“Pinocchio è uno dei libri più venduti: nel mondo, ne sono stati pubblicati milioni di esemplari e solo in Italia, sino agli anni 2000 erano uscite più di 180 edizioni illustrate: e ogni anno si aggiungono nuove edizioni. L’opera è stata tradotta in più di 240 lingue e dialetti, tra cui il sardo e il maltese, il napoletano e il dialetto svizzero; ne esistono anche due versioni in latino…” (1).
Se mai ne avessi avuto il dubbio, le affermazioni della Dott.ssa Rossana Dedola, una studiosa già ricercatrice e docente della Scuola Normale di Pisa, analista e didatta supervisore dell’Istituto C.G.Jung e dell’International School of Analythical Psycology di Zurigo, appassionata ed esperta di tutto ciò che possa riguardare quel Carlo Lorenzini che dopo esser stato un apprezzato giornalista per gran parte della sua vita, divenne poi il Collodi scrittore di libri per ragazzi, mi hanno tolto ogni possibile dubbio.
La scrittrice che ha più volte pubblicato volumi sul Lorenzini (2) (3) e che ha anche organizzato convegni nei quali scrittori di fama internazionale insieme a critici e psicoanalisti provenienti da ogni continente, hanno analizzato minuziosamente in ogni suo possibile aspetto il capolavoro collodiano che troppo semplicisticamente è considerato un classico della letteratura per l’infanzia, con le sue parole, mi ha definitivamente convinto: se anche fosse possibile che esista al mondo una casa in cui non è mai entrata neanche una copia de “Le avventure di Pinocchio”, è assolutamente improbabile che questa sia una casa italiana.
E ogni casa di Cortona, ne sono sicura, ne custodisce ben più di una copia: di edizioni le più diverse, da quelle più economiche a quelle più raffinate, illustrate da disegnatori poco conosciuti o da artisti importanti, italiani o stranieri, esemplari arricchiti da piccole riproduzioni dell’indocile burattino in legno oppure in stoffa, o con simpatici pop up o con chissà quale altro marchingegno frutto della fantasia umana.
Nessuna di queste però, senza ombra di dubbio, che sia stata impreziosita da dediche autografate, schizzi e scorci di paesaggi tratteggiati sulle sue pagine, in originale, da quei personaggi del mondo dell’arte o della letteratura che negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso erano di casa nella nostra città.
Neanche una, insomma, come quell’esemplare unico che un mio coetaneo, Mario Matracchi, ormai da anni trasferitosi altrove per motivi di lavoro, ha sempre ricordato di portare con sé e che non ha mai trascurato di conservare con affettuoso rispetto.
In quel volume infatti, tra gli altri, personaggi dallo spiccato genio artistico come Gino Severini, Libero Galdo, Rina Maria Pierazzi, Donatella Marchini, Alessandro Lisi hanno lasciato un segno tangibile del loro affetto per lui.
Scusate del poco..
“A te piccolo Mario il ricordo e l’affetto di una vecchia amica. Rina Maria Pierazzi Cortona 25 Ottobre 1960” queste, ad esempio le parole scritte sul Pinocchio di Mario, appena sotto la foto che lo ritrae bambino, da Rina Maria Pierazzi , una signora che aveva avuto un ruolo di spicco nella cultura femminile dei primi decenni del 1900 ma che, trasferitasi a Cortona fin dal 1936 per devozione a Santa Margherita, aveva dimostrato di avere, in tempo di guerra, il coraggio di una leonessa che vede i suoi piccoli minacciati da un terribile predatore.
“Rina Maria Pierazzi, scrittrice e romanziera di grande sentimento e di larga fama, da più anni graditissima e benefica ospite del popolo cortonese” così la descrive Pietro Pancrazi ne “La Piccola Patria” per ringraziare la signora che tutti i cortonesi di una certa età ricordano ancora come una signora “dai modi squisiti e dal portamento elegante”.
