Lo ammetto. Non sono stata a vederlo al cinema, ho aspettato che il Silvio nazionale, nella sua immensa magnanimità, ce lo regalasse gratis. Tutto sommato sono stati soldini risparmiati, almeno la metà, perché il mio dolce amore avrebbe russato tutto il tempo come un compressore nelle poltrone vip del multisala (roba da far vergognare anche una come me, che non si vergogna di niente), per non parlare della settimana seguente infarcita di “che palle, che schifo, che palle, ho dormito tutto il tempo, mi fai sempre vedere film noiosi”.
Dunque, poiché noi siamo personcine risparmiose e morigerate, devo dire che è andata bene così: ci sono film da cinema e altri da divano.
Ma La Grande Bellezza, guardata sul mio LG, mi ha davvero tolto il fiato.
Ci siamo, Ducci critica cinematografica da giornalino scolastico in 3,2,1…
Non mi è sembrata uno squarcio d’Italia: è Roma la protagonista assoluta, una matrigna, l’America di casa nostra.
Roma è una città totalizzante, ti regala la speranza e te la riprende, ti stordisce e ti inghiotte, e il Tevere è saliva, ti culla la peristalsi dei suoi monumenti, palazzi troppo grandi e troppo belli, un lusso indolente e un clima troppo mite.
Devo aggiungere che oltre a questo ci sono le costolette d’abbacchio e lepuntarelle, che grandemente concorrono ad accrescere la bellezza della capitale.
Jep Gambardella l’ho adorato: il suo cinismo, proprio solo di chi è capace di grande sensibilità, perchè i sentimenti non sono per tutti, e le sue giacche che sembrano rubate a Ruggero De Ceglie (quello dei Soliti Idioti, film di indubbia qualità a cui, secondo il mio modestissimo parere, Sorrentino si è ispirato anche per gli interni).
Bob Sinclair e Bizet, fenicotteri rosa e giraffe, cardinali e suore, vedove lussuriose, psicanalisti e botox, spogliarelliste, malattia e morte, discorsi vacui e incredibilmente profondi. E’ Un turbinio, un vortice, tempo dilatato.
Perché ci sono film belli da guardare e da ascoltare, e basta.
Tutto il resto è noia.