Ferrù d'Effe

In Asuncion, Paraguay, da Riccardo Torresi nei giorni dell’ultimo colpo di stato

In Asunción, Paraguay, da Riccardo Torresi nei giorni di un colpo di stato

[In procinto di tornare da Riccardo ad Asunción, curioso di vedere le novità della sua vita (è diventato babbo) e della città che l’ospita, ho rispolverato – trascritte integralmente di seguito -, pagine del diario del 2012, comprese le divagazioni e un golpe in diretta! Segno drammatico del dominio straniero nord americano sugli stati sudamericani,ancora attuale, per la vecchia dottrina Monroe. Golpe che si concretizzò, inatteso e repentino, quasi al mio arrivo: nel giro di ore, fu deposto il secondo presidente di sinistra della repubblica nella storia repubblicana, l’ex vescovo Fernando Armindo Lugo Méndez. Preceduto, in Paraguay, negli anni Trenta, da un’altra breve esperienza presidenziale sinistrorsa. Ha comandato sempre la destra, capeggiata, per un lungo periodo, da Stroessener].

15.6.2012

Stagista presso l’Ambasciata italiana, Riccardo Torresi giunto ad Asunción, capitale del Paraguay, la prima reazione ch’ebbe fu di tornare a casa! Non tanto per la lingua, lo spagnolo, che conosceva appena, bensì gli stava crollando il mondo interiore, nello scioccante straniamento ambientale provocatogli dalla vita in quella città. Poiché tornare indietro avrebbe avuto costi insostenibili, adottando strategie giovanili, si conciliò col nuovo mondo frequentando discoteche e altri ritrovi per giovani. Anche a me non ha rapito la bellezza di Asunción, ma il mio soggiorno sarà breve: pochi giorni, a vedere com’è sistemato Riccardo. In Italia dopo la laurea, per un migliaio di euro al mese, era stato impiegato nel commercio; in Asunción invece, non ancora trentenne, insegna Diritto Internazionale all’Università e Italiano al liceo Dante Alighieri, guadagnando un paio di mila euro mensili. L’Italia, è dimostrato da tempo, non favorisce i giovani, tantomeno se non sono raccomandati. E’giugno 2012, in un comune del Trasimeno sono giunte mille domande per 1 posto d’impiegato semplice!

Insomma, spinto dall’amicizia per il compaesano, giungo in questo buco del culo del mondo (all’apparenza) senza vere emozioni. Clima sereno subtropicale, sbalzi termici notevoli tra giorno e notte, temperature minime intorno ai 10 centigradi, nell’inverno australe. La strada, dall’aeroporto Pettirossi – dove m’ha atteso Riccardo – al centro, attraversa un paesaggio rurale, rigoglioso e ondulato. Disseminato da villette senza pretese. L’albergo offre una stanza ariosa e confortevole, a fianco d’una piscinetta. Dove, incautamente, mi sono tuffato subito – il sole del giorno scalda, però l’acqua risente l’umore dell’inverno incipiente. Non ci riproverò a bagnarmi. L’albergo ha l’aria da nobiltà decaduta. Spazi ariosi, mobili massicci, architettura pomposetta, tappezzerie vissute, tutto in ordine e pulito. Di fronte, vedo un centro commerciale. A sinistra, scendendo, a circa 500 metri si giunge diritti al centro del potere nazionale: politico, poliziesco, militare e religioso. Le strade si intersecano a reticoli regolari, dando luogo a “quadre”, equivalenti a isolati. Pochi palazzi superano i quattro/cinque piani, prevale il basso profilo edilizio. Imbattiamo nell’esito d’un incidente stradale. Sul selciato non giacciono persone. Una vecchia motocicletta adagiata sul fianco mostra la pancia, percorsa da un tubo rugginoso usato negli acquedotti: è il sostituto della marmitta catalitica! Riccardo mi dedicherà momenti liberi dal suo lavoro, pomeridiani e serali. Avrò tempo di passeggiare e leggere. Completerò la lettura di due libri che hanno viaggiato con me, di Milan Kundera e Giorgio Colli.

