Il bomber di provincia di cui oggi vi vado a parlare è un giocatore che ha vestito anche la casacca bianconera di Torino, oltre a quella friulana dove ha espresso il suo maggior talento, e cesenate. Ladies and gentlemen, ecco a voi Vincenzo Iaquinta. Subito per tagliare la testa al toro, vi dico che il bomber di origini calabresi ha messo a segno nella sua carriera, interrotta a 35 anni per una serie interminabile di infortuni, 461 presenze con 133 reti, compresa la Nazionale, con la quale vinse il Campionato del Mondo nel 2006 in Germania.
Iaquinta non si può definire uno zingaro del calcio, avendo militato, in 17 anni di onorata carriera, solamente in 6 squadre, iniziando dal Reggiolo fra i Dilettanti, proseguendo per Padova, Castel di Sangro, ( ricordate la mitica squadra su cui fu scritto anche un libro? ) Udinese, Juventus e Cesena.
Certamente fu la Juventus l’apice della sua carriera, ma fu con l’Udinese che raccolse i suoi migliori successi.
In tutte le carriere dei calciatori c’è una data da segnare col circoletto rosso, e per Iaquinta questa è il 14 settembre del 2005, giorno, mese e anno in cui esordice in Champion’s League mettendo a segno una storica tripletta contro i greci del Panathinaikos. Viene messo, successivamente, fuori rosa per il suo rifiuto di prolungare il contratto, ma la sua dipartita dalla squadra dura poco più di due settimane; resta un altro anno in Friuli, dove tocca il massimo delle sue segnature, con 14 reti in 30 presenze di campionato e poi passa alla Juventus, appena tornata nella massima serie. Dopo due buone stagioni, dove anche la neo promossa squadra di Torino ottiene due brillanti secondi posti, le stagioni successive, complici i molti infortuni di cui prima, segnano una parabola discendente del ragazzo di Calabria che, dopo una breve parentesi a Cesena, tornerà ancora a Torino, dove, però non verrà nemmeno mai convocato, nonostante, secondo lui, l’allora allenatore Conte, avesse grande fiducia nelle sue qualità.
Si era parlato, quest’estate, anche di un suo trasferimento al Parma, ma, probabilmente per la sua instabilità fisica, non se ne è poi fatto nulla. E così, il buon Vincenzo Iaquinta da Crotone, decide di appendere le scarpette al chiodo.
Questo, uno stralcio di un’intervista ( cit. Tuttosport.com ) di poco più di un anno fa riguardo al suo mancato utilizzo nella Juve di Conte:
«Potevo giocare altri tre anni, invece mi sono dovuto ritirare. Quando ti fai sempre male, finisci per mollare un po’ mentalmente». Vincenzo Iaquinta ha detto basta ufficialmente nei mesi scorsi. A 35 anni, dopo un Mondiale vinto con l’Italia, 40 gol in 108 partite con la Juventus e una serie di infortuni diventati insopportabili.
C’è una cosa che non rifarebbe più?
«Dal Reggiolo all’Udinese, dalla Nazionale alla Juve, della mia carriera ripeterei tutto».
Davvero nessun rimpianto…
«In realtà uno ce l’ho: mi spiace non esser stato protagonista nella Juve di Conte. Una squadra con una mentalità straordinaria. Sono uscito di scena proprio sul più bello».
Conte, nel 2011-12, non l’ha utilizzata neanche un minuto.
«E’ vero, però stravedeva per me. Ricordo le parole che mi disse quell’estate: “Vincenzo, fammi vedere che sei quello che penso, poi convinco io la società a tenerti”. Purtroppo, però, mi infortunai».
Di nuovo fermo e di nuovo al centro di tante voci.
«Ne ho sentite di tutti i colori. Tutte falsità dette da gente invidiosa. Su internet scrivevano addirittura che mi stessi disintossicando. Una cattiveria assurda e senza senso che qualcuno aveva tirato fuori già ai tempi di Udine. Pazzesco, io in quei periodi soffrivo da matto perché ero infortunato».
Ma ha capito il motivo di così tanti guai fisici?
«Di sicuro, nel 2009, dopo l’operazione al ginocchio, si tentò di farmi rientrare troppo in fretta. Mi dissero di provarci troppo presto, avevo una gamba sottile come quella di mio figlio».
Stefano Steve Bertini