Asunción 20-30 novembre 2018. [Appunti di getto, scritti in tempo reale, ascoltando persone, raccogliendo notizie da pieghevoli, da quotidiani, da materiale informativo procurato da Riccardo Torresi nell’Ambasciata italiana, e da un saggio storico preso in libreria. Se pure il Paraguay non abbondi di informazioni turistiche – data la scarsa presenza di viaggiatori che, invece, meriterebbe -, al curioso non mancano spunti in ogni angolo visitato. Anzi. Alla fine, del materiale raccolto, devi fare una cernita. E limitare il racconto. Innanzi tutto, bisogna privilegiare il vivere per raccontarlo, direbbe Gabriel Garcia Marquez].
Arrivo notturno, ad attendere c’è Riccardo Torresi, cortonese trapiantato in Paraguay. Dopo il tirocinio nell’Ambasciata italiana, nel 2006, egli, oggi, vi ricopre il ruolo di funzionario commerciale. Ha famiglia, con Letizia e il figlio Nico di quattro anni. Accoglienza calorosa del trentacinquenne, alto e dinoccolato, agile e pronto nel fisico e nella mente, come nella visita del 2013. Tra le attività, consigliere economico presso l’ambasciata e insegnante universitario, è pure allenatore d’una squadra di calcio militante nell’equivalente serie B italiana. Sono accompagnato da Fernando e Massimo, al loro esordio in questo paese. Il centro città non è lontano dall’aeroporto Silvio Pettirossi. Siciliano, primo aviatore in questa parte del mondo, assurto a mito. La Sicilia qua si contraddistinse, tra le regioni italiane, agli inizi delle migrazioni europee. Nella seconda metà dell’Ottocento, la prima “colonia” organizzata fu di espatriati palermitani guidati dall’avvocato Giuseppe Di Stefano Paternò, che fondò la Sociedad Colonizadora Italo-Americana. Relazioni intense, tra Trinacria e Paraguay, in quel periodo favorirono il distacco in Sicilia d’un console Paraguayo. Nel frattempo, nei pressi di Asunción, nel 1887, il dott. Francesco Morra, in circa 110 ettari di sua proprietà, fondava Villa Morra, che ebbe un periodico, il telefono e una tranvia, risultando tra gli insediamenti italiani di maggior successo, nella nazione povera di infrastrutture civili, ricca però d’immensi territori fertili, fiumi pescosi, e legnami. Verso il 1915, gli italiani in Asunción si stimavano in circa 15.000. Oggi, si dice che, la metà degli abitanti di Asuncion, nell’albero genealogico, abbia un avo italiano. Al primo periodo dell’Unità d’Italia risale la scuola Dante Alighieri – che copre ogni grado d’istruzione prima dell’Università – in origine intitolata a Margherita di Savoia, ancor oggi gode ottima salute. In Ecuador e Argentina, mi si diceva, che lì, i Dante Alighieri, non navigassero in buone acque.
Il transito, dall’aeroporto al centro cittadino, rivela un paesaggio urbano in netta trasformazione. Sulla sponda del Rio Paraguay è stato costruito un asse stradale, a più corsie, illuminato, che da respiro a un traffico urbano intenso, di non facile regimazione. Infatti, la struttura cittadina tracciata in “quadre” regolari – con strade parallele e intersecanti ad angolo retto, in gran parte a senso unico -, forma una specie di labirinto in cui, a un estraneo, sarebbe facile perdersi. Nel lungofiume si intravedono accenni di future urbanizzazioni ricreative fluviali. In passato, nelle golene del grande fiume era insediata una bidonville. Sopravvissuta nella parte spondale più elevata, dismessa, invece, nelle golene e nelle sponde basse. Con l’ondata di piena della stagione piovosa, gli abitanti della bidonville golenale sono accolti nelle piazze soprastanti. Sistemati in tende e abitacoli di compensato e lamiera. A partire dalla piazza principale, circondata nei quattro lati da cattedrale, università cattolica, vecchio e nuovo parlamento, uffici pubblici, caserme. In città, è tangibile il problema abitativo da risolvere. E’ aperto un dialogo tra autorità e accampati, sulla futura sistemazione. D’altronde la bidonville non è più sul lato nascosto del fiume, ma tutta esposta, dopo la costruzione del raccordo autostradale lungo il Rio Paraguay. Le autorità sarebbero intenzionate a trasferire i senza casa in nuove costruzioni, già pronte. Ma la gran parte dei diseredati resiste. Andare in abitazioni regolari ha dei costi, se pur minimi, che non vogliono o temono di non sopportare. Non v’è dubbio, i Paraguayi più coerenti con la grammatica Guaranì (lingua ufficiale, insieme allo spagnolo, parlata dal settanta per cento della popolazione) sono gli abitanti della bidonville, per costoro esiste solo un tempo verbale: il presente. Risolto il problema quotidiano del cibo, non esiste altro assillo, né tantomeno fanno progetti per il futuro. Gran parte dei nullatenenti urbani ha il sangue dei nativi Guaranì, i quali rivendicano maggiori ricompense dallo Stato “colonizzatore”, spogliati dei territori appartenuti ai loro avi. (In Paraguay, oltretutto, il latifondo è la principale forma di proprietà terriera). Rivendicazioni non sono solo teoriche ma portate di continuo in piazza da gruppi organizzati, solcando ciclicamente le strade principali con clamori di canti, slogan e suoni di tamburi, fischietti, e trombette. Su queste e altre proteste, che hanno il loro sfogo nelle strade e nelle piazze principali di Asunción, sembra ci