16 giugno 2012.

“…niente è più incontrollabile del farsi sfuggire l’essere che abbiamo amato” (Milan Kundera, “Il libro del riso e dell’oblio”, p. 20). “I ricordi si sono dispersi nel vasto mondo e bisogna viaggiare per ritrovarli e farli uscire dai loro nascondigli!” (idem, p. 203). “Chiuse di nuovo gli occhi per godere del proprio corpo, perché per la prima volta nella sua vita il suo corpo provava piacere senza la presenza dell’anima, la quale non immaginava niente, non ricordava niente e uscì senza rumore dalla stanza” (idem, p. 214).

Una mia considerazione, a chiusura del libro sui contadini a cui sto lavorando (Chj lavora fa la gobba, Chj ‘n lavora fa la robba). La storia contadina italiana volse al declino non come luce che si spegne, bensì da torrente che confluisce su un corpo idrico maggiore. Etruschi e contadini hanno disperso la loro cultura e i loro sentimenti in una nuova civiltà. La quale non ha amato tutto ciò che essi hanno amato. Costoro, di generazione in generazione, dalla notte dei tempi, s’erano trasmessi: mestiere, feste, coturnali, lamentazioni, giochi e invocazioni a Dioniso e Cerere, superstizioni, imprecazioni nei quadrivi,… Vissuti con l’orologio solare e delle stagioni, nel buono e nel brutto tempo, nella carestia e nell’abbondanza, nella gioia e nell’invidia dell’altrui felicità; nelle danze spontanee, e nei fugaci abbracci sensuali “proibiti”, nascosti in ripari, tra una faccenda e l’altra. Contadini e borghesi, italiani ed europei, giunti nel Nuovo Mondo, introducendo nuove tecniche agronomiche foriere di maggiore produttività, furono portatori di minore libertà per se stessi, “schiavi” del proprio lavoro, e ricchezze per pochi. In Paraguay, come in tutta l’America Latina, colpisce il fenomeno del latifondismo sfacciato, che lascia ai nativi e ai campesinos fazzoletti di terra, insufficienti a sopravvivere. A fianco di proprietà estese anche quanto una provincia italiana.

18 giugno 2016.

Terminata la lettura, e parziale rilettura de: “Il libro del riso e dell’oblio” di Kundera. Mi sono trovato sulla stessa lunghezza d’onda nell’approccio alla sessualità: il sesso è un gioco da ragazzi. Sciupato (insieme alla vita di milioni di persone per generazioni) dalla cultura giudaico-cristiana. Bisognerebbe, una buona volta, fare i conti – dicendo pane al pane – sui danni profondi e diffusi provocati dalla “castrazione” sessuale, specialmente a opera del catechismo romano e dalle religioni imparentate. Forse saremo in fase di superamento – almeno lo spero – dall’angoscia disseminata a piene mani dal controllo religioso sulle coscienze. Iattura confermata dall’esperienza del mio amico fabbro. Operaio impegnato in cantieri in svariate parti del mondo. “Il sesso?! L’unico problema a praticarlo è stato in Italia!… Ho girato mezzo mondo per lavoro, paesi islamici compresi. Da nessuna parte ho trovato – con i miei compagni di lavoro – difficoltà a scopare!”. Ergo, quasi dappertutto, le donne si sentirebbero sessualmente libere, fuorché in Italia, perché represse dai diktat vaticani.

Kundera tratta la questione della sessualità libera e leggera, non sottacendo il fenomeno delle tante persone intrappolate nei tabù sessuali giudaico-cristiani.

