Kiev è una città bellissima che nonostante abbia subito due volte il passaggio del fronte nella Seconda Guerra Mondiale è riuscita a rinascere senza essere oppressa dai soli casermoni in cemento di epoca sovietica.
Lungi da noi criticare i condomini a nove o cinque piani costruiti nel dopoguerra e che sono riusciti a dare una risposta veloce ad una nazione che necessitava di nuove unità abitative in quei terribili anni. Come spesso accade la funzionalità non sempre si coniuga con l’estetica e se giudicassimo Kiev dalle periferie che si incontrano avvicinandosi al centro non troveremo molte differenze con le periferie di Mosca, Minsk, Erevan, Chisinau o addirittura Vladivostok.
Il centro, con le sue chiese, palazzi, strade, piazze e tanti giardini, fa la differenza. Il quartiere collinare che sorge attorno alla chiesa di Sant’Andrea è decisamente la parte più pittoresca della città. Qui si può trovare, come in ogni città della vecchia europa, l’acciottolato, i mercatini di souvenir, negozi d’arte e la casa-museo di Bulgakov e i luoghi che hanno ispirato “Il maestro e Margherita”.
Appena sotto la collina si sviluppa da un lato il quartiere dove sorgeva il vivace porto fluviale con i suoi magazzini puntualmente recuperati e trasformati in mercati, ristoranti e naturalmente molti negozi moderni, mentre sull’altra parte del declivio si arriva alla famosa Piazza Maidan, monumentale ed austera. Passeggiando per Maidan si respira aria di rivoluzione, voglia di Europa e odio verso la vecchia sorella Russia. Ovunque scritte in ucraino e il giallo-blu della bandiera presente in modo quasi ossessivo. Quindi se da una parte di legge solo scritte in ucraino rimane il paradosso che la lingua più parlata a Kiev sia il russo come del resto ascoltando le radio la gran parte della produzione musicale è sempre la lingua russa. Ulteriore vicenda dal sapore beffardo è che quasi tutti i più famosi cantanti ucraini cantino in questa lingua proprio per continuare a primeggiare nel mercato discografico di Mosca.
Poco distante da Maidan c’è un interessante belvedere che domina il fiume Dnepr dove è collocato uno strano monumento con due nerboruti figuri sovrastati da un monumentale arco. I due tipi sono un ucraino ed un russo che sorreggono i vecchi simboli di epoca sovietica. Il manufatto è il simbolo dell’amicizia tra i due popoli ed è oggetto di discussione politica sul proprio destino. Al momento, nelle ore notturne, l’arco è colorato con i colori dell’arcobaleno per rappresentare il valore della diversità, slogan dell’Eurovison 2017. Inutile fare presente come la comunità russa non abbia gradito la trasformazione del simbolo dell’amicizia tra due popoli nel simbolo della apertura verso la libertà di orientamento sessuale. Ma su questo,in soccorso delle lamentele russe sono arrivate puntuali anche le reazioni, non proprio eleganti, dei movimenti nazionalisti ucraini, parte importante della rivolta di Maidan e che oggi partecipano al governo nazionale.
A parte la questione dell’arcobaleno monumentale, per il resto l’Eurovision non ha trasformato più di tanto Kiev se non per la cartellonistica a tema sparsa in tutta la città e per le strutture temporanee allestite in centro. I prezzi degli alberghi non sono troppo lievitati, nonostante chi tentasse di prenotare un paio di mesi fa trovava prezzi attorno ai 120 euro a camera doppia. Noi abbiamo prenotato negli ultimi giorni cavandocela con 24 euro per una doppia a 150 metri dal polo fieristico che ospita l’Eurovision Song Contest. Era prevedibile che una destinazione delicata come Kiev, capitale della tormentata Ucraina, potesse non essere in grado di attirare le folle di Stoccolma 2016 o Vienna 2015. La città è sicura e non si percepisce, almeno in centro, che a 400 chilometri ad est c’è la linea del fronte e che se il “nemico” volesse sarebbe in grado di colpire anche la capitale. Sembra di stare in un’isola di pace e tranquillità, che noi ci godiamo anche grazie al clima primaverile, regalo non sempre scontato da queste parti.
E mentre la Russia boicotta l’evento per la nota questione Samoilova lasciando aperta una ferita che ha i suoi podromi nelle votazioni finali di anno scorso, l’augurio è che una vittoria italiana, visto che Gabbani è amatissimo sia in Ucraina che in Russia, possa riportare sul palco di questo evento internazionale entrambi i Paesi mettendo fine a molte delle problematiche che hanno regalato un pizzico di tensione in quel di Kiev.
Giorgio Fusberti