Una partecipazione straordinria di pubblico ha fatto da meravigliosa cornice, presso il centro visite “La Casetta”, all’interessante incontro organizzato dal circolo locale di Legambiente e dagli amici del Lago di Montepulciano il cui protagonista è stato Serge Latouche. Nonostante il cielo minacciasse pioggia per tutta la sera i tanti spettatori giunti per l’occasione si sono dimostrati partecipi ed incuriositi, contribuendo al successo dell’iniziativa con domande e richiste di approfondimento.
Serge Latouche, economista e filosofo francese, ha acquisito fama internazionale grazie alle sue teorie sulla decrescita felice ma per l’occasione ha spaziato anche su temi quali la biodiversità, l’autonomia agricola e alimentare, parlando anche dell’ipotesi di realizzazione di un Biodistretto in Valdichiana.
Lanciando critiche ai modelli di imperialismo culturale, al predominio della crescita come motore di sviluppo e all’utilitarismo come etica predominante Latouche ha invitato a riflettere sul tema della decrescita felice, sulla necessità di ridurre gli sprechi energetici e di cibo, sulle disuguaglianze sociali e sull’impronta ecologica da imprimere alle nostre vite, introducendo anche interessanti proposte alternative alle nostre società fondate sul consumo che potrebbero rivelarsi adeguate in un momento storico di grande difficoltà come il nostro, per combattere la crisi economica e sociale.
C’è un limite, secondo lo studioso, allo sviluppo e alla mercificazione e l”ossessione per lo sviluppo è tutta occidentale, così come la sfrenata tendenza a ridurre ogni cosa a merce di consumo, persino i beni comuni. “Per continuare a produrre, a consumare, a creare oggetti, servizi e merci che danno l’illusione di vivere meglio,” sostiene Latouche “non facciamo che peggiorare le condizioni di vita, la felicità e il benessere”
Latouche ha parlato anche di resilienza, sostenendo l’opportunità di un ritorno alle buone pratiche locali, recuperando l’autonomia tipica del mondo contadino coinvolgendo non soltanto gli aspetti agrari e ambientali, ma anche quelli sociali e culturali. Per fondare una società basata sulla qualità della vita e non sulla merce, quindi, è necessario riappropriarsi delle nostre origini, recuperare la capacità di sopravvivenza e la padronanza del saper fare, soprattutto in campo alimentare. Viviamo infatti, secondo lo studioso, in un mondo che potremmo definire come un paese dell’assurdo, in cui non c’è più il senso sacro del cibo. Tutto ciò è accaduto perchè nell’etica utilitarista non esiste alcun senso del limite: tutto si nutre con l’illusione di uno sviluppo infinito, di una crescita eterna, di un consumismo che non deve avere limiti. Per recuperare l’autonomia agricola e ambientale, quindi, è necessario ritrovare e condividere il senso della misura.
Tutto ciò è utopia o, al contrario, un discorso molto concreto? Modificare il nostro comportamento secondo tale visione alternativa del mondo oggettivamente non ci costerebbe nulla. Per questo potremmo davvero pensare di cambiare punto di vista e abitudini… e provarci!
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Il tema dello sviluppo/non sviluppo/sviluppo sostenibile ecc. é molto interessante:Forse non c'è alcuna certezza probabilmente si tratta di trovare la misura,ma per poter fare ciò occorre guardare il mondo da altre prospettive,Mi viene in mente un tema: vale anche per le nascite? e se si come fare e quale misure adottare.Ma credo che esistano solo formule ad "assetto Variabile".Difficile legiferare in termini rigidi.