La riforma del concilio di Trento diede l’avvio alla costituzione dei seminari diocesani (anche per minorenni) sparsi in tutto il mondo, e con essi si diffuse la pedofilia! Lo stesso è accaduto nelle scholae cantorum, come in altre attività, legate all’infanzia e all’adolescenza, affidate a preti e monache (a loro volta pedofilizzati in seminari e conventi fin dalla tenera età, stagione in cui il sesso è una scoperta giocosa). La Chiesa nega la possibilità di praticare il sesso come gioco, libero da obblighi procreativi. Sebbene nei conventi, seminari, oratori, ecc., è stata ed è praticata la pedofilia perfino violenta. Dagli adulti sui piccoli, con inganni e soprusi, forzando i bambini a praticare sesso, in genere, omosessuale. Creando turbe e sofferenze tali da indurre i violentati a trasformarsi, nel tempo, in violentatori, in una catena perpetua di schifo e sopraffazioni. Tra Novecento e Ventesimo secolo, è emerso, dalla rimozione, tale fenomeno spaventoso e universale! Finchè gli stessi Papi hanno ammesso tanta aberrazione. Senza però trarne le dovute conseguenze: chiudendo i seminari minorili e, soprattutto, denunciando i criminali nascosti tra i religiosi, e liberando i fedeli dall’infinita congerie di tabù sessuali codificati dai Papi stessi. Si fa sesso per procreare; vietato usare preservativi e pillole, usare metodi naturali di prevenzione delle gravidanze; o peggio, non usare contraccettivi, anche se a protezione da malattie sessualmente trasmissibili; vietata la masturbazione; ecc.. Sfilza di corbellerie dolose non seguite, per fortuna, dagli stessi credenti, per quanto siano dogmi contenuti nell’enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI. Ma di quale umanità si parla? Di deficienti?! O risulta ancora vigente l’inveterata ipocrisia, del “fate quel che dico ma non quel che faccio”, predicata dai preti? Voci dissonanti esistono interne alla chiesa romana, sia pure parziali e circoscritte, perciò poco incisive, come quella dell’abate Bianchi di Bose a proposito, ad esempio, del cosiddetto “adulterio” considerato – da lui – tale “ nei rapporti sessuali senza amore”. Come il vino adulterato non andrebbe bevuto, così l’amore andrebbe praticato solo con chi sia ama… a prescindere dai legami formali? Da tali premesse, a nessuno sarebbe consentito il libero arbitrio su quando e con chi praticare sesso. Mi domando: forse c’è traccia nei Vangeli di tale etica sessuale inibitoria? Non certo nella storia dell’adultera in procinto d’esser lapidata: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra!” Caso mai, troveremmo in quei testi l’espressione massima dell’Amore, nella più ampia accezione, verso il genere umano. Intanto però la storia racconta aberrazioni, violenze, soprusi, cattiva educazione, disseminate dal cristianesimo. Come descritto dal vescovo Bartlomé de las Casas, nella “Istoria, ò, Brevissima Relazione della distruttione dell’Indie Occidentali”, sul trattamento applicato verso i nativi dai cattolici, religiosi e militari spagnoli, nelle terre dell’America del Sud.

E un altro appunto, sulla coerenza di tanti religiosi, va aggiunto: sulla povertà.