sia tacita intesa tra manifestanti e autorità. Infatti la polizia, disseminata qua e là, è in vesti ordinarie. Niente poliziotti a cavallo dotati di manganello né in assetto antisommossa, solo un gendarme in maniche di camicia precede i cortei, parlottando, su modi e tempi del procedere, coi manifestanti in testa al corteo. Evoluzione paternalistica del post Stroessener? Dopo la fama di regime autoritario che imprigionava (se non peggio) gli oppositori, e accoglieva fuggitivi nazifascisti europei nel secondo dopoguerra, e gli epigoni neofascisti Clemente Graziani e Elio Massagrande (quest’ultimo, impiegato nell’Ambasciata italiana). Capo del governo è Mario Abdo Benitez, figlio del braccio destro di Stroessener, il quale, come altri figli della casta politica di destra, fu mandato a studiare negli Stati Uniti. Fors’anche nel timore di eventuali violenze ai figli in caso di imprevisti disordini politici. Che fosse il paese della bella gioia, per i neri italiani transfughi, l’aveva confermato Augusto Cauchi, evocando, con malcelata nostalgia, fasti d’una Asunción, anni Settanta e Ottanta, prodiga di bagordi e pupe, sotto l’ala protettrice del vecchio dittatore Stroessener, capo del partito Colorado. (Contraddizioni storiche, il Colorado, partito di destra, ha come simbolo una bandiera rossa con stella bianca).
Ma non è necessario l’impegno politico per trovare una tranquilla accoglienza in Paraguay, forse più usata è la strada della corruzione, quella seguita da Carlo Sama, genero del Gardini “suicidatosi” ai tempi di tangentopoli. Sama fuggì dall’Italia con qualche problema giudiziario, certo non privo di soldi. Adeguando il genio italico agli abusi politici subtropicali, Sama, giudizialmente, risulta non perseguibile: è console onorario a Monaco, dove si astiene da risiedervi stabilmente. La “corruzione” pare sia il metodo sistematico per risolvere piccole e grandi questioni in questo paese.
La gente comune, per Riccardo, è benevola e socievole, mentre il crimine comune e organizzato (di tipo mafioso) è praticato da persone potenti e scaltre. Sulla lotta al crimine organizzato si stanno facendo i primi passi, anche in collaborazione con l’Italia, studiandone norme vigenti. Come la recente costituzione Paraguayana avrebbe tratto spunto dalle costituzioni tedesca e italiana. Ma sulla strada della “democratizzazione”, in questo paese, pare non ci sia fretta. La strada, lunga e tortuosa, perché farla in fretta? Lo stesso procedere lento è adottato per sistemare gli abitanti delle bidonville, per ora, parcheggiati sulle piazze principali. Le autorità trattano, e gli accampati, pur in situazioni scomode, si adeguano a una vita sotto gli occhi di tutti. Dimostrando educazione nel tenere puliti se stessi e gli spazi occupati. Qui torna la grammatica Guaranì dal solo verbo presente: mancando il futuro, si campa alla giornata come non dovesse seguire altra alternativa. La mattina gli infermieri portano medicine, che vengono prese mettendosi ordinatamente in coda, intanto gruppetti di capi si riuniscono in conciliaboli tranquilli a valutare il da farsi. Le stesse richieste di elemosina ai passanti non sono fastidiose (si chiedono soldi e cibo, anche mezzo panino non consumato). Si fanno più insistenti le richieste lontano dagli assembramenti di persone: bar, ristoranti e sagrato della chiesa. Il caos è lento e armonioso. I pochi spazi residui per i parcheggi delle vetture sono gestiti da ragazzi abili a trovare un incastro libero, per pochi spiccioli di ricompensa. I panni tesi ad asciugare, una volta lavati, fanno pendant col verde dei prati, le chiome colorate degli alberi e dei fiori nei giardini, accuratamente rispettati. Le statue servono per tendere cordami e asciugare materiali letterecci. Magari, nell’intonaco dei piedistalli, capita di vedere scritto: morte al padrone! Nella nuova bidonville di piazza del parlamento, in continua evoluzione, c’è pure chi vende il proprio alloggio precario, con scritte sulle pareti di faesite: vendesi. Potrebbe trattarsi di qualcuno che preferisce accamparsi in tenda, usando la plusvalenza per mangiare e abborracciarsi (borracho qui è il bumbazziere). Pure il borracho non infastidisce. Fatto il pieno, si stende sul morbido prato erboso. Grazie a Riccardo – stato allenatore di una squadra di calciatori della bidonville, che ancora lo salutano al passaggio – abbiamo traversato una baraccopoli ancora in piedi, dove la vita è dinamica e organizzata, con negozi, artigiani, barbieri, e strade fracassate, che costeggiano rigagnoli maleodoranti pieni di rifiuti. Risultando una piccola cittadina di diseredati, ma a suo modo efficiente e vivibile. Sconsigliabile agli estranei, certo. Potresti uscirne senza macchina e in mutande. Però fuori da quei territori, come nella piazza dinanzi ai parlamenti (vecchio e nuovo), lasciano scorrere, senza importunarlo, il pur modesto flusso turistico, intenzionato a visitare la scuola di musica e il museo polivalente, riguardante gli antichi insediamenti: regioni dei nativi, tessuti prodotti, abiti cerimoniali, strumenti musicali, vecchie fotografie, e storie di immigrazioni. Un bric a brac ben allestito, in spazi stretti; suggestione antropologica su mondi ancestrali.
