Raccolta porta a porta: Sei Toscana a lavoro per l’avvio del servizio in altri tre comuni
Prosegue il lavoro di Sei Toscana, in collaborazione con le amministrazioni comunali e l’Autorità di ambito, per attivare nuovi servizi di raccolta porta a porta nei comuni della Toscana del sud. Dopo le attivazioni del servizio di raccolta domiciliare che nel 2016 hanno interessato i comuni di Asciano, Marciano della Chiana, Pienza, Rapolano Terme e Roccastrada, il 2017 parte con l’avvio del porta a porta a Lucignano, Castiglion Fiorentino e Torrita di Siena.
A Lucignano, nei due incontri pubblici che si sono tenuti nelle scorse settimane per illustrare le nuove modalità del servizio, sono state molte e molto interessate le persone hanno voluto essere presenti, in uno scambio proficuo di idee e impressioni che permetteranno agli utenti di iniziare il nuovo servizio di raccolta con una coscienza più piena delle nuove modalità di conferimento dei propri rifiuti. Come sempre, l’importante e significativa riorganizzazione del servizio è stata affiancata da una campagna di informazione capillare promossa dall’amministrazione comunale e Sei Toscana, che, oltre agli incontri pubblici, prevede la distribuzione dei kit per differenziare e del materiale informativo ad ogni utenza. Consegna del kit in questi giorni anche a Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo, mentre a Torrita di Siena sono state inviate le lettere ad ogni utenza che sarà coinvolta dal porta a porta, con tutte le informazioni utili sui tre incontri pubblici che si terranno il prossimo 4 aprile (due incontri, uno alle 17,30 presso la Pubblica Assistenza a Torrita Scalo, e uno alle 21 al Teatro degli Oscuri a Torrita) e il 6 aprile (alle 17:30 al Teatro “B.Vitolo” nella frazione di Montefollonico). L’obiettivo su cui Sei Toscana, l’Autorità di ambito e le amministrazioni comunali stanno lavorando attraverso le attivazioni di servizi di raccolta specifici è quello di incrementare la percentuale di raccolta differenziata e di aumentare il recupero di materia attraverso l’avvio a riciclo, secondo quanto previsto dalla normativa europea e nazionale nonché dalla programmazione regionale e provinciale. Sempre nel corso di quest’anno, Sei Toscana ha pianificato l’attivazione o l’estensione del servizio porta a porta anche in altri comuni della Toscana del sud. Per tutte le informazioni relative ai servizi: numero verde Sei Toscana – 800127484 – oppure sito internet www.seitoscana.it.
Anche nella Toscana del Sud la frazione organica esempio di economia circolare
Continua ad aumentare in Italia la raccolta differenziata di frazione organica e sfalci di potature, facendo segnare nel 2015 un incremento del 6,1% rispetto all’anno precedente, pari a 350.000 tonnellate in più raccolte. E’ quanto contenuto nel rapporto annuale Biowaste, appena pubblicato dal Cic, ossia il Consorzio italiano compostatori, elaborando i dati Ispra sulle raccolte differenziate e dal quale emerge che a livello nazionale vengono intercettati oltre 100 kg pro-capite di rifiuto organico l’anno. Avanzi di cibo, scarti della preparazione dei pasti, potature in genere, la frazione organica si consolida come la componente principale dei rifiuti urbani raccolti, rappresentando il 43,3% della differenziata in Italia, seguito da carta e cartone (22,5%) e vetro (12,5%). Secondo le stime del CIC nel 2015 sono state raccolte 4 milioni di tonnellate di frazione organica, pari a circa 66 kg per abitante/anno, e oltre 2 milioni di tonnellate di sfalci di potature, pari a circa 34 kg per abitante. Dati che si confermano anche prendendo in considerazione le raccolte differenziate effettuate da Sei Toscana nel bacino dell’Ato Toscana sud, dove nel 2015 sia le quantità di frazione organica sia le quantità di sfalci di potature intercettate hanno fatto registrare un andamento positivo di circa il 2%. Sulla stessa linea anche il dato in merito alla prodizione pro-capite, per il quale secondo lo studio del Cic emerge che a livello nazionale vengono