Insieme all’Amore per il prossimo, troviamo il precetto di stare dalla parte dei poveri (vedi il fondamentale Discorso della montagna, nel vangelo di Matteo). In pratica, se parole di attenzione verso i poveri sono usate di frequente in toni pomposi, però risultano vacui ipocriti orpelli nei discorsi ecclesiastici. Il mondo è disseminato di poveri, dunque vasta sarebbe la missione in loro aiuto. Tuttavia, come dovremmo giudicare la coerenza di tanti religiosi che – anche dinanzi ai media – ostentano ai polsi camicie con gemelli d’oro, orologi di lusso, al collo crocifissi pendenti d’oro massiccio e pietre preziose, copricapo dorati tempestati di gemme, damascati o di seta,…; per non dire degli estesi patrimoni immobiliari proprietà della Chiesa e dei prelati. Beni spesso sottratti al giusto pagamento dei tributi, su cui sguazzano invece interessi personali, destinazioni dei proventi a lucrosi e scandalosi investimenti, quando non siano devoluti a nepotismi o all’acquisto di servizi indecenti. Che c’entrerebbe Cristo, figlio d’un falegname, con tali faraoni dei tempi moderni?! Dove sarebbe la coerenza con il pensiero originale cristiano, elaborato tra pescatori, artigiani, bassa plebe, nell’antica Galilea?! Caso mai, il cristianesimo avrebbe ripreso, attualizzandoli, simboli e riti appartenuti ai ceti ricchi della storia: imperatori, caste sacerdotali, faraoni, satrapi, mandarini. Così come non potremmo tacere sulle scarpe scarlatte di Papa Benedetto, firmate Prada, dal valore di centinaia di euro! Ma indumenti e monili lussuosi non sono esclusivi del Papa, li indossano cardinali, vescovi, e persino frotte di preti scimmiottanti lussi vaticani anche nei loro strumenti di lavoro: turiboli, ostensori, pissidi, pastorali, calici, di fine fattura e in metalli pregiati. Chiesa che, oltretutto, alle donne ha riservato funzioni ancillari (da domestiche) e inibito l’accesso al sacerdozio. Quando mai Cristo propose quel “mestiere” ai discepoli, a metà strada tra mago e rabbino, ovvero capo religioso d’una comunità, dai poteri divinatori, dispensatore di sacramenti, assolutore dai peccati?

E l’obbligo di castità ai religiosi maschi e femmine?! Non ne vedo traccia evangelica. Mentre, a causa della castità imposta, sono stati perpetrati stragi di feti e neonati, finanche, in clausure monastiche, per non rimarcare le vite distrutte di fanciulli e fanciulle abusati sessualmente, anche sotto effetti di droghe. Nel quadro di tali e tante aberrazioni sessuali, risulta scusabile la diffusione di relazioni, etero e omosessuali, tra preti e monache, adulti consenzienti. E’ normale. Sono esseri umani. Avrebbe senso l’esistenza di un Dio che avendo regalato la sessualità – fenomeno naturale, affettivo, dolce e giocoso – ne pretendesse l’astinenza a una categoria d’esseri umani, per giunta suoi supposti intermediari? E’ evidente la contraddizione tra le logiche insite nella vita naturale e ciò che caratterizzerebbe la figura dei religiosi: la castità forzata e la pretesa di essere intermediari tra uomo e Dio.

Il declino della Chiesa, dunque, non sarebbe attribuibile al materialismo, come spesso si è detto, né tantomeno al relativismo etico, ma dipende dalla Chiesa stessa, a causa di interpretazioni e pratiche evangeliche fatte accettare per fede, intrinsecamente inique, e, comunque, in contrasto con un’etica coerente alla natura umana.

