Cortona non è “Frittole”. Non è l’antico borgo, bello ma irreale, frutto della fantasia dei due geniali autori-registi Troisi-Benigni, creato ad arte da qualche “mago” della macchina da presa per ambientarvi la ben nota fiction cinematografica “Non ci resta che piangere”
E non è neanche una delle tante cittadine che, complice la grave crisi economica che ha reso poco produttivi i settori sui quali si fondava la loro prosperità, si sono scoperte “d’emblée” una vocazione turistica che fino a pochi anni fa non avevano assecondato.
Neofite del settore, affidano alla “promozione” ed alla “comunicazione”, le “armi di persuasione di massa” dei tempi moderni, il compito di scovare la trovata astuta ed ingegnosa , talvolta accattivante o bizzarra, qualche volta esagerata o bugiarda, e talvolta addirittura sleale, che riesca a divulgare “urbi et orbi”, e in un lampo, quelle arcaiche origini che finora avevano misconosciuto, a reclamizzare come eccezionali i reperti archeologici prima trascurati, a pubblicizzare per ogni dove le loro importanti manifestazioni culturali o i ghiotti appuntamenti gastronomici.
Tutto studiato “scientificamente”, con l’impegno di ingenti economie e grande profusione di mezzi, per riuscir a squarciare il buio dell’anonimato e sedurre il sempre più conteso “turista”, colui che è ormai considerato l’unico “propellente” in grado di imprimere una spinta in avanti a quel dispositivo gravemente inceppato che è il nostro sistema economico.
Ma Cortona non è Frittole: niente è artefatto o subdolamente enfatizzato.
Cortona è come una donna bella, naturalmente bella, che con l’armonia del suo aspetto e la nobiltà dei suoi modi appaga i sensi e l’anima.
E’ un luogo in cui l’equilibrio tra bellezze naturali, storia, architettura ed arte è talmente perfetto da apparire un set cinematografico, ma un set cinematografico non è.
La città, costruita di pietra serena proprio come una donna bella, ha già avuto in dono dalla natura lineamenti nobili e proporzioni perfette e, come una donna bella, veramente bella, non ha necessità di indossare abiti attillatissimi, di esibire scollature troppo profonde e di calzare scarpe dai tacchi così alti che il suo innato incedere elegante venga trasformato in una ridicola andatura rigida ed incerta.
E come una donna che, già naturalmente molto attraente, si stata anche così fortunata da nascere e crescere in un ambiente frequentato da studiosi, artisti, intellettuali ed abbia, grazie a ciò, acquisito “classe” ed “eleganza di modi”, non ha bisogno di farsi notare civettando scioccamente, di involgarirsi con un maquillage appariscente e di farsi notare comportandosi in modo provocante o sguaiato.
Non importa se le moderne tecniche di comunicazione e qualche volta la malafede riescono a convincere il gran pubblico che Frittole, o sue simili consorelle, siano la meta più giusta da raggiungere nel prossimo week-end, perché Cortona, come le donne veramente belle e di squisite maniere, non ha bisogno di prodursi in “giochi di destrezza” né di escogitare éscamotages furbetti o di sferzare colpi bassi per battere le rivali.
L’ ambiente naturale, l’aria salubre, i suoi panorami, i numerosi luoghi benedetti dal passaggio di mistici e santi, e tutte le bellezze architettoniche ed artistiche e le ricchezze che avi preveggenti e generosi, personaggi illustri, ed artisti le hanno lasciato sono stati in passato e possono esserlo tuttora il suo più potente veicolo pubblicitario: senza trucco e senza inganno.
E, al pari di una donna veramente bella, non deve aver timore di esser messa in ombra da chi, arrivata alla festa dell’alta società all’ultima ora e spinta dalla necessità di sentirsi accettata, cerca, e in modo poco dignitoso, la compagnia di un partner che la degni delle sue attenzioni soltanto per lo spazio di… un sabato notte o di una domenica pomeriggio.
Lei, l’algida “signora etrusca”, non è infatti una inesperta e goffa diciottenne al “ballo delle debuttanti”: già da secoli avvezza ad esser frequentata dalle élites intellettuali internazionali cultrici di archeologia ed arte ed inserita tra le tappe dei “Grand Tours” di settecentesca memoria, ancora molto, moltissimo, tempo prima di attrarre il turismo culturale degli ultimi decenni e di cadere nel boom di quello “mangia e fuggi” di questi ultimi anni, poteva già vantarsi di essere conosciuta e frequentata come un vero e proprio luogo per lunghi periodi di villeggiatura.