intercettati oltre 100 kg pro-capite di rifiuto l’anno, sommando sia la frazione organica che gli sfalci di potatura, con un maggiore quantitativo medio nelle Regioni del Nord (122 kg pro capite), rispetto al Centro (101,4 kg) e al Sud (70,2 kg). Dati significativi, che si confermano anche nei numeri non ancora certificati del 2016, e che dimostrano come le politiche di riorganizzazione dei servizi e la spinta a raccolte differenziate capillari risultino fondamentali nel raggiungimento degli obiettivi che la comunità internazionale ci pone, soprattutto adesso con l’approvazione del Pacchetto sull’economia circolare che ha notevolmente alzato l’asticella. Proprio in tale ottica, il rapporto mette in evidenza come la filiera della frazione organica e degli sfalci di potature risulti essere un ottimo esempio di economia circolare, sottolineato anche da Legambiente che ha individuato il Consorzio italiano compostatori come “Campione dell’economia circolare” per il suo impegno, da 25 anni, nel costruire in Italia una filiera virtuosa di raccolta, trattamento e riciclo del rifiuto. Una filiera che nella Toscana del sud vede il suo compimento grazie agli impianti che riescono a tradurre in prodotto i rifiuti raccolti in modo differenziato. In Italia sono in tutto 308 gli impianti di riciclo di frazione organica e sfalci, e secondo le stime del Cic, da questi sono stati ricavati nel 2015 circa 1,76 milioni di tonnellate di compost, oltre ad energia derivane da biogas, per un volume d’affari pari a 1,7 miliardi di euro di fatturato e 9.000 posti di lavoro.
Google sarà green al 100%
Google ha deciso di dare il buon esempio e diventare sempre più green: nel 2017 acquisterà solo energia rinnovabile per alimentare le sue attività globali. Più che un obiettivo, è una promessa alla quale il gigante di Mountain View non ha intenzione di sottrarsi: “La lotta contro il cambiamento climatico è una priorità globale sempre più urgente”, si legge nel blog di Big G che, con i suoi giganteschi data center ed uffici sparsi nel mondo, ha deciso di fare la sua parte.
Ogni ricerca, ogni click, ogni immagine caricata tramite Google, dal 2017, avrà un impatto minore.
A parte 20 nuovi progetti di energia rinnovabile, attivi dalla regione cilena di Atacama alla Svezia, gli impegni di acquisto di energia pulita da parte di Google si tradurranno in investimenti infrastrutturali superiori ai 3,5 miliardi di dollari a livello globale, circa i due terzi dei quali negli Stati Uniti. Già oggi sono il più grande acquirente al mondo di energia rinnovabile, con impegni che raggiungono i 2,6 gigawatt (2.600 megawatt) tra eolica e solare ma il colosso ha già dichiarato che nei prossimi 10 anni investirà nel fotovoltaico, nell’eolico e in fonti di energia rinnovabile non intermittenti a basso impatto come l’idroelettrico, le biomasse e il nucleare.
Se si tiene conto che, secondo alcune fonti, il totale dei data center nel 2015 ha consumato il 3% dell’intera fornitura di energia elettrica mondiale, è evidente come l’incremento della richiesta e di investimenti da parte di grandi gruppi come Facebook, Apple, Microsoft e appunto Google, sia determinante per lo sviluppo delle nuove tecnologie e la riduzione dell’impatto di tutta la rete.
Autostrada solare
L’inaugurazione dell’Autostrada Milano-Napoli, nel 1964, aprì un nuovo capitolo nella storia del nostro paese. L’Italia dell’epoca, in pieno boom economico ma con ancora fresche le ferite della guerra, si stropicciava gli occhi, incredula, raccolta davanti alle poche tv che iniziavano ad arredare le case degli italiani.
Fu però quel nome, “Autostrada del Sole”, scelto quasi per caso durante una nebbiosa mattina milanese pensando all’assolata Napoli, a rendere questa fondamentale infrastruttura qualcosa di più. Non un’autostrada, ma un auspicio di progresso individuale e generazionale; non più e non solo la possibilità di attraversare lo stivale in poche ore, ma la promessa della crescita e della speranza che quegli anni avrebbero regalato.
