Evviva la Bicicletta!
Si chiama Air Purify Bike ed è una bicicletta “a fotosintesi”, nel senso che quando sarà realizzata dovrebbe essere in grado di purificare l’aria. E’ stata studiata per generare ossigeno sfruttando l’acqua e l’elettricità, che le sarà fornita da una batteria agli ioni di litio. Funzionerà sia in movimento che da ferma. Il prototipo è stato messo a punto dai designer tailandesi della Bangkok Lightfog Creativity & Design. Intanto ha già vinto un Red Dot Award. Domani potrebbe trasformare le due ruote in un mezzo di trasporto ecologico che non solo rispetta l’ambiente, ma che addirittura lo purifica.
“Inutili polemiche sui costi dell’energia: una volta per sempre si faccia chiarezza”. Lo dice Legambiente
Se l’energia costa cara è perché “c’è il problema delle rinnovabili che costano quasi dodici miliardi l’anno”. Così tornava a lamentarsi pochi giorni fa il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato. La realtà, è diametralmente opposta: se l’energia “tradizionale” costa meno di quella pulita è perché gode di incentivi, tra diretti e occulti, persino maggiori di quelli distribuiti all’elettricità verde. Oltre 12 miliardi in tutto, denuncia un dossier diffuso oggi da Legambiente. Diretti e indiretti. “E’ assurdo – afferma il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini – ma i sussidi alle fonti fossili non esistono nel dibattito pubblico e politico italiano. Addirittura nella Strategia Energetica Nazionale approvata nel 2013, il tema dei sussidi alle fonti fossili, semplicemente, non compare. Eppure stiamo parlando di 4,4 miliardi di sussidi diretti distribuiti ad autotrasportatori, centrali da fonti fossili e imprese energivore, e di 7,7 miliardi di sussidi indiretti tra finanziamenti per nuove strade e autostrade, sconti e regali per le trivellazioni, per un totale di 12,1 miliardi di euro a petrolio, carbone e altri fonti che inquinano l’aria, danneggiano la salute, e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici”. Aiuti all’autotrasporto. Tra le voci più importanti di sussidio diretto alle fonti fossili, ricostruisce il rapporto di Legambiente, ci sono i trasporti. Al settore dell’autotrasporto sono andati, dal 2000 al 2013, quasi 5,3 miliardi di euro attraverso fondi diretti al sostentamento del settore (400 milioni l’anno), sconti sui pedaggi autostradali (120 milioni in media ogni anno), riduzioni sui premi Inail e Rc (rispettivamente 105 e 22 milioni) oltre a deduzioni forfettarie non documentate per circa 113 milioni annui. Per il 2013 si tratta di 400 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i 330 per il 2014, ad oggi in discussione nella Legge Stabilità. Un’altra voce di sussidio riguarda sconti sulle tasse per l’acquisto di carburante secondo l’Ocse, l’Italia nel 2011 ha sostenuto il settore con riduzioni e esenzioni dall’accisa per oltre 2 miliardi di euro. I costi del Cip 6. “Nel nostro Paese poi – si legge acora nel dossier – alcuni impianti da fonti fossili beneficiano di sussidi diretti per la produzione elettrica, di cui l’esempio più noto è quello del famigerato incentivo Cip 6. Complessivamente, agli impianti a fonti fossili, dal 2001 al 2012 sono stati regalati 40.149 milioni di euro. Secondo i dati del Gse, nel 2012 il sussidio alle centrali è stato pari a 2.166 milioni di euro, di cui 724,4 milioni direttamente a carico dei cittadini, e continuerà, riducendosi nel tempo, ancora fino al 2021. Sempre secondo i dati del Gse, si può stimare che i Cip 6 da qui al 2021 costeranno alla collettività circa altri 4.880 milioni di euro. Addirittura nella proposta di Decreto del Fare 2 è previsto un incentivo per la costruzione di una centrale a carbone “pulito” nel Sulcis, in Sardegna. Gli