A Pietro Pancrazi Rina Maria Pierazzi aveva infatti concesso di pubblicare alcune pagine del suo diario di guerra nel volumetto in cui lo stimato scrittore nonché critico letterario aveva raccolto, insieme alle memorie dei giorni bui del “passaggio del fronte” e di quelle dei giorni festosi in cui era avvenuta la liberazione ad opera dell’esercito degli “alleati”, le cronache che erano state redatte, su precisa richiesta dell’allora Vescovo Mons. Franciolini, dai parroci delle varie frazioni disseminate nel territorio cortonese. Insieme a queste Pancrazi aveva inserito i racconti da altri protagonisti di azioni di resistenza al nemico (4), nonché alcune toccanti testimonianze stilate di personaggi illustri del mondo culturale che in Cortona erano sfollati ed ospitati in casa dello stesso Pancrazi. (5)
Giorni drammatici in cui la scrittrice aveva dimostrato di saper essere ben più che una “raffinata gentildonna di altri tempi”.
La signora dai modi gentili e dal nobile portamento, che viveva su in “Poggio” nella casa quasi di fronte al cosiddetto “Pozzo Tondo”, la stessa che in passato era stata la dimora di Pietro Berrettini, era nata ad Acqui nel lontano 1873 ed era stata per lunghi anni oltre che una apprezzata giornalista e conferenziera, una conosciuta scrittrice di poesie e di più di 80 romanzi, molti dei quali per ragazzi e fanciulle, ed era stata, dal 1917 al 1935, la Direttrice di “Cordelia” una ben nota rivista per “giovinette”.
Chi avrebbe mai pensato che la fondatrice di quel Circolo culturale per “signorine della buona società” fondato a Firenze con il nome di “Salotto per Cordelia”, il primo tra i tanti che poi, in breve tempo, si diffusero in molte altre città d’Italia, con un insospettabile risolutezza ed audacia, senza un minimo di timore per la sua incolumità avrebbe, non solo ospitato nella sua casa bambini e persone che avrebbero altrimenti dovuto vivere in luoghi continuamente sottoposti a rischiosi bombardamenti, ma avrebbe anche accolto e nascosto in quella stessa casa a chi si rifiutava di “prender le armi e scendere in campo al fianco dei tedeschi”, a coloro che erano “presi di mira dai nazi-fascisti”, a soldati tedeschi che non volevano più combattere per Hitler, e a soldati americani o a partigiani “sfuggiti dalle grinfie dei tedeschi” , nascondendo perdipiù, in quella stessa casa, un certo numero di bombe a mano, e mitragliatrici, e perfino una radiotrasmittente rubata al nemico?
“…Moltissimi si danno alla macchia e cercano dovunque uno scampo per non sottostare all’obbrobrio. Bisogna aiutarli ed aiutare il fronte clandestino, sottrarre tante giovinezze ai padroni nazi-fascisti . Agirò senza esitazioni, senza paura a salvare più soldati che si può, più perseguitati che si può; combattere contro i tedeschi con qualunque arma, con qualunque mezzo.”(6) scriveva in questo suo diario di guerra.
Niente male per una signorina che, per anni e anni, con il suo giornale e con i suoi “salotti” si era prefissa di svolgere quel ruolo educativo utile ad instillare nell’animo delle fanciulle dell’Italia borghese i principi basilari cui far riferimento per divenire mogli impeccabili e madri perfette…
“Al caro bambino Mario Matracchi in ricordo di questa mia visita nella quale fui l’oggetto di tante gentilezze. Cortona 17 Luglio 1957 – Gino Severini”
aveva già scritto qualche anno prima il pittore, che solo per brevità definirò “futurista”, su quella stessa copia di Pinocchio, ed aveva lasciato a Mario, poco sotto la propria firma, una testimonianza della sua arte “vergando” appositamente per lui uno schizzo, segno inconfondibile della sua mano d’artista.
