Ho letto in queste ore una notizia che ho trovato sconvolgente: un ciclista di Mountain Bike, protagonista anche in gare del nostro territorio, è stato squalificato per 4 anni dopo essere risultato positivo a un controllo antidoping. La sostanza è la Darbepoetina alfa, una sorta di ‘succedaneo’ dell’EPO, l’arcinota eritropoietina che ha devastato il ciclismo negli ultimi anni. La squalifica comminata è di 4 anni. Ebbene: cosa c’è di sconvolgente?
Che l’atleta squalificato non è un vero e proprio professionista, ma poco più che un amatore. La MTB è infatti una disciplina dove non si configurano i caratteri del professionismo e le cui gare, anche quelle di rilievo maggiore, non possono assolutamente essere paragonate, anche sul piano dei premi in denaro, alle principali kermesse ciclistiche mondiali e nazionali
Ho scoperto così, di colpo, forse un po’ da sprovveduto, che ci si dopa anche dove non sussistono questioni economiche rilevanti, popolarità di livello mondiale o medaglie d’oro olimpiche da conquistare.
La questione è grave e merita attenzione: è evidente che la diffusione del doping, che oltre all’inganno sportivo porta con sè conseguenze sulla salute, può sfuggire nuovamente al controllo, come probabilmente accaduto in decenni come i ’70 e gli ’80 del secolo scorso. Sarebbe ancora più grave se si allargasse allo sport di massa, campo nel quale, in effetti, di racconti e dicerie su pratiche irregolari anche per fare la sgambata fra amici alla domenica se ne sentono molte.
Opportuno, quindi, diffondere i controlli a tappeto anche nel campo amatoriale: non solo per motivi sportivi, ma sopratutto come forma di condanna sociale. Siamo in un momento cruciale: la pratica dello sport si sta nuovamente diffondendo con numeri esponenziali (fra runners, ciclisti, triathleti, patiti del fitness e del body building la gente che sta ferma sempre essere sempre meno), aumentano il numero di gare amatoriali ‘a portata di mano’ che permettono di mettersi in gioco e misurarsi con avversari, mentre l’efficacia dei controlli e dei presìdi contro i furbi vede variare la sua efficacia con l’evolversi della scienza medica
E non dimentichiamoci il livello educativo. Perchè è evidente che troppo spesso, fra gli amatori, c’è chi fa sport interpretando l’agonismo in modo sbagliato e guardando più all’immagine che alla sostanza. Certi valori finiscono così per essere persi, mentre il diffondersi di pratiche sportive ‘estreme’, in luogo delle discipline classiche, sostituisce il principio della resistenza fisica al valore del gesto atletico. Che è tecnica ed è talento… e non si acquista col doping