Manifestazioni di piazza, frequenti e ordinate, significano che il potere non le teme. Godendo il paese di stabilità politica ed economica. Il PIL marcia da un decennio in positivo, alla media del 4,4% annuale. Il tasso di disoccupazione è basso, intorno al 5,2%. L’alfabetizzazione è intorno al 95%. La moneta Guaranì, non forte però stabile, ha una modesta inflazione annua sempre inferiore al 5%, nell’ultimo decennio. Nello stesso periodo è pure migliorata la valutazione del Rischio Paese, con rating: Ba1 stabile e BB positiva. Potendosi permettere un sistema fiscale allettante, si applicano le principali aliquote al 10% (IRPEF, IRPEG, IVA), contro aliquote dei paesi confinanti che variano dal 35 al 21% . Tariffe doganali allo 0 %, quando materie prime e fattori produttivi importati si dimostra che sono utilizzati nei propri processi produttivi, e che non vi è produzione nazionale di questi. Forti incentivi sono dati alla partecipazione pubblico-privata a investimenti pubblici, avendo notevoli lacune da colmare, per qualità e quantità, nelle prestazioni erogate al pubblico, nell’istruzione, sanità, trasporti. A parziale scusante nella debolezza degli investimenti, e quindi nei servizi pubblici, si può portare la mancanza di prodotti minerari nel sottosuolo, petrolio compreso. Materie prime abbondanti in molti altri paesi sudamericani. L’economia risulta la più rurale del continente. Bassissimi i costi della elettricità e sua grande produzione, grazie a corsi d’acqua poderosi. Possiede la 3° flotta di barche commerciali del mondo, 4° esportatore mondiale di soia, 4°esportatore di amido, 4° di yerba mate, 8° esportatore di carne bovina. Oro, se paragonato alla disastrosa condizione economica argentina del Peso con inflazione al 25% e tassi bancari al 40%. Servono 22,25 pesos per un dollaro, mentre un anno fa ne bastavano 15. Migliore dell’Argentina è la situazione nell’altro paese confinante, il Brasile, ma anch’esso non gode ottima salute. Disoccupazione al 13%, e crescita del Pil al più 1%, inferiore alla media degli altri BRICS. Mentre la moneta, il Real, nata equivalente a un Dollaro, oggi, un Dollaro è pari a 2,35 Real; notevole il deprezzamento. Tra le cause, l’instabilità politica seguita all’arresto dell’ex presidente Lula, per dubbie e modeste questioni patrimoniali, e alla rocambolesca deposizione di Dilma Rousseff, succedutagli alla guida del Brasile. Qualcosa di simile accadde nella rapida deposizione del presidente Lugo in Paraguay, colpevole anch’esso d’essere di sinistra e non gradito alla CIA, e quindi all’impero USA. Anche se vivono ed operano con discrezione, gli statunitensi in Asunción, al posto d’una normale ambasciata hanno uno sterminato insediamento protetto, che da adito a supporre un più che certo signoraggio esercitato, grazie alla connivenza col regime al potere. L’ambasciata immensa, è la palmare dimostrazione di strapotenza, utilizzata, forse, anche per intervenire negli altri stati sudamericani. Risultando inquietante quanto gli antichi palazzi dei viceré e dei governatori, per conto della Corona di Spagna, che in queste terre remote attuarono soprusi oltre ogni immaginazione, dal 1500 al 1800. Basta ricordare – quanto la nostra generazione ha visto mettere in atto in Sudamerica – l’esempio del Cile, a dimostrare cosa è stato capace di fare il connubio tra poteri dispotici e apparati repressivi statunitensi. Il valore della vita umana meno che zero. La dignità umana ridotta a quella di un insetto: da schiacciare, mutilare, brutalizzare…Sull’altare di che? Di principi democratici?…di interessi meramente economici. Il maggior profitto possibile per le proprie imprese! Insieme gli orrori della guerra in Vietnam, mettiamo pure lo schifo delle dittature sudamericane.
