Come molti dei nati negli anni ’80 e nei primissimi anni ’90 del secolo precedente, sono cresciuta a Kinder 5 cereali, Barbie e Bim Bum Bam. A scuola non avevo alcun ausilio digitale, se non la cancellina, la mia memoria e un discreto c… coraggio.
Quando ho iniziato la prima elementare, stretta nel banco color fondo di bottiglia con gomme da masticare appiccicate sotto come monito, Wikipedia non era neanche stata concepita e alle superiori, senza Splash Latino a salvarmi dalla pubblica umiliazione, prendevo l’autobus la mattina presto per copiare le versioni dalle più brave della classe che erano decisamente piu’ affidabili e non necessitavano di wifi.
Noi generazione di piccole donne con pantaloni a vita bassa e zatteroni glitterati a piedi siamo cresciute senza ansie, se non quella di abbinare l’ombretto allo smalto e incontrare un Lui con i pantaloni ancora più a vita bassa dei nostri che ci guardasse negli occhi e con il fare da uomo depresso, un mix tra Kurt Cobain e Richard Ashcroft dei Verve, ci dedicasse testi di canzoni romantiche tradotte con il vocabolario d’inglese della terza media. Oggi basta digitare”parole romantiche” su Google e il gioco è fatto.
Siamo cresciuti così e non lo rimpiango. Con questo bagaglio analogico alle spalle siamo andati all’università convinti che quello che ci avevano inculcato a scuola fosse oro colato e che la cultura e la preparazione fossero davvero importanti. Abbiamo scelto con la passione e un pizzico d’idealismo tipico dell’opulenza e poi, chi prima e chi dopo, ci siamo sbattuti con un muro chiamato crisi che ha rimescolato le carte in tavola.
A quel punto già assuefatti a Wikipedia e alla scoperta dei social network, ci siamo svegliati digitali e precari.
Da allora ci stiamo continuamente reinventando.
Da allora ci alziamo ogni mattina e aggiungiamo una nuova esperienza al nostro curriculum.
Da allora cambiamo “divisa” per adattarci al nuovo contesto neanche fossimo un camaleonte. Non ci lamentiamo nemmeno più o almeno io non lo faccio più, assorbita dal vortice continuo di rinnovamento che ci tiene sempre con le antenne spiegate, pronte ad alzarci la mattina e ad imparare un nuovo lavoro.
Oramai sono abituata a vivere in bilico, sospesa, in punta di piedi, a muovermi veloce per tentare di rimanere in pari con il mondo, ma che io dovessi pure rimparare ad andare in bicicletta per evitare di perdere tempo a cercare parcheggio tra un lavoro e un altro, questo proprio non lo accetto.
È dal 1999; dai tempi di Britney Spears con i codini che non pedalo.
Ho googlato aforismi sulle biciclette e ho trovato questo di Einstein
La vita è come andare in bicicetta: per mantenerti in equilibrio devi muoverti
E se lo dice lui… scaricherò un tutorial da You Tube
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