Ad onor del vero, il suo clima di alta collina è sempre stato consigliato come il più adatto per le vacanze lunghe di neonati e di chi per particolari motivi di salute doveva evitare di soggiornare in ambienti marini o di montagna.
Lo scorrere calmo della vita garantiva sicurezza e faceva divenire la città il luogo prediletto delle persone di una certa età che per tutta la durata delle vacanze scolastiche venendo qui potevano trasformarsi, ed in modo gradevole, nei baby sitters dei propri nipoti.
Famiglie che protraevano la loro permanenza per lunghi periodi ed erano una vera manna per l’economia del Centro Storico.
Chi sceglieva di trasferirsi a Cortona durante i mesi estivi sapeva infatti di trovare qui un concentrato di “comforts” e piacevolezze: la possibilità di sfuggire all’afa ed alla confusione della città, di frequentare luoghi tranquilli e sicuri dove far giocare figli e nipoti, quella di passeggiare ogni giorno in luoghi diversi a piedi o in bici ma sempre comunque in mezzo al verde ed alla natura, e di avere inoltre a disposizione una miriade di posti ombrosi dove trascorrere intere mattinate e a leggere libri o le notizie dei quotidiani che poi si sarebbero commentate in serata con gli abituali frequentatori della piazza.
E, se per un giorno la canicola fosse ineluttabilmente piombata anche in città, si poteva agevolmente scegliere di fare il classico “salto” al vicinissimo Lago Trasimeno a fare un bagno refrigerante o di ritrovarsi in gruppo a far merenda con pane e prosciutto e qualche bella fetta di cocomero a Sant’ Egidio, a Portole o in qualsiasi altra delle tante località di montagna che circondano la collina cortonese, tutte comunque foltissime di abeti e di pini.
Premesso tutto ciò capirete perché quel sorrisetto vagamente malinconico da brave bambine soddisfatte per esser state promosse ma un po’ tristi per la fine dell’anno scolastico era, per la maggior parte delle “deliziose” fanciulle ritratte nella foto sopra, un vero bluff.
Posso assicurarvelo perché ero lì tra di loro e so che dietro quell’ espressione di felicità falsamente adombrata di mestizia di chi vorrebbe far credere che, prima ancora di salutare le compagne di classe e la maestra, rimpiange già i lunghi mesi passati insieme “sulle sudate carte” c’era invece, per quasi tutte noi, la consueta e irrefrenabile gran frenesia dell’ultimo giorno di scuola.
Per nostra fortuna non era stata inventata una macchina fotografica “della verità” ci avrebbe ineluttabilmente e vergognosamente “sbugiardate”: sarebbe apparso lo smagliante sorriso da orecchio ad orecchio che quella mattina cercavamo ipocritamente di tenere represso dentro di noi. Un tale diabolico marchingegno avrebbe senz’altro immortalato l’ irrequietezza che faceva fremere le nostre ginocchia la nostra incontenibile impazienza di sciogliere le righe, allontanarci dall’orbita della maestra, gettare finalmente la cartella in aria, e sentire poi, con enorme soddisfazione, il gran tonfo del suo atterraggio per terra.
Era già fine giugno, nel giro di un paio di giorni sarebbero arrivati tutti: i bimbi, i ragazzi e i giovincelli figli o i nipoti dei cosiddetti “villeggianti”, termine con cui venivano definiti quei facoltosi ex professionisti, avvocati, notai, magistrati, medici, in pensione o signori “benestanti” che, potendo permetterselo, ogni anno prendevano in affitto una casa in Cortona, o l’avevano acquistata, proprio per trascorrervi i mesi in cui le loro città non avevano da offrire niente di più che afa, confusione traffico e rumore.
Ma i nuovi arrivi non si sarebbero limitati a queste famiglie: le case che durante l’inverno erano state chiuse si sarebbero riempite anche degli ex cortonesi che con il grande esodo della metà degli anni ‘50 del secolo scorso se ne erano andati dalla città, come dal resto del territorio Comunale, per stabilirsi nelle città che all’epoca offrivano molte più occasioni di lavoro.