Trovare un’edicola ad Asunción non è facile, ma per lettori evoluti, sul web, la lettura dei quotidiani è gratuita. Le principali testate nazionali, ABC, Crònica, Diario Popular, La Nacion, Neike, Tiempos del Mundo, Ultima ora, rispondono agli interessi sull’attualità: cronaca, politica, gossip, economia, sport. Ciascuno ammiccando a un suo pubblico, rappresentano sia opinioni filogovernative che dei critici. Media e società sportive di primo livello sono sostenute da finanziatori privati, tra cui importanti società estere che lavorano in Paraguay, come l’italiana COLACEM. Produttrice di cemento e materiali da costruzione, recente grande investitore industriale. Riccardo racconta, per incarichi avuti dall’Ambasciatore, di aver frequentato le carceri paraguayane, dove un terzo dei prigionieri hanno condanne definitive, mentre due terzi in attesa di giudizio, vivendo mescolati nelle stesse condizioni miserabili. Né sono attuati istituti come il carcere duro dell’isolamento, il famigerato articolo 41-bis, al quale pare che le autorità paraguaye si stiano interessando. La maggior parte dei prigionieri è costretta con cibo scarso, e pure senza brande né materassi su cui giacere. Dall’altro canto ci sono celle per i VIP. Una sistematica “corruzione”, dal secondino, all’ispettore di polizia, al direttore del carcere, consente, a chi ha soldi, di vivere meglio della stragrande maggioranza della popolazione in stato di libertà! In celle dotate di ogni confort: cellulare, cibi vari e abbondanti, a la carte, droga, sesso, e chi più ne ha più ne metta. Senza limiti. La cronaca offre subito un’orribile spaccato del Sudamerica violento. Un di questi VIP, delinquente al massimo, prima d’essere estradato in un altro paese sudamericano dal regime carcerario più duro, che ti fa? Si fa portare in cella una giovane prostituta e l’uccide in modo efferato, nell’intento di subire una condanna e scontarla nel confortevole carcere paraguaiano. Si sta indagando su chi e come abbia favorito quel crimine. Ma, se non ho capito male, il primo indiziato è il sistema corruttivo, contro cui, anche a parere di Riccardo, è difficile porre argine. L’orrendo crimine sarà punito, ma il delinquente, paradossalmente, avrà raggiunto il suo obiettivo: seguitare la bella vita da galeotto privilegiato, e continuare a dirigere loschi traffici esterni, da cui trae la montagna di denaro di cui dispone. Condotte simili sono praticate, dal Sudamerica al Messico, dai potenti narcotrafficanti. Capaci di evadere, investendo milioni di euro nella costruzione di gallerie sotterranee di un’esattezza prodigiosa. Come nel caso del narcos colombiano El Chapo (Joaquin Guzman), che fu raggiunto, con un tunnel d’oltre un kilometro alla profondità di venti metri, fino al piatto della doccia! Nel soggiorno ad Asunción, abbiamo conosciuto le agre condizioni di vita di chi, pur non avendo commesso crimini ma per contiguità familiare, è costretto a continui randagismi da un continente all’altro, al fine di sottrarsi a vendette. Non potendo essere più preciso, rispettando la mala sorte delle “vittime”, dirò solo di aver incrociato madre e figlio quindicenne in moto perpetuo, in luoghi tra loro lontanissimi e per lunghi periodi. Ad oggi salvi, sostenuti dalla famiglia di lei. La madre coraggio cerca di rendere meno aspra la vita d’un fragile ragazzino, che sogna di giocare al pallone senza poterlo fare, dimostrando una maturità inusuale per l’età, mentre una tristezza infinita pervade i due. Il Paraguay non è tra i primi consumatori di droga, ma, complici le autorità, è snodo importante del traffico proveniente dalla Bolivia. Si dice, infatti, che l’attuale Presidente del Paraguay sia inviso anche ai suoi perché non malleabile su quel traffico, mentre si sospetta la compiacenza dei predecessori. Predominante, nei vertici politici e militari in tutto il Sudamerica, l’influenza massonica e della chiesa cattolica, perni di ogni potere durevole. A proposito di massoneria, a cui appartengono tutti gli ufficiali in carriera di ogni forza militare, ricordo la rapida lettura della autobiografia di Gelli (La mia verità), che feci da Augusto Cauchi. Dove mi parve intravedere le cause dell’imprevisto declino dal potere del venerabile aretino. Gelli godendo di relazioni ai più alti livelli statali, proprio in Paraguay, pensò di fondare una massoneria parallela se non alternativa a quella in auge. Evidentemente, si scontrò con forze massoniche superiori alla sua rete, adunata in pompa magna per lanciare dal Paraguay l’assalto al potere. Fracassato il progetto, da lì in poi la sua parabola iniziò a declinare anche in Italia. Vittima di presunzione. Gelli, potente in Italia e in Sudamerica, dimenticò d’essere lui stesso una pedina; importante, capace di costruire reti e intrighi per conto dei governanti, con mani in pasta in mezzo mondo, ma pur sempre una pedina.
