Curiosità Cortonesi

Quel drammatico Carnevale a Cortona, anno 1511…

Cortona, Carnevale dell’anno 1511 mercoledì 26 febbraio,  vigilia del Berlingaccio, il giovedì grasso.   “Berlingaccio, chi unn’ ha ciccia ammazzi il gatto” recitava  riferendosi a quella giornata un detto dell’antica tradizione popolare toscana. Un giorno gioioso in cui sarebbe stato lecito, anzi doveroso, abbuffarsi e bere a volontà. Nell’attesa dell’arrivo della piacevole occasione di far baldoria, una folla di  Cortonesi e di “forestieri” erano accorsi in quell’ampio salone di Palazzo Casali  che è tuttora detto “Sala del Biscione”.

Non c’era un altro salone pubblico altrettanto grande, in Cortona e nei paesi limitrofi, dove, “a pago”, il pubblico potesse accedere in così gran numero.

Lì, che veniva definita anche “la sala dove si fanno le commedie”, quella sera, prima che avessero inizio i balli di uno dei tanti veglioni che tradizionalmente si tenevano in città nel periodo compreso tra le feste natalizie e il mercoledì delle ceneri, si sarebbe dovuta rappresentare una divertente pièce tratta da un’opera di Plauto tradotta in volgare: Menecmi.

Ma proprio quando la sala erà già affollattissima di gente… il palco e le volte che reggevano il pavimento crollarono e, così come riferisce Silvestro Paserini, testimone oculare dell’accaduto, “dicta aula … ruit usque ad fondamenta…” che secondo la mia maldestra traduzione dovrebbe significare:   “…detto salone sprofondò … fino alle fondamenta… e perirono in quella sala tredici persone tra maschi e femmine e molti rimasero feriti…”  “…e io Silvestro Passerini ero presente e la morte era davanti ai miei occhi ma per grazia di Dio  ne uscii  sano e salvo”.

Silvestro Passerini non è l’unico a riferirci l’episodio che ritroviamo infatti in:

1511 Adì 26 Febbraio in mercoledì il dì nanzi Berlingaccio. La sala grande del Palazzo del Capitano di Cortona detta la sala del Biscione cadde adì detto che uera adunata molta gente homini et donne per ueder una Commedia che douea recitare chera la commedia de Menechmi di Plauto tradotta, come fu al uoler cominciare cascho il palco e sfondo le volte de sotto caddero più et donne ne morirono 13 et molti seferirono” (Biblioteca Accademia Etrusca: “Stratti copiati da Francesco Vagnucci Cortonese )

e ancora

“Adì 26 febbraio 1510 (1a datazione diversa perché calcolata in base al computo dello stile fiorentino) cadde la sala del Biscione vi morsero 15 persone” (BIBLIOTECA ACCADEMIA ETRUSCA )

Era però talmente sentita l’esigenza di avere un luogo pubblico dove dilettare l’animo ascoltando musica e cantate, assistendo a rappresentazioni teatrali e allietandosi con piacevoli danze che appena un mese dopo, ed esattamente il 27 Marzo 1511, i Priori della città si erano già riuniti per decidere la  pronta ristrutturazione della sala.

Perderei di vista lo scopo che, cogliendo l’occasione della quasi perfetta coincidenza di date con il tragico Berlingaccio del 1511,  mi aveva spinta a riportare qui, proprio così come li avevo trovati navigando nel web, i resoconti  pubblicati in alcune antiche Gazzette Toscane relativi ad  altri Carnevali  settecenteschi  svoltisi al Biscione – questi per fortuna perfettamente riusciti – e cercherò pertanto, lo prometto,  di non divagare troppo.

Anche dopo la sua ricostruzione e ancora per lungo tempo l’aspetto del Sala per far commediefu però talmente inusuale e curioso rispetto a come noi moderni siamo abituati ad immaginarci un teatro che non posso far a meno di descriverlo anche se in poche parole che di sicuro non renderanno giustizia alla sua storia gloriosa.

Credo infatti  che anche a voi, come a me, apparirà strano che un locale che si definiva teatro potesse avere una pianta rettangolare, ma ciò non era poi così inusuale all’epoca. Non esistevano infatti allora edifici progettati e costruiti esclusivamente per tale uso, se non in pochissime grandi città che, per la presenza delle famiglie regnanti, erano sedi di teatri regi.

Ed era anche più che normale il fatto che il salone fosse completamente in legno e quasi del tutto vuoto, senza palchetti e senza strutture fisse. Perché gli spettatori potessero sedersi, prima degli spettacoli venivano sistemate nella “platea” numerose file di  panconi che venivano prontamente rimossi con l’inizio delle danze.

Ciò che invece rendeva singolare e veramente problematico lo svolgimento delle attività culturali e ricreative  in quell’ampio ambiente era la sua collocazione nel Palazzo Pretorio, il Palazzo che dopo la caduta della famiglia Casali era divenuto la sede ufficiale del Commissario, una sorta di magistrato che per conto dei fiorentini amministrava la giustizia penale e civile in città.

Il salone, concesso in uso  dal Commissario all’Accademia degli Uniti, si trovava infatti non solo ad esser contiguo con gli ambienti e gli uffici  riservati al Commissario stesso ed al personale alle sue dipendenze, ma addirittura direttamente comunicante con le prigioni  e ciò senza che vi fosse modo di isolarlo con porte o “catorci”. Proprio nel salone adibito a luogo per le rappresentazioni era oltretutto presente  la “Giesuola” la Cappella  frequentata dai carcerati poiché costruita appositamente “per loro conforto”.

