Riportiamo di seguito l’interessante intervento di Lorena Pesaresi (Associazione Europa Comunica), ex Assessore politiche ambientali e energetiche Comune di Perugia, nell’ambito del convegno “La Città 4.0” che si è svolto a Cortona lo scorso 10 Marzo. Un evento molto interessante e pieno di spunti. Ringraziamo la dott.ssa Pesaresi per averci inviato questo materiale.
ECONOMIA CIRCOLARE, NUOVA FRONTIERA DEL MADE IN ITALY
L’economia circolare è una grande opportunità per il nostro Paese, per generare crescita, innovazione, nuova impresa e più occupazione.
E’ indubbio che la green economy è la sfida per costruire città smart e uno degli assi portanti della politica industriale italiana e europea. L’economia circolare, inserita più ampiamente nella rivoluzione della green economy, rappresenta l’approccio più efficace per raggiungere livelli alti di sostenibilità ambientale, economica e sociale, investendo nel capitale umano, nei giovani talenti (evitandone la fuga), requisiti fondamentali per essere all’avanguardia in Europa e nel mondo. Ciò che in sintesi significa diventare più competitivi, più innovativi, creare nuovo lavoro, sicuro e durevole in un mercato globalizzato…
Due premesse sono d’obbligo per indicare le priorità da mettere al centro dell’Agenda di governo:
La fiscalità ecologica:servono più sgravi fiscali per chi investe in innovazione, in qualità, in creazione di nuovi settori di lavoro, spostando il carico fiscale dai redditi da lavoro da impresa ai consumi di risorse naturali, di energia e di materie prime, e sulle attività a più alto impatto ambientale, sui consumi di rifiuti (chi più inquina più paga) con appropriati incentivi/disincentivi;
Riformare la fiscalità urbanistica che significa rovesciare la logica perversa che oggi induce ancora molti Comuni, anche a causa delle ristrettezze finanziarie, a incrementare il consumo di suolo, premiando al contrario la riqualificazione delle città, dell’immenso patrimonio edilizio pubblico e privato, storico e nuovo invenduto. Serve un legge, ancora ferma in Parlamento, sul blocco del consumo di suolo, e indirizzi politici coerenti puntando sul recupero dell’immenso patrimonio edilizio esistente (ancor prima che sulle nuove costruzioni), alla sua messa in sicurezza, alla sua manutenzione, conservazione: la base principale per la riconversione dell’industria delle costruzioni oggi in crisi. In sintesi, occorre puntare su una nuova cultura dell”Abitare” e del “costruire” anche nel concepire edifici che “non consumino” ma producano autonomamente energia pulita e risparmio energetico-idrico. Ciò che in sintesi deve diventare patrimonio di un comune “agire”.
Ciò premesso, ringrazio Europa Comunica con il suo Presidente Jean Luc Bertoni, aver messo al centro di questa giornata un tema così importante per condividere un patrimonio enorme di idee, di cose dette, fatte, non fatte e tante ancora da fare, consapevoli che la crescita di città sostenibili, acquisterà slancio solo quando le riforme verdi riusciranno a coinvolgere tutti gli attori del processo politico e decisionale, in una visione comune tra livelli istituzionali, territori-comunità e imprese, soprattutto in quelle azioni e dinamiche che riescano a trasmettere alla popolazione la voglia di cambiare.
Una priorità chiave dell’economia circolare è quella della riduzione e dell’efficienza nell’uso delle risorse e nella produzione di rifiuti. L’obiettivo “rifiuti zero” in Italia non e oggi solo un orizzonte culturale, lontano per alcuni, ma una possibilità tecnologica in grado di dare forza e competitività alla nostra economia. Per renderla concreta è necessaria un’alleanza tra cittadini, istituzioni ed imprese, a partire da esperienze gia in atto. Il futuro dei rifiuti e già tra noi. E’ un futuro che parla più di risorse che di costi, di innovazione (nella raccolta, nel trattamento, come nell’industria di riciclo e nella manifattura) invece che di inefficienze.
La rivoluzione Waste End si realizza attraverso misure per rendere più smart la raccolta differenziata: quella delle frazioni principali e anche dell’abbigliamento, l’arredamento, le apparecchiature elettriche ed elettroniche (fonte preziosa di materia prima), anche attraverso una combinazione di centri di raccolta, reverse collection, raccolte su appuntamento (Realacci in/I Quaderni di Symbola) .
La prima sfida vera è il superamento delle discariche, è far diventare questo tema uno dei principali fronti di azione dell’agenda di governo dei prossimi anni, sfruttando le interazioni positive con le prospettive di Industria 4.0, le misure sugli acquisti verdi già contenute nel codice appalti e nel collegato ambientale, i fondi comunitari disponibili per sostenere l’innovazione per l’economia circolare come Horizon 2020″.Un treno che l’Italia non può perdere di nuovo. Nel 2017 ricorre il ventennale (1997-2017) della grande prima Riforma Ronchi sulla gestione dei rifiuti (D.Lgs 22/1997) che sanciva e regolamentava già allora i due principi fondativi della riforma:
Il passaggio dal sistema discarica” al “Ciclo integrato dei rifiuti, quello che appunto chiamiamo oggi economia circolare;
Chi più inquina più paga.