Se c’è uno Stato sudamericano che non ha mai tradito la fedeltà agli ordini di ciò ch’è considerato dagli studiosi l’odierno Impero, gli Stati Uniti, è senz’altro il Paraguay. Tra i pochi paesi al mondo che tiene relazioni diplomatiche con Taiwan, anziché con la Cina, traendone cospicui benefit economici (il nuovo parlamento costruito a spese di), e può inviare ogni anno studenti a gratis in Taiwan con borse di studio. Ed è tra i pochi a sostenere, con gli Usa, la capitale di Israele in Gerusalemme.
Il clero secolare e gli ordini religiosi sono marciati sempre a braccetto col potere. Usando catechismo e sapere, in molti rami della conoscenza, sono rimasti sempre a galla, rispettati e temuti dalle autorità civili anche dopo cruenti scontri fra fazioni. Usando il grimaldello fondamentale: dominare le coscienze con vincoli immateriali, durevoli e pervasivi sulla società e sui singoli. Tanto efficaci, paradossalmente, quanto più di modeste condizioni sono le persone, che più d’altri hanno bisogno di speranza e consolazione. E quando sono state necessarie catene vere, torture fisiche, piombo e garrota, per piegare le coscienze, la chiesa non si è fatta scrupolo di avallarlo, se non di farlo. Prendendo a metro di misura le dimensioni della chiesa cattedrale e degli edifici circostanti, il vescovado, il seminario e l’università cattolica, ne risulta evidente il ruolo centrale nella società. Tuttavia, mettendo Asunción a paragone con Quito, si nota minore pomposità e invadenza di chiese e monasteri. E’ pur vero che Quito coloniale è quasi del tutto conservata, mentre in Asunción non se ne vede più traccia, salvo, qua e là, edifici post coloniali che si cerca di restaurare, in un contesto in gran parte di edilizia contemporanea. Per di più Asunción, da cui partirono i fondatori di Buenos Aires, pare non essere stata in grado di trattenere in loco le ricchezze prodotte, trasformandole in edilizia nobiliare, edifici di culto, e insediamenti religiosi. Al contrario, Buenos Aires a molti ricorda, con monumentali costruzioni, una capitale europea, specie con quanto vi fu eretto tra Otto e Novecento. La forza e la conservazione del clero sudamericano è emerso dalle cronache anche rispetto a papa Bergoglio, che, nelle intenzioni, avrebbe voluto debellare la pedofilia, diffusa come gramigna in tutto il clero del globo, esponendosi però a una figura cacina in mondovisione, allorché giustificò le colpevoli potenti gerarchie religiose cilene. Condanna che il papa, ravveduto, fece in un secondo momento, a frittata fatta. La bega mondiale della pedofilia clericale, anche Bergoglio non riesce a sradicarla.
Un ragionamento merita la vicenda delle ferrovie in Paraguay. Storia ricordata da due stazioni in città, una trasformata in museo ferroviario e l’altra in uffici. Il Paraguay fu tra i primi stati sudamericani a dotarsene (1861) e avere una linea di trasporto (1872-73), senza successivi sviluppi. Che ebbero, invece, i trasporti su vie d’acqua. Disponendo oggi della terza flotta commerciale al mondo. E la presenza di una marina militare. Pur essendogli negato lo sbocco al mare dai bellicosi stati confinanti (Argentina, Brasile,Uruguay), che, gelosi dell’espansione territoriale del Paraguay, lo batterono, ridimensionandolo, in sanguinose battaglie del tutti contro uno. Se vollero metterlo in ombra, come potenza locale, ci riuscirono.