Con loro, e questo per noi era il bello, sarebbe “sbarcata” in città una intera “flotta” di figli di persone che sarebbero state costrette a lavorare almeno fino all’inizio del mese di agosto nelle fabbriche, nei Ministeri, nei portierati ecc..ecc…
L’”opzione” Cortona era la soluzione più che ideale per “sistemare” i figli in tempi di scuole chiuse e un modo gradito anche ai nonni che, tornando per un paio di mesi nella loro città di origine, avrebbero potuto assolvere al loro delicato compito di “tutori” in un ambiente amichevole per loro stessi e di tutta tranquillità per i ragazzi che venivano loro affidati.
Chiusura delle scuole, lockdown, genitori in smart working…sarebbe stato tutto molto più facile se ad una soluzione così si fosse pensato pochissimo tempo fa!
Con l’arrivo di questa marea di vecchi amici che ogni anno dalla città portavano nuovi giochi, nuove esperienze, nuovi modi di vestirsi, nuova musica da ascoltare, nuovi modi di atteggiarsi per noi ragazzi iniziava la pacchia, Cortona in pochi giorni e fino a settembre si sarebbe trasformata in un vero Paese della Cuccagna!
L’estate era iniziata da poco e le chiome dei tigli e degli ippocastani che si susseguivano lungo tutto il viale del Parterre erano ancora di un verde intenso e si toccavano le une con le altre coprendolo totalmente d’ombra anche nelle ore più calde.
Sembrava che qualcuno avesse piantato quegli alberi in quella lunghissima e precisa sequenza apposta per permettere di organizzare interminabili gimkane o gare di velocità a piedi o in bici ai ragazzi che di generazione in generazione si sarebbero avvicendati a trascorrere le estati sotto le loro fronde,
O perché i più monelli potessero nascondersi dietro i loro tronchi quando decidevano di darsi battaglia tirandosi, l’uno contro l’altro o a squadre, palline di creta o di piccole frecce con le cerbottane, o per cercar riparo quando sceglievano di tendersi tranelli con il lancio di rinfrescanti “gavettoni”.
Il centro del viale, sempre e comunque all’ombra, sembrava poi studiato ad arte perché, soltanto spostando il ghiaino, si potessero allestire le piste lunghe e sinuose su cui spingere a “pitteri” le biglie colorate o quelle con le foto dei ciclisti al loro interno.
Le graziose piazzole con muretti tavoli e tavolinetti di pietrache richiamavano alla fantasia banchi di negozi, o cucine casalinghe dove apparecchiare con stoviglie e tegamini, panchine di ogni forma ed aspetto su cui preparare lettini per far dormire bambolotti, o su cui far visitare il “pupo” malato dalla “medica” di turno, le altre che sembravano star lì apposta per offrirsi come lussuosi divani dove organizzare piacevoli té con le “signore” amiche , si susseguivano dal cosiddetto “Alberone” alla fine del viale, costituivano le infinite occasioni di gioco che il Parterre offriva anche alle bambine.
Forse perché eravamo in tanti ed il viale risuonava di grida e risate e di pianti dovuti a piccoli “incidenti” o litigi, o forse perché tra chi andava, tornava, faceva gare in bici o a piedi, chi zompava nei greppi o saltava di qua e di là per partecipare un po’ ai giochi di tutti, nel lungo viale c’era sempre un gran via vai e le mattinate o i pomeriggi passavano in un soffio.
E tutti, maschi e femmine, senza “coachs” o istruttori che ci irrigimentassero in giochi con regole fisse da rispettare e senza animatori che inventando al posto nostro i passatempi ci disabituassero ad usare la nostra fantasia, senza saperlo ci esercitavamo a divenire autonomi e, cosa non da poco, eravamo sempre in movimento, un salutare movimento.
E poi a Cortona non c’era solo il Parterre: bimbi ed adulti potevano trascorrere le ore più calde anche nei rioni e nei cortili o nei giardini interni ai palazzi o alle case, spazi di verde che nessuno può immaginare passando lungo le strade, ma di cui tantissime abitazioni di Cortona sono dotate. Luoghi che permettevano ai bambini di divertirsi mentre le mamme o le nonne dalle finestre controllavano che tutto filasse liscio e senza pericoli.
E c’erano anche Bobolino, a Fonteluccia, Cappuccini che si raggiungevano seguendo gli ameni e comunque ombrosi percorsi fuori dalle mura che lungo il loro cammino offfrivano l’opportunità di grosse scorpacciate di fragoline di bosco, ciliegie, “guiciole” susine, fichi e uva.