19.6.2012

Più si vive la vita di astrazione (il pensiero del passato, il desiderio di far qualcosa) più siamo lontani dalla vita. Vivere è immergersi nelle pulsioni vitali: mangiare, bere, dormire, far l’amore. E’ in queste funzioni che possiamo trovare il momento dell’estasi, che, paradossalmente, in greco significa anomalia, in quanto distacco dalle regole naturali. (Trascrivo, di seguito, frasi lette nel testo di Giorgio Colli che mi hanno fatto riflettere). “E dove viene esaltato l’attimo è presente la conoscenza misterica da Parmenide a Nietzsche. L’istante testimonia la conoscenza misterica ciò che non appartiene alla rappresentazione, all’apparenza”…“Eraclito ci fornisce l’enunciazione generale: ‘ogni cosa governa la folgore’”… “La magia dello sguardo, nell’esperienza amorosa, la sua istantaneità sconvolgente, l’apriori e il chiudersi di un abisso, è un fenomeno puramente conoscitivo, tuttavia sulla soglia di ciò che non è più rappresentazione”… “La rivelazione dell’attimo scuote il cuore dell’uomo; ma questo non è che l’ultimo momento, l’emergere nell’individuazione, nella struttura corporea dell’uomo, di una conoscenza anomala. L’attimo come intuizione precede la scossa; nel fluire del tempo si erge improvvisamente un istante, che ‘non è in nessun tempo’, dice impropriamente Platone, ma che a rigore dà inizio al tempo, è già nel tempo, però allude a qualcosa che non è nel tempo, lo ripercuote, lo esprime. Nel bagliore dello sguardo i tre momenti si confondono, e soltanto l’analisi illusoria del pensiero è capace di distinguerli” … “Le sue intuizioni [di Nietzsche] sull’origine perversa e decadente delle virtù cristiane, sul travestimento del cristianesimo nelle idee democratiche moderne, e così via, hanno questa potenza di evocazione, di riaccostamento al concreto”…“Adesso che tutti i tabù sono stati superati, ridicolizzati, non rimane che eliminare l’ipocrisia. Ma l’ipocrisia è l’ultimo baluardo dove la potenza della morale, braccata da ogni parte, ha trovato un rifugio” [citazioni da Giorgio Colli, “Dopo Nietzsche” p. 67-68-69-73].

20.6.2012

Non sono ornitologo, perciò questa mia scoperta è da ridere: il canto del cuculo varia dalla regione del mondo in cui esso vive. Un cucù lento, dai toni come uscissero da un corno da caccia, a intervalli di decine di secondi tra un cucù e l’altro, questo accade qui ad Asunción. Il cuculo nostrano è più rapido nell’emettere il richiamo. In intervalli più brevi tra un cucù e l’altro. Quello subtropicale sembra si stia assopendo, se non sia già addormentato. Il nostrano, emettendo il cucù, è energico e squillante. Sebbene quello su cui ho tribolato maggiormente a identificarne l’autore fu il kekkò, nella Thailandia tropicale. Era un richiamo vigoroso, anche in ore buie (laddove giorno e notte sono pari: di dodici ore). Quel kekkò, pareva un interrogativo.

Sono sistemato in un albergo di via Manduvira…mi rivolgo la domanda scema: Ma ndù virè?! Non lo so. Spero di girovagare ancora un po’ di tempo.

22.6.2012

La cronaca è atroce, nella provincia di Curuguaty è avvenuta una carneficina: ammazzati 6 poliziotti e 11 campesinos. Il racconto dei fatti è confuso. Dei contadini avevano occupato le terre d’un latifondista. Riccardo dice che è prassi usuale, suggerita dai politici locali, un modo surrettizio per assegnare ai contadini terreni ai margini d’un latifondo. Di solito, interviene la mediazione dello Stato e si concedono pochi terreni ai campesinos. Ma stavolta non c’è stata mediazione politica. Alcuni poliziotti, armati di pallottole di gomma, sono stati accerchiati e uccisi. Da qui la reazione. Tra i campesinos erano presenti dirigenti politici dei senza terra. Ma, forse, anche dei provocatori armati che hanno sparato pallottole vere sulla polizia. Il fatto di sangue clamoroso ha avuto un’eco vastissima. I giorni seguenti, stampa e Tv non hanno parlato d’altro. Con l’obiettivo di addossarne la responsabilità.

Passeggiando per Asunción, mi sono imbattuto nei preparativi dei funerali solenni di stato per i poliziotti. Il “palazzo” è in gran fermento. Il partito Colorado (quello di Stroessener, per 60 anni al potere, ceduto solo nel 2008 a un vescovo sconsacrato di sinistra) ha presentato una mozione di sfiducia verso Fernando Lugo, chiedendone le dimissioni da Presidente della repubblica. Lui rifiuta di dimettersi. Il Senato, con una sola eccezione, gli è sfavorevole. L’ex vescovo rivendica di essere stato eletto dal popolo, e non intende rinunciare alla carica presidenziale. Sarebbe un colpo alla democrazia, solo il popolo, con il voto, lo potrebbe rimuovere o confermare nella carica. Invoca interventi vari. Si è recato all’ambasciata USA, ma non se ne sa l’esito. E’ stato dal nunzio apostolico e alla conferenza episcopale, che gli suggeriscono di dimettersi, onde evitare spargimenti di sangue.