La storia del Paraguay merita d’essere conosciuta, tra le più interessanti del Sudamerica. Pur privo di minerali e metalli preziosi, la fertile agricoltura, fiumi pescosi, foreste lignifere, e manifatture, fornirono ricchezze alla Corona di Spagna. Per quanto la Corona, scoperti giacimenti preziosi in altri luoghi, tenne in poco conto il Paraguay. Se pure questo paese, confinante col Brasile, pose argine all’espansione portoghese, combattendo con l’ausilio determinante di nativi bellicosi (i Cari, sottogruppo dei Guaranì), contro le aggressive soldataglie “bandeirantes”, alle quali, i re del Portogallo, dettero mandato di conquistare quanta più America del Sud possibile. Il Paraguay contribuì alla fondazione di Buenos Aires, inviando uomini e alimenti in gran quantità. Soprattutto la storia del Paraguay è intrecciata ai nativi Guaranì, che popolarono un’ampia porzione dell’intero continente, dal Mar de la Plata alle Antille Olandesi, dalle Ande all’Amazzonia. Popolazione tanto importante e radicata da risultare componente maggioritaria in Paraguay, il cui idioma, il Guaranì, è lingua ufficiale statale, insieme allo spagnolo. I Guaranì erano valenti guerrieri che praticavano l’antropofagia rituale, un modo per ereditare le qualità eroiche del nemico sconfitto. Carenti di idoli, vivevano un mondo magico in continuo contatto col sovrannaturale a cui attribuivano sortilegi e malefici. “I boschi e le acque erano popolati di personaggi mitici, molti di loro informi. Le loro credenze sull’origine e il fine dell’universo, la comparsa dell’uomo, la creazione del fuoco e del linguaggio, l’impianto dell’agricoltura, si traducevano in ricche cosmogonie mitologiche dal grande valore poetico” [in Efraim Cardozo, Breve Historia del Paraguay, pag. 9 e segg. Cardozo è l’autore a cui ho attinto informazioni storiche]. Avevano conoscenze botaniche e zoologiche. Erano avanzati nella medicina e nell’igiene. Il loro grande patrimonio era la lingua. Padre Lozano, nel 1754, la definiva “la più completa ed elegante che si conosce al mondo”. Ammirevole idioma con cui si descrivevano cose, sentimenti e idee, espresse con chiarezza, logica e precisione. Considerata “lingua generale” nell’antichità sudamericana, con la quale s’intendevano tutte le tribù, i cui dialetti erano intraducibili; fu il principale strumento di penetrazione dei conquistatori e missionari nell’eterogeneo e complicato mondo etnico americano. Le dure condizioni di vita forgiarono un poderoso istinto bellico. Non erano stanziali, né si dedicavano alla agricoltura, però ne apprezzavano i frutti. Erano cacciatori e pescatori. Sapevano approfittare della vegetazione. Nelle coste, da grandi navigatori, avevano imbarcazioni fino a dieci passeggeri. Conosciuto il cavallo, ne furono ottimi conduttori. Contro i conquistatori spagnoli e i loro successori, i Guaranì del Chaco combatterono una guerra valorosa e costante. I primi conquistatori che tentarono la via de la Plata e del Paranà, Garcia e Gaboto, fallirono nell’intento per la fiera resistenza dei Guaranì. Nel 1541 Asunción fu eretta a Cabildo, avendo gli spagnoli stretto un patto con i Carios (appartenenti al popolo Guaranì) come guerrieri ausiliari; l’alleanza, “stabilita nel letto dell’amore”, si trasformò in cemento della nuova comunità. Non dimentichiamo che l’amore poligamo era stato una delle molle che spinsero avventurieri e religiosi alla conquista del Nuovo Mondo. Sorse, allo stesso tempo, un conflitto che perdurerà a lungo tra gruppi di indios “leales” (agli spagnoli) e “comuneros” che intendevano mantenere la loro autonomia. Frustrazione e anarchia seguirono dopo la comparsa dei conquistatori. Ai quali ben presto si era affievolito lo stimolo colonizzatore, non avendo trovato le miniere di preziosi (oro e argento) presenti in altri territori, pur tuttavia restava l’attrazione per la libertà degli indios, la vita agevolata dalla alleanza con i guerrieri Guaranì, la sfrenata poligamia, e l’instancabile esercizio del potere che alimentava incessanti lotte per il potere. In questa nuova situazione, di incontro/scontro tra nativi e conquistatori, emerse la figura di Irala, il più importante conquistatore, in un certo senso il fondatore del Paraguay, che evitò il caos, governando fino alla sua morte naturale (1556). I suoi successori, quasi sempre eletti con votazione popolare, affrontarono molti problemi. Privo di metalli preziosi, il Paraguay fu quasi dimenticato, e messo sotto l’autorità dei viceré del Perù. Mentre sorse un forte movimento dei “mancebos de la tierra” (figli della terra). Stazze vigorose, coraggiosi, abili lavoratori e artigiani, addestrati alla guerra e con la passione politica, come i progenitori, divennero il principale elemento di confusione. I conquistatori cominciarono a temere, da costoro, insurrezioni. Comunque, furono determinanti nella designazione dei nuovi Cabildo cittadini, e nelle fondazioni di nuove città. Come nel caso di Santa Fe, e nella rifondazione di Buenos Aires, posta nel mare del Rio de la Plata, divenuta lo sbocco al mare mancante al Paraguay. L’apice del potere dei “figli della terra” giunse eleggendo al potere in Asunción uno di loro, il creolo figlio di uno spagnolo, Hernando Arias de Saavedra, detto Hernandarias. Tanto da far pensare, ai governanti a Lima, di aver perduto quella terra, tanto libera e lontana, per mano di superbi e inquieti figli creoli e meticci. Gli ordini del viceré del Perù, infatti, non sarebbero passati in Paraguay se non attraverso Hernandarias. Mentre suo fratello creolo diventava vescovo di Tucumán. Negli sviluppi successivi, il Paraguay fu considerato “el agro del mundo”, per capacità produttive agricole, che accedevano ai mercati via Buenos Aires, sottomessa ad Asunción, per raggiungere Brasile e Spagna. Non durò a lungo questa situazione. Il Perù, geloso di tanta potenza, decise la chiusura del porto di Buenos Aires. A cui seguì una grave crisi economica, mettendo a repentaglio la produzione di yerba mate di cui il Paraguay era il maggiore produttore. Al peggioramento della crisi contribuirono le soldataglie del Brasile (bandeirantes) e i Guaycuri, bellicosi abitanti del Chaco, con drammatiche devastazioni territoriali.