oneri, stimati in circa 60 milioni di euro l’anno, per un costo totale di 1,2 miliardi di euro, saranno coperti tramite il prelievo nella bolletta elettrica. Ma non finisce nemmeno qui. Ammontano a circa 160 milioni di euro di fondi pubblici le risorse legate al sistema ETS (il meccanismo europeo di scambio delle emissioni), che andranno agli impianti inquinanti entrati in esercizio negli ultimi quattro anni, attraverso i rimborsi che sarebbero dovuti servire invece a ridurre le emissioni di CO2″. Altre forme di sussidio. Un nuovo sussidio diretto per vecchie e inquinanti centrali da fonti fossili, ricostruisce ancora il dossier, è entrato in funzione nel 2012 con nuovi sussidi giustificati con presunti allarmi legati all’emergenza gas. In pratica, per il rischio che in alcuni momenti dell’anno possano ridursi le forniture di gas dalla Russia, si regaleranno 250 milioni di euro nel 2013 a vecchie centrali inquinanti, presi direttamente dalle bollette delle famiglie, e con “deroghe alla normativa sulle emissioni in atmosfera o alla qualità dei combustibili”. Ci sono poi anche i cosiddetti extra costi per le isole minori, in realtà situazioni ideali per creare nuove rete intelligenti come sta avvenendo in diversi paesi europei, dalla Danimarca alle Canarie. Sperimentazione resa impossibile dalla condizione di monopolio con i 62 milioni di euro di sussidi di cui godono le vecchie centrali. Penalizzata l’efficienza. Nelle bollette elettriche ci sono poi i sussidi indiretti alle fonti fossili sotto forma di sconti ai grandi consumatori di energia invece che di una spinta all’efficienza per ridurre i consumi. A queste spetta uno sconto pari a 600,4milioni di euro l’anno sugli oneri generali di sistema. Altro sussidio riguarda il servizio di interrompibilità, ossia una disponibilità ben pagata a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti nel caso di problemi sulla rete. Nel 2013 il servizio di interrompibilità si può stimare in 736,5 milioni di euro. Ancora, altro sussidio diretto a favore delle aziende energivore è la riduzione dell’accisa sul gas naturale impiegato per usi industriali da soggetti che registrano consumi superiori a 1.200.000 mc annui, per 60 milioni di euro l’anno. Si punta sempre sulla gomma. Una forma di sussidio indiretto riguarda poi il campo delle infrastrutture. Invece di investire su metropolitane e tram per aiutare i cittadini a lasciare l’auto a casa, invece di migliorare la logistica delle merci per avere un alternativa più efficiente con treni e navi, in Italia la priorità degli investimenti infrastrutturali continua ad andare a strade e autostrade, con la conseguenza di favorire il trasporto privato su gomma e quindi il consumo di fonti fossili. Nel 2012 la spesa per gli investimenti in nuove opere stradali e autostradali è stata pari a 2,4 miliardi di euro, erano 3,3 nel 2011. Ancora, altri sussidi indiretti e sconti sono applicati a coloro che sfruttano le risorse fossili nel territorio italiano. Un esempio sono le irrisorie royalties previste per trivellare in Italia, che sono state portate con il Decreto Sviluppo al 10% (a parte il petrolio a mare dove è al 7%). A questi aiuti indiretti vanno aggiunti i sussidi diretti costituiti dalla riduzione dell’accisa sul gas naturale impiegato negli usi di cantiere, nei motori fissi e nelle operazioni di campo per la coltivazione di idrocarburi, che nel 2010 è stato pari a 220 mila euro. Alle fossili sei volte più incentivi che alle rinnovabili. Per chi fosse tentato di pensare che la denuncia dei sussidi alle fonti foissili possa essere viziata da un pregiudizio ideologico delle associazioni ambientaliste, è bene ricordare che da diversi anni a lanciare un accorato allarme per una situazione sempre