Arriva il bel tempo, il sole, il caldo e la voglia di farsi una bella gita fuoriporta a Pasquetta, una bella mangiata di pesce al mare con una bottiglia di vino bianco messo in ghiaccio proprio quest’ anno che era stato messo tempo splendido splendente, ma il Covid19 ce l’ ha messo in quel posto e, quindi, la Pasquetta ce la passeremo fra le mura domestiche o, nella migliore delle ipotesi, per chi ha un giardino, ci potremo prendere una boccata d’ aria fresca e sorseggiare un buon bicchiere di vino in attesa di poter brindare di nuovo assieme. Ma oltre a questo, che cosa facciamo? Il sottoscritto si dedica alla sua più grande passione che, fino a qualche tempo addietro, manco sapeva di avere, e cioè il magico mondo della celluloide, spaziando dall’ ormai arcinoto poliziottesco al rape and revenge alle sitcom fino ad un genere non ai più conosciuto come lo spaghetti western con qualche venatura di horror, come è il caso del film che vi andrò ad analizzare oggi, “ Mannaja, di Sergio Martino, un western molto sui generis, che vede protagonisti il Re del poliziottesco, Maurizio Merli, oltre ad un altro dei cattivi dei film di genere, quale John Steiner, Philippe Leroy, Martine Brochard ed alcuni grandi caratteristi quali Antonio Casale, Riccardo Petrazzi e Nello Pazzafini. Pensate che per la violenza di certe scene, all’ uscita nelle sale cinematografiche, il film fu vietato ai minori di 18 anni.
Merton, soprannominato Mannaja, Maurizio Merli, vista la sua abilità nell’ utilizzo di questa arma curiosa, cattura un bandito nella nebbia, bandito sul quale c’ è una taglia di cinquemila dollari, utilizzando proprio quest’ arma per indurlo, diciamo così, a più miti consigli. L’ obiettivo del cowboy, però, è quello di mettere le mani su chi, anni prima, aveva ucciso suo padre, Ed Mc Gowan, interpretato da uno sbiadito Philippe Leroy, adesso a capo della città di Suttonville dove bisogna solo lavorare e non dedicarsi alla lussuria; al suo soldo, il bieco Woller, John Steiner. Mannaja vuole riscuotere cinquemila dollari per la cattura del bandito, ma non essendoci uno sceriffo, è impossibilitato ad incassare, cosicchè, in una veloce partita a carte, li prenderà al bieco Woller, facendo poi scappar via il bandito. Mannaja, successivamente, si troverà ad affrontare tre sgherri agli ordini di Woller ma, dopo un’ aspra lotta nel fango, riuscirà ad avere la meglio. Woller tenta in tutti i modi di eliminare colui che è bravo anche con la pistola, ma i tre sgherri di cui prima faranno una brutta fine. Ferito, verrà preso in cura da un gruppo di ballerine, una delle quali è interpretata da Martine Brochard, e dal loro “ datore di lavoro “. Ma Woller ha l’ asso nella manica, il rapimento della figlia di Mc Gowan, Deborah, in realtà consenziente ed innamorata di Woller. Mannaja, presentatosi a Mc Gowan come il figlio dell’ uomo che lui aveva ucciso anni prima, si offre per liberare la ragazza, cadendo così nella trappola ordita dal bandito il quale, trovando pietre al posto dell’ oro da lui richiesto, sottopone Mannaja a torture indicibili, legandolo sottoterra e lasciandogli solo la testa fuori con gli occhi aperti rivolti verso il sole. La fine sembra vicina per il nostro eroe, ma a salvarlo arriva proprio il bandito che il nostro cowboy aveva lasciato andare. Mannaja è ormai ridotto alla cecità, ma piano piano, riacquista la vista e si prepara alla resa dei conti.
Scene finali: Woller, che nel frattempo ha ucciso Mc Gowan, viene informato da Craven, il bandito lasciato libero, che Mannaja è ancora vivo, al che manda i suoi uomini ad ucciderlo, ma il biondo cowboy, uno ad uno, non risparmia nessuno e torna a Suttonville dove, in mezzo alla nebbia da dove era iniziato tutto, con una mannajata in pieno petto elimina l’ acerrimo nemico.
Un western in un’ epoca, e siamo al 1977, in cui questo genere era pressoché giunto al capolinea, con molte scene forti, le ballerine a Suttonville che allietano i minatori in contrapposizione ad un cruentissimo assalto alla diligenza su tutte, la nebbia che proprio tipica dei western non è, un’ arma come la mannaia non propriamente tipica di queste pellicole, aspre lotte nel fango rendono questo film altamente interessante e godibile fino alla fine, con un Maurizio Merli che, oltre che con le mani e con la pistola, ha dimostrato di sapersi disimpegnare molto bene anche con la mannaia.
Stefano Steve Bertini
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