Intanto il partito Colorado ha fatto scendere nella piazza del parlamento un piccolo drappello di dimostranti, contrari a Lugo. Questo accadeva ieri. Oggi, la stessa piazza è invasa da campesinos, a migliaia, giunti in cortei colorati – intonando “El pueblo unido jamàs serà vencido!” – provenienti dalle provincie rurali a sostegno di Lugo.

Il posto è presidiato dalla polizia, a piedi e a cavallo, in assetto antisommossa. L’area è isolata dalle forze dell’ordine. Riesco a oltrepassare le barriere senza fatica. Non mi chiedono neppure un documento. (Sembrerò una spia? un yankee? un giornalista?). Ho in mano una piccola macchina fotografica. Posso uscire ed entrare a piacimento nella zona isolata. La manifestazione di piazza, chiassosa ma senza tensione o incidenti, è circondata da barriere metalliche. Solo alla caduta d’una transenna – spinta della massa stipata all’inverosimile – c’è un principio di carica dei manganellatori a cavallo, che ammaccano qualche testa; ma la carica è stata subito interrotta, capita l’involontarietà nell’abbattimento della barriera. In pratica, si sta consumando un golpe bianco, incruento, se a pretesto non ci fosse stata la carneficina nella lontane terre di povertà e fame di giustizia. Golpe architettato in ogni particolare. Lugo – espressione d’un fronte di sinistra – salvo il sostegno dei campesinos, è isolato. Perfino il suo vice presidente, Federico Franco, gli ha voltato le spalle, accingendosi a sostituirlo. Le gerarchie ecclesiastiche non vedevano l’ora di sbarazzarsi dell’ex vescovo. Anche emissari di Chávez, capita l’antifona del golpe in itinere, si sarebbero mossi, però dopo la CIA. La quale avrebbe dato un milione e mezzo di dollari a ciascun senatore favorevole alla deposizione del presidente in carica. Anche i chavisti sarebbero stati disposti a dare ai 45 senatori l’equivalente importo corruttivo in dòlares. Ma, in ritardo a cose fatte, è risultata impossibile la retromarcia dei senatori.

Anche un golpe in diretta alla fine non è eccitante più di tanto. Quando i giochi sono palesemente fatti. Perciò decido di tornare a casa, un paio di giorni in anticipo (per di più, nell’andirivieni per assistere al golpe, non accortomi d’una buca sul marciapiede, mi sono infortunato al tendine di Achille).

La mia missione è al termine. Riccardo è perfetto nel ruolo di professore di “Storia dei trattati internazionali” e insegnante di Italiano alla Dante Alighieri. (Nella cui biblioteca ho preso a prestito “Il richiamo della foresta”, di Jack London. Splendida lettura, in una vecchia edizione scolastica). Nel tempo libero, Riccardo sta rivelandosi ottimo allenatore-giocatore di calcio in una nota squadra cittadina. Desideroso di fare una brillante carriera, si sta stabilizzando qui. Dove ha scelto la compagna di vita: Letizia. Bella, gioiosa, positiva. Laureata, in Italia, in Scienze della comunicazione.