Da autostrada del sole a autostrada solare: oggi, a 53 anni di distanza da quel 1964, Ségolène Royal, ministro francese dell’energia, inaugura la prima strada interamente costruita con pannelli solari.
Un prototipo di appena un chilometro, che però dal piccolo comune di Tourouvre au Perche nella nebbiosa normandia, rilancia quell’auspicio di crescita e riscatto, con l’ambizione di dare alle tecnologie solari il boom ormai annunciato da diversi anni.
Il tratto, inaugurato nel dicembre scorso
è interamente ricoperto
da 2800 metri quadrati di pannelli solari
e sarà percorso da circa 2000 mezzi al giorno.
L’intento principale di questa prima installazione, fanno sapere da Wattway, l’azienda che ha sviluppato la tecnologia, è misurare il reale output energetico della strada, per capire se i 280Mwh saranno in grado di alimentare l’illuminazione stradale del vicino paesino di 3400 abitanti.
“Il progetto – spiega Jean-Charles Broizat, direttore di Wattway – è ancora in fase sperimentale, e la costruzione di questo breve tratto in Normandia è una reale opportunità per migliorare”.
Quello di Tourouvre au Perche però, non è che uno dei pezzi della strategia di sviluppo del progetto. Appena dopo l’inaugurazione in Francia infatti, la tecnologia di Wattway ha fatto capolino anche oltreoceano, con una prima installazione pilota nello stato americano della Georgia. Appena 50 metri quadrati in grado di produrre energia sufficiente, circa 7000 kWh, ad alimentare il vicino Georgia Visitor information Centre.
Dietro il primo progetto a livello globale di strada solare c’è una partnership formata da Colas, uno dei leader mondiali nella costruzione e manutenzione di infrastrutture di trasporto e il Commissariato per l’energia atomica e le energie alternative transalpino (CEA).
“Questi test ci permetteranno – conclude Broizart – di sperimentare differenti possibili modi di utilizzare la nostra tecnologia. Testeremo diversi modelli di network elettrici e diverse possibili logiche costruttive. Ogni sito sarà accuratamente monitorato e i dati saranno analizzati a fondo dai nostri ricercatori del Campus per la Scienza e la Tecnologia di Colas e dagli esperti di CEA”.
Se i dati dovessero confermare le aspettative, la tecnologia della strada solare potrebbe per sempre cambiare le logiche di distribuzione energetica come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. Oltre a produrre energia, infatti, le strade solari costituirebbero un enorme salto in avanti in fatto di distribuzione, risolvendo il problema dell’approvvigionamento anche per le comunità più isolate e le zone più impervie.
Se la Pubblica Amministrazione è smart
A vincere in efficienza sono le amministrazioni che scelgono la condivisione abbandonando le logiche verticali. Quando la Pubblica Amministrazione si aggiorna e si modernizza, infatti, è in grado di offrire soluzioni innovative degne della Silicon Valley. Solo in questo modo può vincere la scommessa di dare risposte concrete alle necessità più urgenti della sua comunità di riferimento. Se i bilanci sono sempre più risicati e le possibilità di spesa ridotte al minimo, l’unica chiave per affrontare con successo le sfide del futuro sta nell’appellarsi all’ingegno e individuare nuove tipologie di servizi da offrire al pubblico.
La riflessione sul paradigma della Smart City, negli ultimi anni, ha contribuito all’introduzione di nuovi parametri nella valutazione dell’efficienza degli enti amministrativi.
Oggi tra le voci da passare in rassegna per una verifica sul funzionamento delle politiche locali rientrano l’innovazione sociale, il co-design e la gestione dei beni comuni.
Amministrare in modo “smart” vuol dire misurare la capacità delle città di accogliere e saper gestire i flussi migratori, attrarre cervelli e talenti per generare imprese innovative, ottenere finanziamenti europei per la ricerca e l’innovazione, agevolare le pratiche d’uso sociale degli spazi pubblici, attivare reti e relazioni per la sostenibilità e la gestione di politiche innovative, garantire gli adeguati livelli di sicurezza e legalità.