Insieme ai primi conquistatori, giunsero in missione francescani, geronimiti, mercedari e domenicani, che contribuirono alla fondazione di numerosi pueblos (villaggi), e a consolidare il loro potere insieme a quello della Corona. Hernandarias invitò i gesuiti a costituire città fortificate nelle ricche regioni agricole, per difenderle dalle incursioni dei bandeirantes brasiliani. Anche i gesuiti, come i francescani, furono grandi fondatori di pueblos. Obiettivo dei brasiliani, oltre ai fertili territori, era la tratta di schiavi, popolazioni guaranì da deportare in Brasile. Provviste di armi da fuoco, le truppe paraguaye inflissero memorabili sconfitte (nel 1639 e 1641) agli invasori paulisti (brasiliani provenienti da San Paulo). I gesuiti, insediati tra i fiumi Yguazu e Tebicuary e tra il fiume Paranà e l’Uruguay, crearono un nuovo tipo di organizzazione sociale su base comunitaria e militare. Un audace tentativo di mettere in pratica idee utopistiche. Tali da suscitare risentimenti presso gli altri Paraguayi. Il motivo della discordia fu il non pagamento delle gabelle al governo da parte degli abitanti delle missioni gesuitiche sul commercio della yerba mate. Altro motivo di discordia fu la battaglia dei gesuiti contro il pagamento delle tasse sulle rendite, su cui si basava la prosperità dei governi paraguaiani. Tutto ciò determinò un forte conflitto, anche con gli altri ordini religiosi, che, invece, erano favorevoli al pagamento delle tasse sulle rendite. Il vescovo francescano Bernardino de Cardenas decretò l’espulsione dei gesuiti nel 1649. Una lotta dura, anche militare, seguì a quel decreto, con molte vittorie sui rivali ottenute dagli indios organizzati dai gesuiti. Intanto seguitava la pressione militare brasiliana che costrinse le autorità paraguaiane a istituire il regio servizio militare obbligatorio. Con ciò, accrescendo molto la pressione impositiva sulle campagne. Tale sistema impositivo prevedeva una tassa sulla yerba mate superiore a qualsiasi altro prodotto americano, incluso l’oro! Al fine di mantenere un esercito poderoso per combattere guerre infinite: contro gli auracanos del Cile, gli abipones di Santa Fe, i corsari inglesi dell’Atlantico e i pirati del Pacifico. Lo scontro fu inevitabile tra due concezioni di vita comunitaria: quella civile e quella dei gesuiti. Il Paraguay, unica regione autorizzata a battere moneta propria, dotata di un esercito popolare con leva obbligatoria, con Cabildo eletto a suffragio popolare, si era trasformato in democrazia turbolenta, con il senso dell’interesse “comune” quale estrema ratio nel risolvere gravi emergenze. Pertanto, il sistema di tassazione era più simile a una gestione da pater familias che da sistema feudale. In tal sistema [secondo lo storico Efraim Cardozo] il Paraguayo si sentiva diretto dai suoi interessi e necessità, più che dalle leggi della Corona, nella sua concezione di autonomia, personale e politica, nominando e deponendo i governanti, forgiando istituzioni proprie. Tale impianto politico civile cozzava contro l’azione dei gesuiti delle Missioni – espansi nei loro insediamenti in ampie zone fertili – contrari al pagamento delle tasse. Le autorità locali, appoggiate dalla Corona, diedero battaglia alle Missioni, sconfitte definitivamente il 25 agosto del 1724 a Tebicuary.
Qui si interrompe la mia curiosità storica, in visita ai ruderi più imponenti della Missione gesuitica de la Santissima Trinidad de Paranà. (patrimonio Unesco nel 1993). Sulla via del ritorno ad Asunción dalle spettacolari cascate Yguazu, non abbiamo preso la via diretta per la capitale, ma abbiamo deviato nei territori ancor oggi denominati Missioni. Passando per la gioiosa Encarnacion, sulla riva destra del Paranà. Dove le sponde fluviali sono organizzate in spiagge balneari, e la città gode fama di festosa per un rinomato carnevale e il grande sambodromo.