Peccato che negli archivi cittadini non sia stato possibile reperire piantine, progetti o descrizioni che ci diano delle certezze assolute, e che solo  grazie a memorie indirette e accenni reperiti su documenti di varia natura, si sia arrivati ad immaginare come gradualmente si trasformò il Biscione  in seguito ai continui lavori di adattamento e alle ristrutturazioni talvolta piuttosto radicali a cui fu sottoposto  nei  tre secoli successivi alla sua prima ricostruzione seguita alla catastrofe del 1511.

Si sa comunque che dopo l’ultimo e definitivo intervento di maquillage operato tra  il 1773  ed  il 1774,  il salone aveva finalmente raggiunto l’aspetto di un perfetto esempio di “teatro all’italiana” strutturato ancora in parte in legno ma anche in muratura, dotato di 45 palchetti decorati  finemente con gli stemmi delle famiglie nobili che li possedevano e  disposti in tre ordini, fornito perdipiù di alcuni locali che ai giorni nostri definiremmo camerini per gli artisti  e toilette, uno stanzino destinato a caffè.

Fu così, come ho esattamente riportato sotto che la Gazzetta Toscana fece balzare agli onori della  cronaca  la notizia relativa allo spettacolo tenutosi al Teatro del Biscione in occasione dell’inaugurazione: (1)

 GAZZETTA TOSCANA anno 1774 N. 20 (Vol.9 pag. 78)

CORTONA 2 MAGGIO

La sera del dì primo corrente andò in scena in questo nuovo teatro il Dramma giocoso intitolato “La villanella incostante” la cui musica è composizione del celebre Sig. Gennaro Astaritta, Maestro di Cappella Napoletano, dal quale essendo stata diretta riuscì meravigliosa, e fu bravamente eseguita dalla compagnia degli Attori che vi operano. Questo spettacolo è decorato dai balli, e da un vago, e ricco vestiario, che rende assai piacevole questo divertimento, al quale concorrono diversi Nobili Forestieri

E sempre consultando la stessa Gazzetta regionale veniamo a sapere che il primo Carnevale susseguente all’inaugurazione i Cortonesi e “molti forestieri”  non persero l’occasione di festeggiare al Biscione  il Carnevale: (2)

GAZZETTA TOSCANA  anno 1775 N. 12 (vol 10 pag. 48)

CORTONA 15 MARZO:

“Finì il 28 dello scorso lietamente il nostro Carnevale con una festa di ballo nel nostro Teatro, ove il concorso delle maschere fu veramente straordinario, essendosi avuto il piacere in quell’occasione di vedere molti forestieri

e dalla stessa fonte siamo informati del fatto che con “universal gradimento” altrettanto fecero nell’anno 1786: (3)

GAZZETTA TOSCANA ANNO 1786  N. 10  (vol 21 pag 38)

CORTONA 28 FEBBRAIO

Nel corrente Carnevale una comitiva di giovani Nobili ha divertito questo pubblico, con varie rappresentanze tragiche, e comiche, eseguite nel Teatro dei Sigg.ri Accademici Uniti con somma decenza e decorate di ricchi vestiari. Questa virtuosa occupazione ha incontrato l’universal gradimento non tanto per l’accesso gratis generalmente conceduto, quanto per la comica amabilità e per lo spiritoso discernimento dimostrato dai Nobili attori”.

Auguro a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggermi un fine carnevale pieno di gioia e spensieratezza e consiglio a chi volesse conoscere maggiori e più approfonditi particolari sulla storia del glorioso Teatro del Biscione e su quella delle attività in essa organizzate dai nobili membri dell’Accademia degli Uniti, di consultare le pagine espressamente dedicate dalla dott.ssa Patrizia Rocchini  a tali argomenti nel volume “Il teatro Signorelli di Cortona” (4), validissimo testo che oltre ad avere un vero e proprio valore scientifico per la ricerca minuziosa e seria operata direttamente sulle fonti dell’epoca, è reso scorrevole e di piacevole alla lettura grazie alla dovizia di particolari e di episodi curiosi in esso riportati dall’autrice e  che grazie alle copie dei documenti, le locandine relative agli spettacoli tenutisi e alle ricostruzioni grafiche di cui è corredato  riesce a trascinare il lettore nello spirito e nell’atmosfera di quei secoli.

NOTE:

1)    https://books.google.it/books?id=_JBHAAAAYAAJ&pg=PP59&lpg=PP59&dq=

2) https://books.google.it/books?id=4pFHAAAAYAAJ&pg=PA38&lpg=PA38&dq=

3) https://books.google.it/books?id=Gh0NAAAAYAAJ&pg=RA3-PA79&lpg=RA3-PA79&dq=

4) “Il teatro Signorelli di Cortona” Pietro Matracchi, Patrizia Rocchini, Eleonora Sandrelli  Tiphys Edizioni 2016

Antonella Scaramucci

Vi chiederete il perchè di questa foto. Beh, prima di tutto perchè crescendo sono peggiorata. E poi perchè, dovendo parlare di Pinocchio e delle origini cortonesi di Collodi, è bene tornare ai tempi in cui il mio babbo Folco me lo leggeva alla sera, facendosi (pure lui) delle grosse risate

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Antonella Scaramucci

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