Una di queste idee smart si fonda, ad esempio, sull’adattamento alla pubblica utilità dei principi che regolano il funzionamento di piattaforme collaborative, come Airbnb o Blablacar. Gli amministratori che esplorano queste vie sono ancora dei “pionieri”, ma qualcosa si sta muovendo ed è accelerato dalla necessità dei sindaci di enti più piccoli di gestire in forma associata con i colleghi alcune delle loro funzioni.
Anche Oltreoceano, il processo di innovazione sembra destinato a compiersi ma in tempi piuttosto lenti: secondo un recente studio di Accenture, dal titolo “L’innovazione del settore pubblico (statunitense) al tempo della We Economy”, la cosa pubblica è ancora disallineata rispetto ai cittadini. Nonostante l’87% degli intervistati si sia dichiarato favorevole all’adozione di questi modelli da parte del settore pubblico, meno della metà dei dirigenti pubblici ha affermato di volerne prendere in considerazione nel corso dei prossimi 10 anni. Meno di 1 su 5, inoltre, ha detto di essere disposto a considerarlo alla stato attuale.
Tuttavia, piccoli esempi virtuosi rigorosamente Made in Italy ci aiutano tuttavia a guardare il futuro con un po’ di ottimismo. Il Consorzio dei Comuni Trentini ha dato vita a un’innovativa architettura informativa: un apparato di dati, informazioni strutturate, contenuti e servizi orientati a costruire un nuovo dialogo tra amministrazioni e cittadini, all’insegna della trasparenza e della partecipazione civica. Anche a Sud città come Siracusa, Catania e Lecce si stanno aprendo all’adozione dei modelli di innovazione sociale con risultati di miglioramento tangibili.
Cina a due ruote
Pensate che la Cina sia un Paese emergente che si preoccupa solo di crescere senza badare all’inquinamento? Ricredetevi. Almeno sul tema della mobilità, da Pechino arrivano idee davvero interessanti e l’innovazione passa per le due ruote più antiche: quelle a pedali. Il mezzo, fatta eccezione per qualche piccola modifica tecnica, è sempre lo stesso. La novità sta nella sua fruizione: il bike sharing. Si tratta di un sistema già conosciuto e diffuso che, negli ultimi anni, è stato migliorato grazie a cospicui investimenti e che oggi sta riscuotendo grande successo.
Spuntano come funghi, abbandonate agli angoli delle strade, oppure le si vede in giro con qualcuno in sella che pedala lungo i viali di una metropoli diventata finalmente più a misura d’uomo. Da Pechino a Shangai, fino al Sud, nelle città cinesi i veicoli del bike sharing sono una presenza pervasiva anche se piuttosto recente che non passa certo inosservata: ci sono quelle argento-arancione, quelle azzurre e quelle giallo limone.
Connubio di leggerezza e tecnologia all’avanguardia, le biciclette condivise sono il simbolo di una nuova generazione di cittadini che ha riscoperto il piacere della pedalata come sinonimo di vita sana e sostenibilità ambientale.
Nel 1980 il 63% dei cinesi andava in bici. Oggi, solo il 12% si muove pedalando. Nel 1995 circolavano 670 milioni di biciclette, mentre nel 2013 erano 300 milioni in meno. A Pechino oggi ci sono 5,65 milioni di auto registrate che producono 500mila tonnellate di sostanze inquinanti ogni anno. Da un paio d’anni, però, le cose stanno rapidamente cambiando e la Cina sta riscoprendo l’amore per le due ruote.
La concorrenza è aperta e a contendersi il primato di questo business sono in tre. Le gialle Ofo, che si chiamano così perché le tre lettere affiancate ricordano l’immagine di una bicicletta, sono 250mila tra Pechino, Shanghai, Xiamen e Guangzhou. L’azienda pechinese dichiara circa tre milioni di utenti per 1,5 milioni di corse al giorno. La startup è nata dall’idea di uno studente universitario di 25 anni, grazie al suo successo ha attirato l’attenzione delle grandi aziende e in settembre ha incassato l’equivalente di 100 mila dollari da un fondo d’investimento.