L’autista Filipe, in questa deviazione non prevista in partenza per le cascate, si è impegnato a meravigliarci con le bellezze del Paraguay. Le verdi sterminate pianure, in questa stagione floride di soia, che a febbraio saranno seminate a granaglie. Tanto da produrre in un anno ben due raccolti. Il profilo dei terreni lievemente ondulati, unito al verde della vegetazione, fa somigliare queste campagne al centro Europa. A tratti pianure simili alla Pampa, con nugoli di bovini al pascolo. Grandi fiumi pescosi. Paradiso per gli appassionati di pesca sportiva. Rari villaggi, ognuno dei quali presenta lungo le strade i prodotti locali: tessuti, pellami lavorati, palloni da calcio, …e soste in confortevoli Churrascherie di dimensioni gigantesche, per gustare grigliate (azados) spettacolari.
Ciò che ho raccontato varrebbe già per scegliere il Paraguay meta turistica che oggi non è. Senza considerare l’altra parte del Paese, il Chaco, caratterizzata da aree desertiche, e foreste Amazzoniche, dove ricercatori sono intenti a studiare e classificare specie animali e vegetali di rara bellezza e originalità. Un saggio di flora e fauna tropicale (non solo Paraguaya) la si può incontrare visitando il Jardin Botanico y Zoologico in Asunción, di 272 acri con oltre 300 animali di 64 specie, e piccolo museo di storia naturale e cultura regionale. Nella espressione degli animali – specie nei grandi mammiferi – si coglie la mestizia della prigionia, compensata dall’essere ben tenuti in un parco molto arioso.
Eccellente è il Museo del Barro: piacevole mescolanza tra arte indigena (fino ad epoche precolombiane ) e arte moderna. Rivalutazione di artigianato, vita reale urbana, rurale e forestale, nel passato e nel presente, a scopi didattici e turistici.
Gli ultimi giorni in Asunción, al seguito del nostro esule felice Riccardo Torresi, sono trascorsi ad assistere alla promozione dei prodotti culinari italiani, con in azione un affermato cuoco romano in Buenos Aires. Uno di questi grandi magazzini, ospitanti specialità e prodotti italiani, ha l’insegna con la stella di David gialla. Il proprietario è polacco di religione ebraica. Il Sudamerica, che aveva accolto i transfughi nazifascisti, ospita anche le loro vittime passate, gli ebrei. La cui presenza massiccia avevo notata a Buenos Aires, dalle colonne dei giornali zeppe di necrologi ebraici. E scuole e ospedali a loro riservati.
Ma la presenza di emigrati, che ad ogni piè sospinto viene evocata (saputa la nostra nazionalità), è quella italiana. Spesso, riferita a discendenti che non parlano più la nostra lingua. Di origini italiane è la moglie di Filipe, l’autista che pur a notte fonda, di ritorno dal nostro tour, ha voluto presentarci la famiglia. La figlia, seguendo all’università una laurea in architettura degli interni, finito quel ciclo di studi, già progetta di venire in Italia a completare la formazione in design. Ciò che non trasmettono le famiglie, gli idiomi dei paesi originali, se ne curano di farlo le scuole, numerose anche per la lingua italiana.
Le carte antropologiche vanno continuamente rimescolandosi attraverso migrazioni. Fino alla sorpresa di incontrare, all’aeroporto di San Paulo, Luna. Ragazza felice d’aver ottenuto, nella sue brevi vacanze, un diploma di lingua. Stava salutando mamma, che vive da tredici anni in Brasile, accompagnata dal suo compagno, il cui padre, un signore di 84 anni, sprizza salute da ogni poro. Originario di Foligno, il vecchietto sbrinco se la rideva, dicendo che, lui, dal 1956 sta bene a San Paulo, dove non arriva mai il freddo inverno, che non gli piace. Luna abita al Sodo, due passi da casa mia, e fa la cameriera a Cortona all’Osteria del Teatro. Commentammo con Fernando e Massimo che avessimo dato appuntamento a Luna non ci saremmo trovati così precisi all’imbarco. Stessa ora, stessa fila. Lei, esattamente, davanti a noi.
Le note di viaggio terminano citando due libri che avevo portato come compagnia: Venti di protesta di Noam Chomsky, il vecchio saggio che fa respirare aria fresca di libertà (liberi da armature dogmatiche e dal pensiero mediatico universale dominante); e Bentornato Marx! di Diego Fusaro. Non avendo avuto il tempo di leggerlo, torna indietro intonso come l’avevo portato. Sarà per un altro viaggio?
fabilli1952@gmail.com
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