni sociali. Ricordo, alla stazione a Terontola, elegante come sempre in missione ufficiale, mi confidò di recarsi a dar le dimissioni da quell’incarico, rassegnato e triste. Di lì a poco mi fu chiaro: gli gravavano seri motivi di salute che, in breve tempo, gli avrebbero chiuso il ciclo vitale.

Grazie a norme agevolanti l’esodo dei dipendenti, aveva lasciato in età giovanile l’impiego all’Archivio storico comunale. Potendo così dedicarsi agli olivi, e agli incarichi massonici; non mancandogli astuzia e talento, necessari a ricoprirli. Mescolava ruoli istituzionali a svaghi da giramondo. Viaggi che, per sua ammissione, non si sarebbe potuto permettere senza svolgere ruoli pubblici, contando solo sui proventi da pensionato. Conduceva una vita spartana, nel poderino collinare di Castelluccio, insieme a moglie e due figli; abituati, fin da piccoli, a impegnarsi negli studi e al viver sobrio. Ogni giorno, infatti, salendo sull’autobus alla statale, Valerio e Bernardo, dovevano sobbarcarsi una bella scarpinata a piedi, in salita, per circa un kilometro, al ritorno da scuola, dalla statale a casa. Vedevo un padre severo, che temprava i figli al sacrificio e ai doveri. Spartaco, frequentatore di jet-set politici e massonici di rango elevato, attraeva, nella sua modesta dimora, un incredibile via vai di gente che viaggiava in macchinone; però, al fondo, restava il popolano che non rinnegava radici paesane Foianesi, e uno spirito libertario. Non a caso, aveva chiamato il figlio Bernardo, dai “fatti di Renzino”: dove l’anarchico Bernardo Melacci fu protagonista, dalla parte dei contadini insorti, negli scontri sanguinosi con squadristi fascisti. Un vezzo curioso di Spartaco, era la simpatia per Stalin. Forse attratto dall’idea d’un repulisti radicale (nella sua generazione era in voga il motto: ha da veni’ baffone!) di parassiti, demagoghi,…di figure antisociali, insomma. Per costoro, non ci sarebbe stata altra misura contenitiva che: eliminarli!… paradosso sciorinato da toscanaccio verace. Violento, però va sottolineato, solo a chiacchiere.

Nella parabola di impegni, successi, e delusioni, nel suo mondo assisté a non piccole “frane”. Esiti di intrighi nefasti per l’Italia, dagli anni Settanta ai Novanta, tra poteri più o meno occulti: politici, finanziari, economici, mafiosi, in cui furono coinvolti apparati apicali statali, e la stessa massoneria con le trame della P2; come, non meno dolorosa, fu la dissoluzione del Partito Socialista. Facile, perciò, comprendere le amarezze, trasmesse a Bernardo, nei riguardi di ideali da lui, a lungo, professati.

A Spartaco, come a ciascuno consapevole della vacuità di tanti miraggi di cui è cosparsa la vita, è giusto concedere l’onore delle armi. Combattenti che, di fronte ai collassi del loro mondo ideale, riflettono sull’assurdo agitarsi umano. Inseguendo ideologie e miti, nel breve intermezzo tra due realtà ineludibili: prima della nascita e dopo la morte, c’è il nulla. Verità universale, che s’affaccia nuda e cruda al tramonto della vita. Vita, di cui occorre fare il miglior uso, come invita Lucrezio nel De rerum natura: cercando di costruirla retta, onorando i valori dell’amicizia, del civismo, dell’integrità, della fedeltà alla parola data e della tensione morale. Considerazioni che condividemmo anche quella mattina di primavera, e sulle quali ci salutammo, nell’ultimo incontro tra me, Spartaco, e il contadino Beppe Berni – pure lui scomparso. Mentre raccoglievo asparagi selvatici, e i due scacchiavano gli ulivi, tutti immersi nella materia cosmica, di cui siamo parte effimera ed infinitesima, in esperienze uniche e irripetibili, che, assolutamente, val la pena vivere e raccontarle.

fabilli1952@gmail.com

Ferruccio Fabilli

Idealista con molte illusioni. Apprezzo l’umiltà e la buona volontà. Mi dedico a scrivere facendo il ripasso su persone conosciute e fatti vissuti. Noto che la gente non si batte più per i propri diritti. Ha perduto il gusto della lotta, ha delegato ad altri il proprio futuro. Per chi volesse conoscermi meglio ho un blog: www.ferrucciofabilli.it. E per chi volesse interrogarmi direttamente l'e-mail è fabilli1952@gmail.com

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Ferruccio Fabilli
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