Erano le mie amiche di lockdown.
Qualcuno, e spero sia stato un animale, se le è mangiate. E si è mangiato anche le loro uova.
So benissimo che le foto sono brutte e non sarebbero degne di essere pubblicate, ma sono le uniche testimonianze che restano degli unici esseri viventi con cui in questo periodo di obbligatorio e deprimente distanziamento sociale mi soffermavo a “chiacchierare” – si fa per dire – senza paura di costituire con la mia presenza ravvicinata un pericolo per la loro salute e senza temere che loro potessero essere dannose per me la mia.
Erano una tappa delle mie passeggiate della “Coronavirus – fase 1” in percorsi sempre ancora molto vicini al centro storico ma già “en plein air”, rotte a due passi da casa ma sicuramente solitarie perché ormai abbandonate da quei cortonesi che amano le passeggiate più comode e un po’ più mondane.
Erano galline fortunate: chiuse in un recinto abbastanza grande per loro, avevano un “bel gallo” a far loro compagnia e questo era, più o meno, il paesaggio di cui potevano godere.
Fino a non troppi anni fa molti dei cortonesi che avevano un orto annesso alle loro casette (e quasi tutte quelle della Cortona alta e mediovale ne avevano uno) allevavano due o tre galline per lo più allo scopo di avere delle uova da consumare freschissime con cui fare pasta, dolci, creme, zabaioni. Erano poi considerate da molti genitori dei potenti ricostituenti, veri toccasana per quei bambini che troppo gracili, se le dovevano ingoiare crude. Un strumento di tortura che io, benché piccola e mingherlina non ho dovuto mai subire, per fortuna!
Era stata una sorpresa imbattermi di nuovo in un “pollaio cittadino” e in momenti così grigi e deprimenti l’incontro inaspettato con rappresentanti del genere gallinaceo così variopinte e spensierate era stato una vera botta di buonumore.
Stavano là beate e si godevano l’aria fina, il silenzio dei monasteri circostanti, il panorama ameno.
Ma come nella vita degli umani, anche in quella degli animali, accade che un evento inaspettato venga a guastare la festa e anche loro, chi l’avrebbe mai detto, hanno avuto il loro momento tragico.
E nessuno ha potuto salvarle. Né il piccolo cane che di solito abbaiava come un forsennato quando qualcuno passava accanto alla casa del loro padrone, né il gallo che “austero” sembrava fare la loro guardia del corpo con tanta severità!
Mi mancheranno e ogni volta che tornerò, perché so già che anche in tempi di Coronavirus fase 3, 4, 5, tornerò spesso a fare quelle passeggiate che si sono rivelate così nutrienti per la mia anima, penserò con gratitudine a questi animali che hanno reso meno pesante il dover sopportare un periodo tanto angosciante e cupo.
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