più insostenbile è nientemeno che l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), non esattamente un covo di verdi. Dopo averlo più volte ripetuto, anche secondo l’ultimo Rapporto il dominio di petrolio, carbone e gas nei consumi mondiali è sostenuto da una quota crescente di sussidi che vengono costantemente elargiti ai combustibili fossili. A livello globale nel 2011 i sussidi ammontavano alla cifra record di 523 miliardi di dollari, con un balzo del 30% in più rispetto all’anno precedente. In pratica, i combustibili fossili hanno goduto e godono di sussidi che sono di ben sei volte superiori agli incentivi (circa 88 miliardi di dollari) che vengono erogati per promuovere le fonti rinnovabili compresi i biocombustibili. A conclusioni simili del resto è arrivato anche il Fondo monetario internazionale, un’altra istituzione al di sopra di qualsiasi sospetto di simpatia per gli ecologisti. Pertanto occorrono scelte chiare a partire dall’Italia scegliere di cancellarli è una straordinaria occasione per dimostrare una seria intenzione di frenare i cambiamenti climatici e fare della green economy la strada maestra per uscire dalla crisi. Per questo, chiediamo al governo Letta il coraggio e la lungimiranza di mettersi a capo di una coalizione internazionale per cancellare questi sussidi e assumere un ruolo da protagonista nel semestre di Presidenza dell’Unione Europea che spetta al nostro Paese a partire da luglio 2014.
Auto più sileziose dal….
Entro il 2025 il rumore delle automobili dovrà essere ridotto a un massimo di 68 decibel dagli attuali 74, con alcune eccezioni previste per i veicoli più potenti. A chiederlo è un testo approvato a larga maggioranza (45 voti favorevoli, 11 contrari e 1 astensione) dalla commissione Ambiente del Parlamento europeo, che ha così dato il proprio via libera a un accordo concluso con il Consiglio Ue. L’obiettivo degli eurodeputati è ridurre il rumore del traffico cittadino, che secondo una ricerca dell’Agenzia europea per l’ambiente altera il funzionamento degli organi e contribuisce allo sviluppo di malattie cardiovascolari. “Si tratta di un ottimo compromesso che contribuirà alla tutela della salute dei cittadini europei”, ha commentato il relatore del gruppo conservatore Miroslav Ouzky. Il testo approvato prevede una graduale diminuzione dei limiti di rumore delle auto standard fino a un massimo di 68 decibel entro i prossimi 12 anni, con un margine di 1-9 decibel per i veicoli più potenti. L’accordo abbassa il limite per i mezzi oltre le 12 tonnellate a 79 decibel dagli attuali 81. I deputati chiedono inoltre che le nuove auto siano etichettate per fornire ai consumatori informazioni sui livelli di rumore, sul modello dei sistemi già esistenti per l’efficienza del carburante e per i pneumatici. Infine, il testo obbliga i veicoli elettrici e ibridi a emettere un livello di rumore tale da garantirne l’udibilità, migliorando così la sicurezza stradale.
Ancora Ogm …nonostante la Serracchiani
La Regione Friuli Venezia Giulia si accinge a varare con solerte e sospetta sollecitudine regole di coesistenza fra coltivazioni OGM e coltivazioni tradizionali. La motivazione, almeno quella dichiarata, sta nell’intenzione di assecondare la volontà di uno sparuto gruppo di agricoltori a coltivare mais OGM Mon810, a discapito dell’ intera agricoltura locale ed in contrasto con i decreti interministeriali. La conseguenza di questa scelta politica è un vero e proprio attentato nei confronti dei produttori biologici friulani ed è una minaccia che incombe sull’ecologia e sull’economia locale, ma anche sugli equilibri naturali dell’intera penisola, sulla difesa delle piccole e medie imprese agricole e su quella dell’alta qualità del Made in Italy.