Il Severini, non credo proprio necessario che io mi dilunghi in inutili spiegazioni sui motivi che resero universalmente noto il pittore cortonese di nascita e parigino di adozione, era solito, nei suoi soggiorni cortonesi, frequentare e trattenersi a conversare nella cartolibreria di Via Nazionale di proprietà del babbo di Mario, e lì incontrava talvolta il bimbo che amava fermarsi nel negozio paterno e colloquiare con i clienti.
E fu proprio lì in quella libreria che Libero Galdo, poté conoscere l’artista vivendo un’esperienza divenuta per lui indimenticabile, un evento straordinario per chi come lui che considerava Severini “un grande maestro dell’arte contemporanea”.
Un ’occasione che, lo ripeterà spesso nelle numerose interviste rilasciate, divenne la svolta decisiva per la sua vita di artista tanto da sentire la necessità di render note a tutti nel racconto “Il mio incontro con Gino Severini” le fortunate circostanze grazie alle quali, da cultore di arte fino ad allora dedito alla scultura e all’epoca ancora molto insicuro delle proprie possibilità nel campo della pittura, potè non solo far conoscenza ed entrare in confidenza con il Maestro, ma anche mostrare alcuni esempi della propria “tecnica” a colui che riteneva “un insigne personaggio dell’arte , non solo italiana, del novecento” e da lui ricevere, cosa eccezionale, sinceri incoraggiamenti a continuare in quella forma d’arte.
Pareri lusinghieri considerato che a darli era un “Maestro così prestigioso”, consigli e raccomandazioni di cui il Severini sembra esser stato, invece, assolutamente avaro nei confronti di altri suoi aspiranti “colleghi”.
Perché quell’incontro apparentemente casuale accadesse, però, non il caso, ma la volontà e lo spirito d’iniziativa dell’artista napoletano si erano date da fare… “Aiutati che Dio ti aiuta..” recita infatti il famoso proverbio..
E Libero Galdo la fortuna l’aveva aiutata quando, nell’estate del 1959, decise di prendere per qualche tempo in affitto un’abitazione in Cortona e di trasferirsi lì, nei pressi delle mura etrusche, insieme alla giovane moglie e alla loro bambina, proprio perché una sua collega napoletana, Elena Cappiello, gli aveva garantito che, alla fine di Luglio, Severini si sarebbe trovato in Cortona e che di sicuro, prima o poi, il pittore si sarebbe soffermato nella libreria Matracchi.
Bastò infatti un po’ di pazienza e il generoso intervento del babbo di Mario perché l’incontro avvenisse e che dall’incontro nascesse da parte dell’artista cortonese un rapporto di amichevole stima nei confronti del pittore napoletano che per tutta la vita ha considerato quell’episodio il fausto avvenimento che ha gli ha dato la forza e la costanza di continuare a crear arte con pennelli e colori.
Libero Galdo, che scegliendo di seguire i gratificanti incitamenti di Severini sarebbe divenuto nei decenni successivi uno dei più rinomati rappresentanti dell’ “Esasperatismo”, grato al padre di Mario che tanto gentilmente aveva favorito il fatidico incontro con il Maestro, prima di ripartirsene da Cortona volle lasciare anche lui sul libro del bimbo un disegno ed una frase che più che una dedica può considerarsi un monito: “Umanizzare la materia per fare gli uomini più buoni. Cortona, Agosto 10 1959”.
Una frase emblematica, il modo più eloquente e immediato per render comprensibile la filosofia che, fin da allora, Galdo intendeva sottendere alla propria arte, e che anni più tardi fu così spiegata dal critico d’arte Bruno: “ .. (Galdo)ha saputo prevedere e interpretare l’attuale deriva verso l’esasperazione di rapporti umani, della scienza e della tecnologia incontrollata, vero precursore e prosecutore di un’arte di testimonianza di protesta, di denuncia..”