Oggi le nuove direttive rifiuti-circular economy sono ancora più impegnative. Certamente non siamo all’anno zero: i risultati dopo 20 anni sui rifiuti ci fotografano una situazione in netto avanzamento, ma ci sono ancora molti aspetti da migliorare per arrivare a chiudere il “cerchio” della gestione integrata dei rifiuti.
Cosa significa tutto questo? come fare? o meglio come realizzare e chiudere questo CERCHIO?(combinando tutti gli anelli del ciclo produttivo). “L’energia che usiamo e i prodotti che consumiamo (dai quali generiamo rifiuti), derivano in larga parte dal consumo di risorse naturali il cui tempo di rigenerazione è estremamente più del tempo di vita dei prodotti che tali risorse andranno a formare.. I processi produttivi e i consumi stessi sono perciò definiti “lineari” e “dissipativi”, fondati sui principi del “prendi-usa-getta”. Un modello vecchio, pericolosissimo e che ha un impatto non più sostenibile sull’ambiente in cui viviamo; un tipo di economia basata sulla produzione di enormi quantitativi di materie prime ed energia a basso costo e facilmente accessibili e sulla irragionevole fiducia di poter produrre e gestire sempre più rifiuti.
Ma allora come possiamo continuare a garantire crescita e benessere alle generazioni che verranno senza consumare tutte le risorse disponibili? Come si può preservare l’ambiente, garantire la salute, e ricercare al tempo stesso lo sviluppo economico necessario per assicurare a tutti lavoro, prosperità e benessere?
Ecco, l’economia circolare si basa su un concetto molto semplice ma ancora difficile (evidentemente) da applicare: si basa sul ripristino e sulla rigenerazione, sul riutilizzo, sulla manutenzione e conservazione del bene comune, con l’obiettivo di limitare l’uso di risorse vergini e mantenere il valore economico e l’utilità dei prodotti, componenti e materiali più a lungo possibile. Soltanto in questo modo si può disaccoppiare la crescita economica dal consumo di risorse (che troppo spesso per noi coincide anche con la produzione di rifiuti), riducendo l’impatto ambientale delle nostre azioni e creando anche nuovi posti di lavoro… Questa è la nostra cultura di “Ambiente condiviso”, ambiente come opportunità, come sostenibilità economica, sociale, come volano per il turismo, e fonte di occupazione, non come vincolo/limite …
Nel nostro vivere quotidiano, il metodo ReSOLVE (Richard Bolstad) che porto ad esempio per comprendere bene di cosa stiamo parlando.. Il segreto per ottenere risultati non sta nei processi stessi, ma in ciò che accade prima e dopo di essi.
La tecnica Resolve indica sei aree di intervento, all’interno delle quali far ricadere le nostre scelte per implementare in modo più semplice ed efficace l’economia circolare:
(Regenerate) RIGENERA: riutilizzando i materiali usati, favorendo le energie rinnovabili, restituendo le risorse biologiche alla biosfera conservando la salute ambientale;
(Share) CONDIVIDI: condividendo assetts (risorse) come automobili o altri mezzi di trasporto, gli spazi di lavoro o gli strumenti, riutilizzando e scegliendo prodotti di seconda mano, prolungando la vita utile, facendo manutenzione, prevedendo il riutilizzo e l’upgrade (aggiornamento) già dalla progettazione dei prodotti (es..imballaggi biodegradabili);
(Optimize) OTTIMIZZA: aumentando le performance o l’efficienza dei prodotti, rimuovendo gli sprechi nella produzione e nella catena di distribuzione (acqua, materie prime), sfruttare al massimo il potenziale dell’automazione e del remote sensing, di open data e big data;
(Loop) RICICLA: reimmettere nel ciclo produttivo prodotti o componenti di prodotti, riciclandone i materiali, compostando o estraendo biocarburanti dai rifiuti organici;
(Virtualise) DEMATERIALIZZA: dematerializzando direttamente (es. libri, cd, dvd..) o indirettamente (es. shopping online, email, anziché posta cartacea…);
(Exchange) SOSTITUISCI: rimpiazzare i materiali non riutilizzabili/differenziabili, utilizzando le nuove tecnologie (stampa 3D), scegliendo prodotti/servizi alternativi (es. trasporti intermodali, auto elettriche, bike sharing, car sarhing, carpooling).
E’ in tale contesto che la politica deve saper fare la politica puntando realmente sulla prevenzione e riduzione a monte; ripensando i materiali e i processi produttivi al fine di creare meno scarti e quindi meno rifiuti; lotta agli sprechi a partire da quello alimentare; Riuso e recupero dei materiali(spostando gli obiettivi dalla raccolta differenziata sull’effettivo recupero dei materiali, individuando criteri per la tariffa puntuale, stabilendo degli standard di efficienza su cui migliorare la logistica e l’impiantistica per il recupero di materiali….)