La nuova frontiera della geotermia: trasformare la CO2 (e l’azoto) in energia elettrica
Un gruppo di ricercatori statunitensi del Lawrence Livermore National Laboratory sta sviluppando un nuovo tipo di impianto per lo sfruttamento della geotermia che dovrebbe stoccare sotto terra la CO2 in eccesso ed utilizzarla per aumentare la produzione di energia elettrica di almeno 10 volte rispetto alla geotermia convenzionale. Si tratta di una tecnologia, elaborata dall’Ohio State University e dall’Università del Minnesot, destinata a far discutere molto, visto che somiglia all’incrocio tra due tecnologie molto discusse: il Carbon capture and storage (Ccs) e il fracking. Infatti, il team guidato da Tom Buscheck, un geologo del Lawrence Livermore National Laboratory, utilizza una tecnologia già in uso diversi settori industriali e i ricercatori sperano che e il loro nuovo approccio amplierà l’utilizzo dell’energia geotermica negli Usa oltre i confini dei pochi Stati che ora ne possono trarre vantaggio. La cosa è gestita dalla Heat Mining Company, LLC, una startup autonoma dell’University of Minnesota che punta ad avere nel 2016 un progetto operativo, basato su una forma precedente di questo nuovo approccio. Come dicono gli stessi ricercatori, «La nuova progettazione di impianti energetici assomiglia a un incrocio tra un impianto geotermico e il Large Hadron Collider: è dotato di una rete di anelli concentrici di pozzi orizzontali nel sottosuolo all’interno delle quali viene fatta circolare acqua con Co2 e azoto per estrarre calore dalle profondità della terra fino alla superficie, dove può essere utilizzato per attivare le turbine e generare elettricità».
Vero o di plastica, qual è l’albero di Natale più sostenibile?
Il Natale si avvicina e per i più… eco-sensibili si affaccia il solito dilemma: è più ecologico un albero sintetico o uno naturale? L’albero finto può rappresentare la soluzione più ‘eco’ se viene riutilizzato ogni anno e per più generazioni, altrimenti è senz’altro meglio un albero vero. Basti pensare che per produrre un albero finto si emettono 23 kg di anidride carbonica, mentre gli alberi coltivati assorbono CO₂ e un ettaro di vivaio produce ossigeno per 45 persone. Senza contare il problema dello smaltimento rifiuti nel caso dei materiali sintetici. L’ideale sarebbe addobbare le piante vive che si hanno a disposizione in giardino, ma ovviamente non tutti ne hanno la possibilità. Quest’anno in Italia acquisteranno un abete circa 6 milioni di famiglie, per un totale di 150 milioni di euro [dati del Corpo Forestale dello Stato]. Una volta comperato il nostro alberello, però, i problemi non sono ancora finiti: occorre prendersene cura in modo da conservarlo e poterlo riutilizzare in futuro. E se non abbiamo lo spazio per piantarlo e recuperarlo l’anno dopo, niente paura, alcuni vivai o grandi negozi prevedono di ritirare l’albero di Natale una volta finite le feste; in alternativa, possiamo donarlo ai centri di raccolta indicati dai vivaisti, dai Comuni o dal Corpo forestale dello Stato. Un’altra possibilità, suggerita da Wwf e Greenpeace, è ricorrere ad alberi realizzati con materiale “riciclato” o attraverso il fai-da-te, ad esempio recuperando i rami provenienti dalla potatura dei nostri boschi.
fonte: www.cisvto.org / www.forestintheworld.org
Pile, ulteriore giro di vite sulle sostanze pericolose
L’Ue vieta l’utilizzo di cadmio anche per le pile e gli accumulatori portatili destinati all’uso negli utensili senza fili. Perché sono disponibili sul mercato adeguati sostituti privi di cadmio. Vieta anche l’immissione sul mercato di pile a bottone contenenti più dello 0,0005 % di mercurio in peso. Perché il mercato si sta già orientando verso le pile a bottone prive di mercurio.
