Si legge nelle Notti Coritane che nel 1750 “Sua Maestà Imperiale diede l’ordine di far suonare gli orologi pubblici non più all’uso d’Italia, ma alla maniera oltremontana“.
Ci si ordinava insomma di adeguarci (anche allora!) agli usi Europei.
Purtroppo i Priori del Comune ritennero opportuno obbedire a questa direttiva e così il quadrante dell’orologio della torre del nostro Palazzo Comunale, che oltreché antichissimo e artistico era sicuramente unico per una sua particolare caratteristica, fu modificato.
Un vero peccato: quella mostra, opera del Maestro Domenico da Siena, era lì in quella torre da circa 230 anni, era stata infatti installata fin dal 1509. Ma non era solo antica, era veramente originale. Aveva infatti, almeno una sua caratteristica che penso si noterà subito anche soltanto guardando il maldestro disegno che ho cercato di approssimare per voi. Se però osservandolo non riusciste ad accorgervi della “stranezza”, continuate a leggere e ve lo spiegherò.
Intanto cominciamo col notare che il quadrante, che era di marmo bianco (materiale meno complicato da pulire di tanto in tanto… cosa invece a quanto pare è molto difficile fare oggi), fu sostituito con un materiale che Alberto Della Cella nel suo “Cortona Antica” definisce di “modesto stucco”.
Aveva non dodici ma ventiquattro scompartimenti in cui erano inseriti altrettanti numeri di marmo nero che indicavano ad una ad una le 24 ore della giornata. Questa cosa già da sola potuto darle una certa singolarità. Ma non per questo però avremmo potuto definirlo eccezionale perché, per esempio, hanno la stessa particolarità i due quadranti dell’orologio astronomico di Venezia: sia quello della torre che si affaccia su Piazza San Marco (foto 2) che l’altro cosiddetto “lato mercerie” (foto 1). Se li guardate vi accorgerete che da loro ho copiato il modo non consueto di fare il 4 e il 9 (IIII VIIII) in numeri romani. E non solo, ha ventiquattro numeri anche quello di Piazza delle Erbe a Mantova (foto 3) e forse qualche altro.
Il quadrante cortonese aveva nella parte interna un gran sole dorato con la scritta “IHS” sormontata da una croce.
La lancetta era una sola, in rame dorato e a forma di lingua di fuoco, ed era il raggio più lungo di questo sole. La cosa che più caratterizzava l’orologio, rendendolo senz’altro unico, era che essa girava al contrario, cioè in senso antiorario.
In pratica, se corrispondono a verità le notizie tramandateci dalle testimonianze dell’epoca, le ore erano disposte al contrario di come si è abituati a vederle e “ eran segnate in senso opposto a quello di tutti quanti gli orologi conosciuti; vale a dire, partendo dal punto dove ora son segnate le XII e dove nella mostra di Cortona erano segnate le XXIV, l’indice invece di girare a destra girava a sinistra e segnava le ore I II e III e così di seguito……..” (Alberto della Cella – Cortona antica”).
Sarà stato un modo adottato dai nostri antichi concittadini per ribadire orgogliosamente il legame con gli antenati etruschi i quali erano usi scrivere da destra a sinistra o invece soltanto per confermare che noi cortonesi siamo degli irriducibili bastiancontrari?
Il fatto è che il nostro orologio nel segnare le ore si adeguava al “sistema italiano” secondo il quale ogni nuovo giorno iniziava al momento in cui veniva suonata l’ “Ave Maria” cioè al tramonto. E questo creava uno scomodo inconveniente: siccome col passare dei giorni l’ora del tramonto si spostava avanti o indietro a seconda delle stagioni, l’orologio doveva nel giro di pochi giorni essere “rimesso” a mano da una persona addetta in modo così che la lancetta si trovasse sempre sulle 24 in concomitanza col tramonto.
Anche le ore dovevano essere suonate a mano, altro elemento che avrà senz’altro contribuito a farlo considerare poco pratico e a far sentire i Cortonesi fuori moda.
Come se non bastasse, a questi “difetti” si aggiungeva il fatto che ormai anche in Italia si stava diffondendo sempre di più la moda dell’orologio da tasca “all’europea” che per l’appunto si regolava sulle dodici ore così come facevano tutti gli orologi da torre d’oltralpe.
Mi viene un pensiero cattivo: non sarà che, come anche spesso ai nostri giorni succede, l’ordine impartitoci da Sua Maestà Imperiale di abbandonare il “sistema italiano” sia caduto proprio a fagiolo assecondando così la smania di seguire le mode e la paura di essere considerati “provinciali” dei nostri avi? Forse anche questi sentimenti, che non credo siano esclusivamente peculiari dell’uomo moderno, spinsero i cortonesi di allora a fare una scelta di “modernismo” che, purtroppo per noi, si è rivelata poco azzeccata!
Peccato… se i nostri governanti locali dell’epoca avessero capito il valore monumentale ed artistico dell’ antico orologio cortonese e si fossero limitati ad adeguarlo agli usi stranieri togliendo i ventiquattro i numeri che ci allontanavano dall’essere in linea con gli altri Paesi dell’Europa, ma avessero lasciato la lancetta che andava a senso inverso, ci avrebbero tramandato un’eredità eccezionale che sarebbe stato un motivo in più per essere orgogliosi di loro e, cosa non da poco di questi tempi, avrebbe potuto essere anche una vera e propria attrazione turistica.
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