Aspetti, questi su cui bisogna ancora fare molta chiarezza, perché citando ancora Ermete Realacci (Quaderni di Symbola dati 2015) “..a guardarlo oggi, quello dei rifiuti italiani appare – e a ragione – un sistema complicato, intricato e assai spesso inefficiente. Non solo per le differenze locali nella raccolta differenziata ma, peggio, ancora per l’inaccettabile degrado cui, periodicamente, alcune città vengono abbandonate. L’esito più vistoso di questa inefficienza di sistema si rileva nei costi del servizio, e si vede ad esempio anchenella bassa qualità dei trattamenti. I trattamenti meccanico-biologici (TMB) sono effettivamente ‘biologici’ solo in due casi su tre, mentre, per il resto, o sono solo dei trattamenti preliminari all’incenerimento o sono dei cosiddetti “tritovagliatori” privi di effettivo significato sotto il profilo ambientale e tecnologico, nati come interventi di emergenza e poi irrazionalmente consolidati.
Oggi facciamo raccolta differenziata per circa 13 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui una quota di poco inferiore al 20% finisce, comunque, in discarica o a generare energia. Raccogliamo separatamente i rifiuti ingombranti, inclusi le parti tessili (in primo luogo materassi, moquette, tappeti), e poi li avviamo a smaltimento.
Eppure! L’Italia è il principale produttore di materassi su scala europea.
Così come siamo uno dei grandi produttori di macchine per l’industria meccanica o per settori come l’industria tessile o alimentare: eppure nei settori di punta dell’industria del riciclo degli urbani siamo sostanzialmente dipendenti da tecnologie norvegesi e tedesche. Mentre la nostra grande competenza in materia potrebbe tradursi nella nascita di una industria nazionale della selezione delle materie seconde, visto che molte tecnologie di separazione o di riconoscimento sono del tutto analoghe.
Nonostante ciò abbiamo forza e talenti per cambiare le carte in tavola. Dai picchi di efficienza toccati nel settore delle raccolte porta a porta – che sia a Ponte nelle Alpi o a Salerno – ai primati di Milano, che è, insieme a Vienna, in cima alla classifica delle metropoli europee (sopra il milione di abitanti) per raccolta differenziata, e, fra le grandi città, ha il primato mondiale per numero di persone servite dalla raccolta dell’organico.
Siamo stati precursori, a livello mondiale, nell’introduzione del divieto di commercializzazione delle buste per la spesa monouso non compostabili, con un significativo incremento della qualità dell’organico raccolto ed un minor aggravio di costi per gli impianti di trattamento (nello smaltimento degli scarti generati dalle plastiche non compostabili) e le municipalita ed i gestori del servizio di raccolta (nella riduzione dell’onere di distribuzione dei sacchetti compostabili alle utenze).
Siamo campioni europei nel riciclo industriale: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti, in Italia ne sono state recuperate 24,1 milioni, il valore assoluto più elevato tra tutti i Paesi (in Germania sono state recuperate 22,4 milioni di tonnellate). Il settore del recupero dei materiali in senso stretto ha performance brillanti. Cresce a ritmi ben superiori a quelli dell’industria manifatturiera nel suo insieme, nonostante la crisi. Nel periodo 2008-2011 (e i dati provvisori sugli anni successivi confermano) cresce il numero delle imprese (+7%), aumenta il valore aggiunto (+40%) e crescono gli occupati (+11%). Addirittura, nonostante una presenza ancora consistente di piccoli operatori, il settore presenta un tasso di investimenti (sia in rapporto al valore aggiunto che per addetto) superiore alla media del settore manifatturiero (rispettivamente il 22% e il 37% in più); in particolare negli investimenti in brevetti e licenze (il 6% del valore aggiunto contro il 4%).
Ecco io penso convintamene che sia questa la linea dello Start e dello Smart da seguire per rilanciare il nostro sistema di gestione rifiuti e farne un pezzo trainante dell’economia, dell’industria, dell’innovazione. Partendo dalle capacita, dalle tecnologie, dalle migliori pratiche già in campo, dalle imprese che sono già oggi in prima linea a livello internazionale.
In campo ci sono non solo vantaggi ambientali – minor consumo di risorse, minor consumo di territorio, minori emissioni: il nuovo sistema di gestione dei rifiuti può evitare emissioni climalteranti per quasi 19 milioni di tonnellate di CO2, più del 4% delle emissioni nazionali – ma anche rilevanti vantaggi economici, soprattutto in un Paese già dotato della più forte industria manifatturiera del riciclo d’Europa. In sintesi, in termini di contenimento dei costi complessivi dei servizi di gestione dei rifiuti, parliamo di una rivoluzione che porta con sé nuove imprese, e generazione di nuova occupazione.
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