“E ogni sera una nuova fidanzata…” racconta orgoglioso un musicante di sax di qualche anno fa. In effetti per un bel po’ di decenni esibirsi in in una sala da ballo suonando i nuovi ritmi che provenivano d’oltreoceano garantiva un sicuro successo con le ragazze. Se però se non ci fossero state la Scuola di Musica e la Banda Comunale… non ci sarebbero state neanche le gare… all’ultimo tortellino!
Questo articolo vuole ricordare un’epoca o meglio ancora una caratteristica di Cortona, quella di essere stata oltre a “città del silenzio” anche per diversi decenni una “Città della Musica”, piena di musicisti e musicanti e ricca di occasioni per divertirsi suonando.
Buona lettura!
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Quale era il ragazzo che durante le gite scolastiche affascinava di più le studentesse? Senza dubbio quello che a un certo punto spezzava la noia delle lunghe trasferte in autobus imbracciando la chitarra intonando le canzoni più in voga del momento. Lo stesso interesse che suscitava anche chi, nelle notti estive in riva al mare illanguidiva la comitiva intonando melodie romantiche.
Ma quanti ragazzi attualmente, pur vivendo praticamente sommersi dalla musica, hanno modo di rendersi conto se essa potrebbe essere la passione della loro vita e addirittura diventare un lavoro? Come fa un/una giovane ad accorgersi se saper suonare uno strumento, leggere un pentagramma, conoscere il solfeggio, eseguire le arie di un’opera lirica potrebbe essere il mezzo con cui appagare la propria indole?
L’unico modo è forse provare ad iscriversi ad una Scuola di musica.
Così avevano fatto intere generazioni di giovani cortonesi che negli anni ’30-’40-’50-’60 affollavano la nostra Scuola di musica Comunale e che lì avevano scoperto di essere arsi “dal sacro fuoco” tanto da passare tutta la loro vita come “musicanti” non solo di banda ma anche di quei gruppi musicali denominati dapprima “orchestre ritmiche”, poi “complessi” poi “bands” a seconda del periodo storico.
Grazie alla piacevolissima lettura del libro “Cortona anni ’70 e dintorni” di Romano Scaramucci sono in grado di raccontarvi l’edificante storia della Scuola di Musica /Banda Comunale e di coloro che questa istituzione hanno cominciato a frequentare da bambini o adolescenti proseguendo per tutta la vita.
La Filarmonica Cortonese esiste dal 1 Gennaio 1877 e grazie a questa esistono ancor oggi la Suola di Musica e la Banda Comunale.
La Scuola era lo strumento grazie a quale gli aspiranti “musicanti” imparavano i rudimenti dell’arte. Prima di “uscire” in Banda era normalmente necessario che l’allievo si impegnasse per un certo periodo nello studio del solfeggio, della lettura degli spartiti, della tecnica che lo rendesse abile a suonare lo strumento che gli era stato assegnato dal Maestro di musica. In quegli anni le richieste di iscrizione alla Scuola erano talmente numerose che poter entrare a farne parte non era proprio facile.
Per molti giovani questa aspirazione era dettata dal nobile intento di imparare a suonare uno strumento. Per molti altri il piacere di frequentare questa Scuola e poi entrare in Banda si univa, oltreché alla possibilità di avere in questo modo un luogo dove ritrovarsi con i coetanei, a quello di avere un’ottima scusa per ottenere il permesso di uscire di sera, cosa che ai ragazzi dell’ epoca non era permessa tanto facilmente, neanche a quelli di sesso maschile.
Molti entravano alla Scuola di musica da piccolissimi e alcuni di questi già da molto piccoli cominciavano a suonare pubblicamente. Nell’intervista contenuta nel libro di Scaramucci il Maestro Antonio Di Matteo ricordava ancora con orgoglio l’ammirazione e la commozione suscitata nel pubblico aretino quando, in occasione di un raduno di bande tenutosi ad Arezzo grazie alla coraggiosa scelta del Maestro stesso, un bimbo, Massililiano Rossi, in piedi sopra un piedistallo eseguì l’assolo dell’Arlesienne. E questo successe a distanza di pochissimi mesi dal momento in cui il bambino aveva iniziato i suoi studi di musica.
Massimiliano una volta adolescente ha scelto di frequentare il Conservatorio per perfezionarsi nello studio della musica e questa stessa strada hanno percorso molti altri altrettanto bravi allievi della Scuola. Più di uno di loro, perseverando nello studio di questa arte e raggiungendo il diploma, ha fatto della musica la sua professione diventando insegnante o maestro di musica. E qualcuno come Roberto Pagani Jr. è divenuto un virtuoso artista che ha la soddisfazione di lavorare con cantanti famosissimi, fra cui Claudio Baglioni.
Tanti altri studenti della scuola, anzi direi quasi tutti, una volta imparato a suonare un primo strumento hanno voluto esser capaci di suonare un altro, poi un altro, poi un altro… Di questa cosa è un esempio il mitico Giovacchino Antonini alias “Gastone” che negli ultimi anni vedevamo suonare la grancassa, ma che partendo bambino dal quartino arrivò al clarinetto, poi al sassofono e alla fisarmonica, ed infine alla grancassa. Nelle orchestrine delle feste paesane l’abbiamo visto suonare anche la batteria.
