Ad Hammamet per l’ultimo sole estivo, ho accompagnato un amico, dal passato socialista, a visitare la tomba di Craxi, ch’ebbi modo di visitare fresca di sepoltura nel 2000, curata da un custode gentile e loquace. Nella spianata dedicata ai defunti tra le mura della Medina e il Mediterraneo. Posto affascinante, dove i morti musulmani, in stragrande maggioranza, occupano lo spazio prospiciente la spiaggia, anzi sono proprio sulla spiaggia, mentre, separati da una stradellina, riposano sotto le mura i non musulmani, dov’è Craxi. La dislocazione dei sepolcri nei comparti ben descrive i due mondi. Le tombe musulmane: ordinate, la testa dei morti orientate alla Mecca, fittamente addossate tra loro e dagli stessi semplici arredi tombali che emergono da terra al massimo trenta centimetri, per l’idea sparagnina che il suolo e ogni altra ricchezza siano riservate ai viventi. Le tombe non musulmane: disposte per lungo o per taglio, rispetto alle sovrastanti mura della Medina, coperte da pietre di varie dimensioni e diversi materiali lapidei, diciture semplici o frasi, come quella di Craxi: “La mia libertà equivale alla mia vita”, è un miscuglio fantasioso e disordinato. Dove, prevalendo la patina di vecchie sepolture, da il senso di ospitare persone avventurose in fuga dall’occidente, lasciando il mistero sulle loro, più o meno, sopite ansie esistenziali. Fino a manifestare l’orgoglio dell’esule (qui mi son trovato bene!) grato dell’ospitalità a un mondo diverso, ma non lontano, né fisicamente né culturalmente, qual è la Tunisia presente e del passato recente.
La Tunisia per quanto non colonia bensì protettorato francese, subì lo stesso tallone d’acciaio coloniale ch’ebbe l’Algeria, dove gli oppositori, quanti lottavano per l’indipendenza, vennero imprigionati o confinati. Tra costoro emerse un avvocato laureato alla Sorbona, Habib Bourghiba, e il suo partito Neo-Dustur (Nuova Costituzione), di cultura laica e socialisteggiante che si tradusse nel Codice dello Statuto Personale (1956), una delle Carte dei diritti personali tra le più avanzate non solo tra gli arabi, ma anche in occidente. Prevedeva il divieto della poligamia, la sostituzione del divorzio al ripudio, e legalizzava l’aborto. Si cambiava pure l’educazione, istituendo la scuola pubblica e gratuita, in luogo delle scuole coraniche e private, e si unificava sotto lo Stato la gestione della giustizia, sottraendola alla giustizia religiosa. Per rispetto alla tradizione, il Presidente della repubblica deve essere musulmano. Tutto ciò non significò subito l’acquisizione immediata di pari diritti delle donne rispetto agli uomini, rimanendo obiettivo principale delle donne quello di trovarsi un marito, tuttavia la conquista della emancipazione femminile aveva un potente supporto giuridico. All’epoca, in Francia l’aborto era illegale.
Ma torniamo alla nostra visita al cimitero e all’incontro col custode delle spoglie di Craxi, che dorme in una tomba a baldacchino dismessa, per meglio vigilare sui periodici assalti di ragazzacci che vanno a rubare le bandiere italiana e tunisina poste a capo della sepoltura, per usarle in occasione di competizioni sportive!
Senza esitazione, interrogato sulla situazione politica locale, s’è infervorato, dichiarando il totale dissenso verso la propria classe dirigente: “Non vado più a votare!… I partiti sono congreghe di mafiosi e lestofanti!… e quelli con la barba [del partito Ennahda] non mi piacciono!… Tanto sono tutti uguali!”
In effetti hanno votato solo il 45% degli aventi diritto al primo turno delle presidenziali, il secondo turno ci sarà entro novembre, dopo le elezioni parlamentari del 6 ottobre. Già a metà anni Ottanta la Tunisia fu sull’orlo della guerra civile, a causa del clientelismo, corruzione, paralisi dello Stato e presenza dell’islamismo radicale. Temi ricorrenti e irrisolti, aggravati da un’alta disoccupazione giovanile, che, in qualche modo, giustifica i frequenti tentativi di sbarchi clandestini sulle coste italiane di tunisini. Non sottovalutiamo il fascino attrattivo dell’Italia non solo nella speranza di trovare occupazione, ma, più generale, attrae l’Italia per la sua vita e per le città storiche che assurgono a miraggio nella fantasia giovanile, che, trovandosi a pochi passi, non vede l’ora di fare almeno una capatina nell’Eldorado.
Il custode della famosa tomba non smette di argomentare il disgusto per la “politica associazione a delinquere” del suo paese, ricordandoci che uno dei due candidati al prossimo ballottaggio, Habil Karoui (una specie di Berlusca nord africano, che, in società con Mediaset, gestisce reti televisive), è addirittura in prigione! Populista tanto insidioso e pervasivo, per atti di generosità economica presso popolazioni meno abbienti, contro cui il Parlamento, quest’anno, ha deliberato la galera per corruzione elettorale. Ma la legge non è intervenuta in tempo per essere applicata ad Habil Karoui, il quale, però, aveva già provveduto a inguaiarsi con altri delitti finendo al fresco. Cosa succederà qualora dovesse essere eletto? è questione che non abbiamo posta al buon custode cimiteriale, già troppo incazzato.
Da analisti politici non professionisti, possiamo solo considerare lo sfaldamento del quadro politico tunisino dal fatto che ben 26 si erano candidati alla presidenza della repubblica; che il capo dell’Ennahda non è passato al ballottaggio, pur dichiarandosi capo di un “partito democratico musulmano” non “islamico”; che i problemi critici della nostra economia sono gli stessi (disoccupazione giovanile, crescente divario tra ricchi e meno ricchi dilatata in modo esponenziale, stato sociale che scricchiola molto sulla sanità e l’istruzione), anche se non comparabili; e che la politica, in ambedue le sponde del Mediterraneo, attraversa una fase critica profonda foriera di nuovi scenari. Quel che osserviamo con piacere è la gentilezza delle persone e la vitalità culturale tunisina, che sta a cavaliere tra due mondi, l’islamico e l’occidentale, ancora in apparente buona convivenza.
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