Gli archivi sono i depositi della memoria collettiva, in pratica sono i fondamenti documentari della storia di una comunità. L’archivio della curia di Cortona , come riportato dal Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche, contiene circa 2500 “unità” tra registri e documenti individuali per un periodo compreso tra il 1337 e il 1973. Quindi se un ricercatore vuole scoprire per esempio atti matrimoniali, o battesimali, o notizie riguardanti famiglie cortonesi precedenti l’unità d’Italia deve accedere agli archivi ecclesiastici.
Dopo il 1861, molti atti vennero conservati dagli Archivi di Stato.
Circa un anno fa ebbi il permesso, dalla Curia, di accedere all’Archivio diocesano di Cortona, in uno dei due giorni in cui era aperto dalle 9 alle 12, e le mie ricerche ebbero un esito positivo.
Molto diversa la situazione di quest’anno. Durante il mese di ottobre 2015 sono tornato agli uffici della Curia, alle 9 del mattino, per chiedere il permesso di accedere all’Archivio suddetto per una ricerca riguardante una famiglia cortonese.
Purtroppo la situazione si è dimostrata disperata e, direi, preoccupante, per i seguenti motivi: non solo non è possibile accedere all’archivio per mancanza di personale, (e fin qui si potrebbe pensare ad una situazione temporanea), ma durante la conversazione con l’anziano e gentile sacerdote della Curia, si è rivelato che nessuno sa se e quando, né dove, l’archivio potrà riaprire.
Alla mia domanda riguardante la futura ubicazione dell’archivio, la risposta è stata, testualmente: “siamo nelle mani del vescovo“.
Non mi sembra affatto soddisfacente. Anzi a questo punto la situazione diventa veramente preoccupante. Qui non si tratta di beni esclusivamente ecclesiastici, ma di documenti riguardanti la comunità. Documenti che potrebbero rimanere inaccessibili a tempo indeterminato, non c’è infatti alcuna garanzia che l’archivio venga riaperto, con grave danno per chi vuole semplicemente fare luce su aspetti poco noti della storia locale. Viene in mente un libretto satirico di Umberto Eco, derivante da una sua lezione milanese, intitolata De bibliotheca, in cui si sostiene paradossalmente che libri e documenti “stanno bene al buio” e non nelle mani di lettori perdigiorno.
Con questa lettera aperta oltre a informare altri eventuali studiosi della situazione, sperereri di ottenere risposta alle seguenti domande:
1) Si intende trasferire l’Archivio in altra sede? Si intende trasferire il materiale ad Arezzo?
2) Quando potrebbe avvenire tale trasferimento? E si stanno preparando misure per l’apertura al pubblico dell’archivio?
3) Quali misure si stanno prendendo per la preparazione di un inventario del materiale archivistico?
Come si vede sono domande semplici che qualsiasi organizzazione dovrebbe essersi posta prima di chiudere un importante centro di documentazione.
Cordiali saluti,
Diego Zancani, Professore emerito, Università di Oxford.