Della Scuola di Musica e della Banda entravano a far parte i ragazzi di tutti i ceti sociali: c’erano infatti tra di loro studenti che poi sarebbero diventati più che illustri professionisti, fior fiore della nostra società cittadina (se scorriamo i numerosissimi nomi citati nel libro e guardiamo le foto lì potremo riconoscere quelli che poi sarebbero diventati affermati medici, avvocati, dirigenti bancari, commercialisti e tra di loro perfino un regista assurto a fama nazionale).
Gran parte di loro erano però imbianchini, muratori, falegnami, idraulici e proprio questi sono coloro che si sono dimostrati più fedeli continuando per decenni e decenni ad animare con la gioiosa musica della Banda le piazze e le strade della nostra città e di molti paesi limitrofi.
Una volta divenuti esperti della materia si entrava finalmente in Banda. E così, oltre all’orgoglio e alla soddisfazione di suonare in pubblico provocando felicità in grandi e bambini, si cominciava ad usufruire di quelli che oggi possono sembrare privilegi ridicoli, ma che all’epoca, quella dei “poveri ma belli”, erano vantaggi non da poco: poteva capitare infatti di venir invitati ai rinfreschi offerti dagli organizzatori delle varie feste paesane, religiose, civili e simili. L’occasione più ghiotta era la cena susseguente all’esibizione annuale per i festeggiamenti della Santa patrona, Santa Cecilia. Oggi sembra impossibile, ma questa cena per i giovani dell’epoca era veramente la sola ed unica occasione per abbuffarsi in compagnia al ristorante. Indimenticabili per tutti “le gare all’ultimo tortellino” in cui si producevano alcuni musicanti (Beppe Bettacchioli e Titti Milloni, tanto per non fare nomi….) Si dice siano arrivati a mangiarne addirittura 280!
Purtroppo però tante di queste persone dal momento in cui è stato pubblicato il libro di Scaramucci ad oggi, cioè nel giro di pochissimi anni, sono decedute. Ultimo il generosissimo Gaetano Parigi che abbandonò presto le esibizioni in banda – (presto si fa per dire perché perché aveva comunque suonato in essa per quasi 20 anni) – ma che alla cura dell’amministrazione di questa ha dedicato una vita e che ci ha lasciato con la sua intervista un resoconto anche ironico degli indimenticabili anni migliori di questa istituzione.
So che se non è troppo corretto sperticarmi nel lodare chi ha avuto il merito di fermare nella carta questi spaccati di vita perché questo qualcuno, Romano Scaramucci, è mio cugino. Credo però che sia almeno giusto riconoscergli che aver capito l’importanza di mettere questi ricordi nero su bianco perché possano essere conservati è stato un vero e proprio colpo di genio.
Sarebbe infatti un peccato scordarsi di Valerio Pagani che a soli 5 anni, mentre con la famiglia era emigrante in suolo francese , aveva iniziato a suonare la batteria nei locali pubblici di quel paese con suo padre guadagnando in suolo straniero ammirazione e popolarità. E’ importante ricordare che lui, con tutti i i suoi fratelli ( ben 5), una volta rientrati in Italia sono stati l’anima della Cortona musicale del dopoguerra della nostra città ed hanno infoltito con numerosi figli e nipoti le file della banda senza soluzione di continuità.
E sarà piacevole anche ricordare “Beppe” Bettacchioli che nessun cortonese riesce a immaginare senza divisa della banda indosso e il suo strumento in mano. Lui ed il fratello Pasqualino sono stati gli immancabili protagonisti delle principali manifestazioni di spettacolo della nostra città.
E il buonumore di Gastone non era contagioso? Quale bambino non lo ha ha invidiato e ammirato mentre sorridendo soddisfatto “tonfava” con i piatti o con la grancassa con tutta la foga che aveva?
Anche gli eroici Maestri di Musica Guido Carlini e Antonio Di Matteo, veri missionari dell’insegnamento della musica, hanno il diritto a rimanere nelle nostre memorie. Insieme ad un altro loro collega, il Maestro Berardi, l’unico che non ha potuto portare la sua testimonianza diretta, hanno dedicato tutta la loro vita a trasmettere ai loro allievi l’amore per questo linguaggio universale: la musica .
Da questi racconti ci accorgiamo inoltre che dalla Scuola di musica sono passati , se non tutti, almeno il 70% dei giovani di allora. Nasce così spontanea una riflessione: anche se solo una parte di loro sono arrivati a suonare in Banda, tutti , comunque, sono usciti dalla Scuola avendo imparato a leggere il pentagramma, conoscere il solfeggio, riconoscere le principali arie delle opere liriche ed operette.