Ho visitato in macchina, e, soprattutto, a piedi la città. Il suo centro direzionale. I cui principali edifici pubblici si affacciano, o sono prossimi, alla piazza quadrilatera del parlamento. Il vecchio parlamento (modesta ma elegante costruzione otto – novecentesca), oggi destinato a museo etno-musicale, è sul lato meridionale della piazza. Dalle cui finestre, dall’altura della città storica, si osserva un ampio panorama sottostante sulla valle e sul fiume Paraguay. I fiumi paraguaiani presumo siano molto importanti, strategicamente, dal fatto che, pur senza sbocchi al mare, questo Stato ha una marina militare. Il vecchio parlamento ha un’altra peculiarità: marca il confine con la parte sottostante che, degradando rapidamente, nel dirupo ospita una coloratissima bidonville. Considerata presenza pericolosa, per quanti transitano sulla piazza del potere, si starebbe studiando l’ipotesi di trasferirne gli abitanti nelle anse del grande fiume sottostante. In realtà, capitandomi a più riprese di attraversare la piazza, anche sul lato bidonville, non ho notato altro che bambini intenti a giocare. In un altro lato della piazza, c’è il nuovo parlamento. Grigia costruzione in vetro e cemento, donata dalla repubblica di Taiwan; in cui stanno svolgendosi i riti golpisti. Di fronte a un colorito popolo vociante, ma del tutto impotente. Non lontano si trovano caserme, sedi ministeriali, il Panteon, e la cattedrale. Il cui piazzale è già addobbato per la cerimonia religiosa dell’insediamento del nuovo presidente!

Ieri, 21 giugno, è iniziato l’inverno australe. L’aria notturna scende a 10 gradi, di giorno si sta bene anche in giacca. Nella notte, dalla finestra, vedo una bambina di 4-5 anni cercare, inutilmente, di svegliare il padre, accasciato sulla soglia d’un portone, drogato strafatto. Che pena!

Le persone sembrano tranquille. Il Paraguay figurerebbe tra i paesi, nel mondo, a maggiore tasso di felicità individuale. Riccardo dice che molti risolto il problema di mettere qualcosa sotto i denti almeno una volta al giorno – senza pretese, pure un panino -, non si curano del futuro. Le vetrine dei negozi espongono merci etniche dozzinali, come di modesta fattura sembrano gli abiti e le scarpe esposte in vendita.

Nei locali dell’università privata, dove insegna Riccardo, c’è fermento. Edificio moderno, ci sono pure lezioni serali (fino alle 22). Non esistendo il diritto allo studio, molti studenti lavorano. Anche le ragazze, certe praticando il mestiere più antico. Mestiere non svilito socialmente, procurando, in certi casi, integrazione al reddito.

A causa della crisi mondiale in corso, quest’anno è prevista una crescita del Pil all’1,8%, ma il prossimo anno se ne prevede l’incremento all’ 8%. Margini di crescita notevoli, visto il ritardo dalle economie più avanzate. Un anziano commentatore di “Ultima Hora”, Pa’ Oliva, ha sintetizzato la situazione in Paraguay. L’85% dei terreni coltivabili è in mano al 2,8% della popolazione. Senza riforma agraria non ci sarà sviluppo. Una riforma che favorisca il credito ai contadini, la formazione professionale, lo studio dei mercati, e produzioni richieste dal mercato stesso. Il suo pessimismo è tale da affermare: “La clave de todo esto la tiene la juventud en sus manos”. Vedendo quanto sta accadendo in queste ore, politicamente, l’unica speranza – credo anch’io – possa riporsi nei giovani. Le ricchezze ambientali enormi, sopra e sotto terra in Sud America, per assurdo, ne sono la sua condanna a permanere l’eterno cortile di casa dei vituperati (come nel resto del Sudamerica) yankee.

fabilli1952@gmail.com

Ferruccio Fabilli

Idealista con molte illusioni. Apprezzo l’umiltà e la buona volontà. Mi dedico a scrivere facendo il ripasso su persone conosciute e fatti vissuti. Noto che la gente non si batte più per i propri diritti. Ha perduto il gusto della lotta, ha delegato ad altri il proprio futuro. Per chi volesse conoscermi meglio ho un blog: www.ferrucciofabilli.it. E per chi volesse interrogarmi direttamente l'e-mail è fabilli1952@gmail.com

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