E c’era poi, “dulcis in fundo”, l’ assolutissimamente vietato “Fontoni”: un luogo che si raggiungeva continuando a scendere per circa un chilometro sotto la chiesa di Santa Maria Nuova Lì il Rio di Loreto formava naturalmente dei grandi invasi di acqua, nei quali, secondo gli adulti, era pericolosissimo nuotare.
Ma era l’unica occasione che il nostro territorio offriva ai ragazzi di farsi un “signor” bagno di gruppo corredato da scherzi, tuffi ed immersioni..
Una grande “piscina dei poveri”, un “mare de noantre” : tentazione troppo allettante perché i gli adolescenti cortonesi, almeno quelli più scafati, ben sapendo di “andarsele a cercare” non provassero a sfuggire ai controlli e a farci un salto nella speranza di non essere scoperti.
Speranza vana perché i genitori dei “Pierini”, dormono sempre con un occhio solo e, se al ritorno a casa i pantaloni dei figli tradivano un po’ di umidità perché dopo aver fatto il bagno in mutande i fredifraghi si erano rivestiti in fretta e furia prima che queste ultime si asciugassero del tutto, senza neanche discutere passavano direttamente alle vie di fatto ed erano botte.. e di quelle sonore!
I “colpevoli”, però, accettavano la pena senza recriminare troppo: avevano passato un paio d’ore “da leoni” e …. la prossima volta l’avrebbero “sgamata”, ne erano sicuri!
Vita libera, insomma, vita costantemente all’aria aperta per grandi e piccini, niente ascensori o tram serbatoi di pericolosi virus da frequentare, niente marciapiedi affollati su cui dover camminare gomito a gomito con sconosciuti probabili portatori di morbi pandemici, niente traffico da affrontare per raggiungere parchi che, per quanto grandi o grandissimi, sono sempre e comunque circoscritti da reti metalliche, ma numerosi e lunghissimi percorsi in cui la possibilità di distanziamento sociale è ampiamente garantita e che, avendo voglia di camminare, proseguono, da qualunque direzione si parta, su verso la montagna o giù verso la campagna…e senza soluzione di continuità verso l’infinito.
Ha dunque bisogno una città piena di luoghi incantati e di occasioni di vita beata come questa di profondersi nella ricerca di espedienti tanto artificiosi quanto costosi con cui promuovere sé stessa?
Siamo proprio sicuri che sia che una città simile debba scendere nello stesso campo di battaglia ed usare le stesse armi di quelle sfortunate “donne meno avvenenti” e accapigliarsi con loro per accalappiare “amanti” saltuari che forse, dopo averla accompagnata a cena in locali di charme, ma forse per una sola volta, la lasceranno?
Lei, come una donna di classe, può ambire ad esser scelta, e per la vita, da uomini di gusti raffinati che, capaci di apprezzare il suo vero valore, porteranno rispetto alla sua natura e con i loro doni contribuiranno ad accrescere la sua eleganza.
Basterà che lei sia ancora conscia della potenza delle possibilità di cui l’hanno dotata la natura e l’opera dell’uomo, caratteristiche di cui non è facile fornirsi ricorrendo a trucchi o ad artifici.
Il suo clima, l’ambiente salubre, i panorami che arricchiscono lo spirito, le ricchezze che gli pervengono dalla sua storia e le sue bellezze achitettoniche rimangono sue caratteristiche ancora inalterate.
L’incedere tranquillo ed elegante dello suo stile di vita, quello che attraeva intellettuali italiani e stranieri che per decenni hanno continuato a scegliere Cortona come residenza elettiva da cui trarre ispirazione per le loro opere, quiete che si è un po’ persa per inseguire il guadagno facile di pochi settori di operatori economici, potrebbe facilmente ricrearsi.
E l’economia della città e dell’intero territorio ne guadagnerebbe globalmente perché la presenza prolungata di intere famiglie arricchirebbe non solo le attività legate più strettamente all’indotto turistico ma anche il commercio di generi di vicinato, ne guadagnerebbero comunque bar e ristoranti e ne sarebbe favorita la richiesta di servizi e di artigiani come idraulici, falegnami, elettricisti ecc… attività tutte che, a causa del progressivo spopolamento sono diventate in città “specie” più rare dei “panda”.