Questa scuola, insomma, non è stato solo un passatempo per la maggior parte di quelli che l’hanno frequentata, ma è stato il mezzo attraverso il quale moltissimi giovani hanno potuto rendersi conto di avere una passione ed un “dono” da assecondare e coltivare. Se però non avessero avuto l’occasione di frequentarla come avrebbero avuto modo di accorgersi della loro attitudine che per alcuni di essi si è dimostrato proprio un “ sacro fuoco” che li ha spinti, dopo aver trascorso giornate intere nello studio o nel lavoro, a consumare le loro ore di riposo dedicandosi con la massima perseveranza e dedizione allo studio del solfeggio, a quello dell’uso degli strumenti musicali, alle prove dei nuovi pezzi da suonare?
Della banda si faceva parte a famiglie intere. L’elenco di padri e figli o figlie, fratelli e/o sorelle , nonni con nipoti maschi e femmine che, sfilando insieme lungo le vie e attraverso le Piazze, con entusiasmo allietavano la gente potrebbe essere lungo: solo per esempio come ho già citato gli innumerevoli componenti della famiglia Pagani, citerò la famiglia Lorenzini che alla causa ha dato oltre che i figli ed i nipoti maschi anche più di una valida musicante femmina . E a proposito di questa famiglia, sembra che la figlia di uno di loro, Ferrer, stata chiamata Norma proprio perché scelse perché proprio nel giorno in cui lei scelse di nascere cui il padre aveva avuto di l’orgoglio di eseguire nella nostra Piazza un assolo dall’opera omonima.
Ho già detto che per molti musicanti la passione per la musica era talmente forte che più di uno di loro non poté resistere al desiderio di mettersi a suonare gli entusiasmanti nuovi ritmi che provenivano d’oltreoceano, ritmi che, soprattutto dopo lo sbarco degli alleati, si erano diffusi a macchia d’olio in Italia e che richiamavano tanta gente nei locali da ballo.
Come potevano rinunciare questi artisti “pasionari della musica” all’occasione di entrare a far parte delle cosiddette “orchestrine ritmiche” quelle con le quali poter suonare finalmente foxtrot, boogie voogie mambi rumbe? Come non sfruttare le loro capacità per far coincidere la possibilità di arrotondare le entrate con quella di divertirsi un mondo e divenire le stars del locale da ballo nel quale si esibivano?
Per dedicarsi a questa attività però erano necessari strumenti diversi da quelli con cui si suonava in banda e procurarseli all’epoca, “con quei lumi di luna”, era spesso proibitivo. Fu proprio questo il caso del simpatico Furio Franceschini (quello che vedete nella foto qui sopra, col suo sax soprano) che in modo molto spiritoso racconta di sé questo episodio commovente: lui che come quasi tutti i musicanti storici della Banda aveva iniziato da molto piccolo le sue uscite nelle piazze e teatri dove con la banda per tradizione si suonavano, marce, brani di opere, di operette, negli anni del dopoguerra sentiva irrefrenabile il bisogno di poter prodursi nella più moderna “roba straniera” . Era indispensabile perciò un sax che gli permettesse di entrare a far parte di una di quelle orchestrine che allora erano tanto di moda. Decidere di comprare un sax, però, era facile, trovare i soldi per pagarlo non era invece una cosetta da niente. Lo strumento ambito fu trovato in un negozio di Roma dove il Maestro Berardi in persona accompagnò il nostro Furio: un ottimo sax lasciato in Italia da un soldato alleato che se ne era tornato in patria. Per pagarlo, purtroppo, non si dimostrò sufficiente la cambiale di 35.000 lire che una signora di Cortona accettò di firmare per il nostro artista della musica. Intervenne per fortuna la generosità del Maestro stesso che garantì che il giovane avrebbe assolto il suo debito delle ulteriori 7.000 lire necessarie per l’acquisto appena gli sarebbe stato possibile.
Per il ragazzo fu un grosso sacrificio. Sacrificio che valse però la candela, perché con queste esibizioni nei locali Furio riuscì ben presto a pagare quanto dovuto ma anche, come dice lui, a togliersi “diverse soddisfazioni” arrivando a migliorare di molto la sua situazione economica ma anche e soprattutto anche quella……………. sentimentale. Sì, perché come confessa orgogliosamente lui stesso, da quel momento in poi “…..ogni sera …una nuova fidanzata”.
Morale della favola: se a un bambino magari un po’ più mite e riservato non è congeniale frequentare una scuola di calcio o una bambina vive con sacrificio il fatto di dover partecipare ad una scuola di danza, perché non chiedersi se sia il caso di far provare loro la Scuola di musica? Ci si potrebbe accorgere che il suonare è un modo eccellente per dar loro la possibilità di assecondare la loro natura e sentirsi in questo modo appagati.
Lo studio della musica, in fondo, è disciplina, è costanza, è metodo, è possibilità di vivere insieme a coetanei che condividono gli stessi interessi quanto lo è una attività sportiva e, anche se va meno di moda, è forse più adatto a bimbi che non abbiano indole agonistica e competitiva.
E poi chi dice che , come ci ha raccontato il nostro sassofonista Furio Franceschini, non possa aiutare a superare la loro timidezza e migliorare il loro futuro da latin lovers?
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