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Austria, un voto che fa riflettere

La ragione, mi portava a pensare che in Austria avrebbe vinto l’ultradestra di Hofer, sulla spinta dell’onda populista che si va via via affermando in alcuni paesi europei, ma il cuore mi diceva che avrebbe vinto il verde Van der Bellen, perché un ritorno al passato sarebbe stato la fine per l’Europa che l’Italia di Spinelli volle. La paura di un ritorno al passato ha spinto oltre il 70% degli elettori ad andare a votare, in una competizione che sarebbe risultata decisiva per il futuro dell’Austria ma anche dell’Europa, come lo sarà anche il referendum Brexit in Gran Bretagna il prossimo 22 giugno.

 

E’ stato scongiurato il pericolo che l’Austria si chiudesse dentro un bunker che avrebbe vanificato il lavoro di mezzo secolo, anche se questa Europa dovrà cambiare in modo da passare dall’Europa della finanza e delle banche a quella del lavoro, dei diritti e del sociale. Prima la vittoria dei Verdi nel land tedesco del Baden-Wuttemberg ed oggi quella dei verdi austriaci, rappresentano un passo in avanti verso quell’Europa che tutti noi, quelli della sinistra progressista ed ambientalista auspichiamo da anni.

In Italia, oggi, sarebbe impensabile un risultato così, oppure come quello del sindaco di origini indiane di Londra o di un presidente come Obama, forse fra qualche generazione ciò sarà possibile, perché il nostro Paese non ha una classe dirigente all’altezza e adeguata a guidare gli italiani verso una società più rispettosa dei bisogni della società, dell’ambiente e della qualità della vita, del lavoro e della sua dignità, della scuola e della sanità pubblica, siamo ancora molto lontani ! Quante volte sentiamo dire di qualche politico “è una brava persona, è onesto, ma non buca…”, l’importante per molti italiani, è che il politico sia un chiacchierone, uno che promette, uno che usa un linguaggio da bar e da capo della tifoseria, che sia anche un po’ arrogante e presuntuoso, non importa se ignorante e poco onesto.

Peccato che il nostro popolo abbia smarrito la strada che lo portò negli anni ’60 e fino al ’90 ad essere la quinta o la sesta potenza mondiale in campo economico, ad avere una delle migliori scuole al mondo ed una sanità che tutti ci invidiavano, ma anche la nostra democrazia, che però, a forza di colpi e mazzate alla costituzione, di corruzione e ruberie, potrebbe essere soltanto un ricordo del passato. Io non mi rassegno anche se oggi siamo minoranza, ma esulto per la vittoria degli ambientalisti e della sinistra progressista in Austria.

Doriano Simeoni

Doriano Simeoni

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  • Il circolo vizioso,già ben descritto nel Manifesto di Ventotene,è quello che conduce dal senso di identità nazionale al nazionalismo.Con tutte le tragiche conseguenze.E'evidente l'incapacità di inventare qualcosa che garantisca, attraverso nuovi legami (federare viene da "foedus" che significa :legame, unione, alleanza),tanto le rispettive identità quanto la scala e la realizzazione degli interessi individuati come comuni.Dovremmo essere abbastanza convinti:delle identità,degli interessi,della forma e del contenuto del patto federativo.Il tutto in un orizzonte globale che non ha più molto a che fare con quello che si rappresentavano Spinelli,Rossi e Colorni nel 1941.Ci vorrebbe ,semmai ,un nuovo Manifesto.Quello di Ventotene ha già dato.

  • Concordo sul fatto che i tempi cambiano e che il manifesto di Ventotene andrebbe aggiornato, però, secondo me tenendone fermi i principi ispiratori, del resto i padri dell'europeismo non potevano prevedere che saremmo arrivati in mezzo secolo alla globalizzazione, con i pro e i contro che essa produce. I tempi sarebbero maturi alla luce delle esperienze fin qui fatte, ora tocca alla politica mettere in moto il cambiamento. Doriano

  • Il Manifesto di Ventotene è ormai una testimonianza storica cui non si può più fare riferimento per far progredire la Comunità Europea fino agli Stati Uniti d'Europa, essenziali per affrontare su posizioni di forza le sfide economiche ed anche militari dei prossimi decenni. Piuttosto che sostituirlo con uno più aggiornato la questione vera e risolutiva sarebbe una selezione più rigorosa della classe politica dirigente che dovrebbe orientare su quella strada i paesi della UE, ma temo che non sia possibile nel breve termine perché ciò richiederebbe una revisione delle "democrazie".

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Doriano Simeoni

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