La rivale Mobike, nata a Shanghai, punta a un target medio-alto e usa bici che valgono fino a tremila yuan (più di 400 euro) per un costo di due yuan all’ora. L’ultima arrivata è Bluegogo, è stata fondata da un costruttore di bici, SpeedX, che ne produce 500mila all’anno, una fetta delle quali prende la via del bike sharing.
Per tutti lo stesso sistema: mezzi a pedali tracciati con il gps, utilizzabili grazie a una applicazione su smartphone. E così facendo, evitando le tessere ricaricabili comunali o regionali, il limite temporale massimo di utilizzo e l’obbligo di rilascio nelle postazioni fisse delle società, gli utenti hanno iniziato a servirsene. E molto. I dati parlano di un più 650 per cento di noleggi complessivi a bimestre nella Pechino rispetto agli ultimi due mesi de 2016, nonostante il sistema continui ad avere alcuni problemi, dal vandalismo al parcheggio non sempre rispettoso.
I problemi di traffico e smog in Cina non sono ancora risolti e probabilmente non basterà il bike sharing per limitarli, ma è un inizio. Per raggiungere risultati ancora più soddisfacenti bisogna puntare sulle infrastrutture, come l’aumento delle piste ciclabili. Per mutare davvero le cose, però, serve soprattutto cambiare il modo di vivere le città, aprendosi alla tecnologia e al cambiamento.
Imballaggi in plastica, ora il Cac premia quelli più facilmente selezionabili e riciclabili
Il cda di Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, ha dato il via libera alla diversificazione del contributo ambientale (Cac) per gli imballaggi in plastica: a partire dal 1° maggio 2017 sarà avviata la transizione verso il nuovo sistema, che premierà i rifiuti di imballaggio più facilmente selezionabili e riciclabili. In che modo? Come spiegato già un anno fa a greenreport dal direttore generale Conai Walter Facciotto, l’obiettivo dell’operazione l’obiettivo «è quello di incentivare la produzione di imballaggi più facilmente riciclabili che possano essere utilizzati come materie prime seconde nei processi produttivi». In concreto, dal prossimo 1° maggio entrerà in vigore una fase di test che – spiegano dal Conai – consentirà alle aziende di far fronte ai cambiamenti previsti dalle nuove modalità dichiarative. Da questa data sarà infatti disponibile la nuova modulistica, che diventerà obbligatoria a partire dalle dichiarazioni di competenza di luglio 2017; durante la fase di test rimarrà comunque invariato e unico il valore del contributo ambientale plastica, pari a 188,00 €/ton. L’applicazione del contributo ambientale diversificato per gli imballaggi in plastica andrà infine a regime a partire dal 1° gennaio 2018, mentre entro l’estate saranno resi noti i valori delle tre fasce contributive.
In definitiva il contributo ambientale per gli imballaggi in plastica sarà modulato sulla base dei tre criteri guida, enumerati dal Conai: la selezionabilità, la riciclabilità e, per gli imballaggi che soddisfano questi due criteri, il circuito di destinazione prevalente una volta divenuti rifiuti.
«Per premiare adeguatamente – commenta Roberto De Santis, presidente di Conai – la ricerca e l’impegno verso imballaggi più orientati all’economia circolare, abbiamo deciso un anno fa di cominciare dalla diversificazione contributiva degli imballaggi in plastica; dopo un complesso lavoro che ha coinvolto l’intera filiera dalla produzione al riciclo, entriamo ora nella fase operativa. L’obiettivo è quello di fare prevenzione, cioè di rendere sempre più conveniente la produzione e l’utilizzo di imballaggi più sostenibili e più facilmente riciclabili».
Per garantire una spinta decisiva al riciclo effettivo (e dunque alla re-immissione sul mercato di prodotti realizzati con materie prime seconde) sarebbe poi di concreto e grande aiuto un sostegno fiscale, ad esempio tramite un credito di imposta sull’acquisto di prodotti in materiale riciclato: una battaglia, questa, che spetta però al legislatore.