Può essere orgoglioso il mio amico Mario Matracchi: nel corso dei lunghi anni trascorsi dal 1959 al momento della sua morte avvenuta nel 2016, l’artista napoletano non ha mai cessato di ribadire quanto l’incontro con il “Maestro” cortonese, avvenuto proprio nella libreria di Via Nazionale, sia stato positivamente determinante nel tracciare il suo fortunato destino artistico.
Sul libro di Mario, poi, Donatella Marchini, altra apprezzata pittrice che amava alternare la sua vita nella capitale con i lunghi soggiorni presso la bellissima casa paterna, la cosiddetta Villa Moscaia posta poco più su del Torreone, artista che oltre alle numerose mostre delle sue opere tenutesi in Roma ha esposto le sue opere nel corso di una importante Mostra a Palazzo Casali, ha disegnato per Mario un’ immagine che ritrae due giovani sportivi: un pallavolista intento a rilanciare in volo la palla ed una fanciulla che fa roteare un cerchio. Il tutto sotto l’immagine del povero Mastro Ciliegia caduto a terra per lo sconcerto e – diciamolo pure – la paura di aver sentito più volte uscire da quel pezzo di legno da cui avrebbe voluto ricavare una gamba di tavolino quella vocina sottile sottile che lo implorava di non picchiar troppo forte..
Alessandro Lisi , da parte sua, ha poi arricchito la già preziosa copia delle Avventure di Pinocchio di Mario riproducendo per lui con matite di vari colori, e secondo me, con eccellente mano d’artista, un grazioso scorcio della città: la zona di San Benedetto con tanto di cupola della chiesa di San Filippo che si staglia sullo sfondo.
E questo su una delle pagine più commoventi del libro, quelle che solo un adulto, se genitore, può capire.
Una di quelle che rende grande Collodi a cui bastano poche frasi e pochissime parole per comunicare empaticamente al lettore quel sentimento doloroso ma anche struggente che è, il sentimento universalmente noto, ahimé, ai padri di tutto il mondo che, anche se preoccupati, abbattuti, offesi, umiliati dalle monellerie, dalle intemperanze o dalle ingratitudini dei figli, tutto si sforzano di capire, tutto arrivano a tollerare, e , fatto ciò, tutto perdonano e infine dimenticano.
Non si lamenta mai Geppetto, ma noi capiamo lo stesso: vuole illudersi che non accadrà, ma sa già benissimo che quei piedi nuovi serviranno al burattino per commettere la prossima monelleria, e che quel “figlio di legno” che lui si è costruito con le sue stesse mani, proprio come tutti i figli del mondo, alla prima occasione non mancherà di deluderlo ancora. Ma il povero falegname, come tutti i padri del mondo, per amore, venderà la sua giacca rattoppata per comprare un abbecedario, cadrà nelle fauci della balena per inseguire il burattino dopo la sua ennesima bricconata ecc..ecc..ecc..
Un amore paterno così disarmante che commuove i grandi molto più che i piccini, ancora più toccante se si tiene conto che a narrarcelo così magistralmente è un uomo, Collodi, che non ha mai avuto modo di veder crescere un figlio proprio nella sua casa.
———————————————
note:
1) Rossana Dedola: Pinocchio e Collodi- Bruno Mondadori 2002
2) Rossana Dedola: Pinocchio e Collodi sul palcoscenico del mondo – Bertoni Editore- 2019
3) Rossana Dedola – Mario Casari “Pinocchio in volo tra immagini e letterature” – B
4) Bruno Valli, Ugo Procacci, Cesare Rachini e alcuni personaggi di cui vengono riportate solo le iniziali come R.M., S.F., N.O.
5) Giacomo De Benedetti Orengo, Nino Valeri, Renata De Benedetti Orengo
6) “La Piccola Patria – Cronache della guerra nel Comune di Cortona Giugno Luglio 1944 raccolte da Pietro Pancrazi” – Accademia Etrusca Cortona – Cortona Stabilimento Tipografico Commerciale 1946 – Ristampe 1984 e 2002 Calosci Cortona.