Per la quarta puntata de ” I bomber di provincia “, oggi vi parliamo di Dario ” Tatanka “ Hubner. Tatanka, per chi non lo sapesse, nel linguaggio indiano significa bisonte, soprannome che gli era stato affibbiato dai tifosi del Fano, negli anni della sua militanza nella squadra marchigiana, dal 1989 al 1992. Ma la carriera di Dario Hubner calciatore dura quasi 5 lustri, essendo cominciata nel 1987 nella Pievigina, squadra della provincia di Treviso, allora militante nel Campionato Interregionale, per concludersi nel 2011 nella squadra del Cavenago, provincia di Monza Brianza, militante del campionato di Promozione.
Chiaramente, non sono queste le squadre in cui Tatanka ha fatto la sua fortuna, Tatanka che ha due grandi rammarichi nella sua lunghissima carriera: non aver militato mai in una grande squadra e, a mio parere molto più grave, non aver mai indossato la maglia della Nazionale.In tutta la sua carriera, per gli amanti delle statistiche, ha disputato 676 partite, mettendo a segno 348 reti. Insieme a Igor Protti, detiene il titolo di capocannoniere in tre diverse categorie: serie A con il Piacenza, serie B con il Cesena, serie C con il Fano.
Le uniche squadre in cui Dario Hubner da Muggia, provincia di Trieste, non ha lasciato il segno, sono state il Perugia e l’Ancona, mentre Cesena, Piacenza e Brescia serbano del bomber dal cognome straniero ma di italicissime origini, bellissimi ricordi.
Oltre a non aver mai militato in grandi squadre e non aver mai indossato la maglia della Nazionale, come ricordato prima, il buon Tatanka ha esordito anche piuttosto tardi in serie A, a 30 anni con la maglia del Brescia, nell’anno dell’arrivo di Ronaldo all’Inter. Ma quell’anno, 1997-1998, tanto per non farsi mancare nulla, conquista il titolo di capocannoniere della massima serie alla pari con un certo David Trezeguet.
Raggiunto l’apice della carriera proprio a Piacenza, la carriera subisce un lento declino negli anni successivi, con un ultimo picco: insieme a Paolo Poggi, altro bomber di razza, nel 2004-2005 contribuisce a riportare il Mantova in serie B. Da lì in poi, solo squadre dilettantistiche.
Si narra, anche, che qualche vizietto non se lo facesse mancare: da buon nordico, si dice che mandasse giù diversi grappini e che fosse anche un buon fumatore tanto da non farsi mancare, così narra la leggenda, una Marlboro durante l’intervallo delle partite. Ma di tutto questo, come si vede dai numeri, non ne ha mai risentito.
Ha poi provato ad intraprendere la carriera da allenatore, ma con scarso successo, e adesso, da uomo normale qual è sempre stato, si dedica a coltivare l’orto e a dare una mano nel bar di famiglia.
Stefano Steve Bertini