Allarme di Legambiente, l’Italia importa prodotti radioattivi: ecco quali
Attenzione ai prodotti radioattivi: in Italia arrivano pellet, frutti di bosco, funghi, legno ed altri prodotti contaminati dalle radiazioni nucleari e la cosa riapre anche nel nostro Paese a questione dei limiti di radionuclidi consentiti per l’importazione di prodotti alimentari. Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale Legambiente, dice: «Chiediamo con forza maggiori e migliori controlli sui prodotti agroalimentari importati in Italia da zone contaminate radioattivamente, come ad esempio quelle limitrofe a Chernobyl o Fukushima. I paesi colpiti dal disastro di Chernobyl, o quello di Fukushima, hanno posto sui prodotti agroalimentari contaminati limiti più restrittivi rispetto a quelli europei con la conseguenza che i prodotti alimentari che non possono più essere commercializzati sono, invece, legittimamente importati dai paesi dell’Unione Europea e venduti all’interno dell’Europa. Il Parlamento italiano e la Commissione Europea attui provvedimenti specifici per rivedere e abbassare i limiti di radioattività consentita per tutelare così consumatori, italiani ed europei, rispetto al rischio di alimentarsi nella dieta quotidiana con prodotti che altri paesi considerano radioattivi». «E’ fondamentale inoltre stringere la maglia dei controlli sui prodotti alimentari perché la coda avvelenata del disastro di Chernobyl e di quella di Fukushima non si è esaurita e minaccia sempre la salute di adulti e bambini. In particolare i bambini sono quelli più a rischio.
Riciclo della carta, salvati 140mila posti di lavoro
Salvati 140.000 addetti della filiera riciclo carta grazie alla decisione del Parlamento Europeo di bloccare la legge che avrebbe avuto impatto sulla classificazione della carta da macero come “riciclata” prima che fosse re-immessa nel ciclo produttivo. Lo sostiene Assocarta che spiega come, in questo modo, si salveranno più di 20.000 posti di lavoro “green” diretto e ulteriori 140.000 addetti indiretti nella filiera del riciclo della carta a livello Europeo.
Carbon free? Obiettivo possibile. Ecco Siena come c’è riuscita
Con il 102% della capacità di riassorbimento delle emissioni dei gas ad effetto serra la provincia di Siena è la prima area vasta in Europa a raggiungere l’obiettivo di essere un territorio a zero emissioni di CO2, con sei anni di anticipo rispetto alla scadenza prefissata dall’ente nel 2015. Un traguardo ottenuto con una strategia che si basa su quattro cardini principali: riduzione dei consumi energetici da fonti fossili, incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, aumento dell’efficienza energetica, conservazione e sviluppo del patrimonio forestale. Per sviluppare la produzione energetica da fonti rinnovabili, oltre al contributo fondamentale fornito dalla geotermia (che copre quasi il 90% del fabbisogno elettrico), la Provincia di Siena ha promosso l’utilizzo dei pannelli solari fotovoltaici utilizzando due leve: da una parte individuando aree idonee, non rilevanti dal punto di vista del paesaggio quali ex discariche e miniere dismesse, per l’installazione di grandi impianti; dall’altra erogando incentivi -oltre a quelli statali- per l’installazione di piccoli impianti totalmente integrati nelle strutture edilizie, da parte delle piccole e medie imprese e delle famiglie. Questa politica ha permesso, dal 2008 ad oggi, di realizzare 692 impianti, con un risparmio di oltre 2.819 tonnellate di CO2 all’anno e un investimento complessivo di circa 22 milioni di euro a beneficio dell’economia locale. In alcune scuole secondarie superiori del territorio sono stati realizzati, infine, progetti esecutivi per l’installazione di impianti fotovoltaici. Gli impianti fotovoltaici complessivamente presenti in provincia di Siena sono 2.070, e permettono un risparmio annuale di 41.633 tonnellate di CO2 evitata a fronte di 80.064 MWh di energia elettrica prodotta. Le azioni per ottenere i risultati di efficienza energetica sono state condotte tramite audit energetici, su tutto il patrimonio immobiliare riscaldato di proprietà della Provincia, e tramite bandi per le diagnosi energetiche, rivolti ai 36 Comuni del territorio, per sostenere la progettazione di interventi di riqualificazione energetica degli edifici pubblici. Con tutti i Comuni è stato inoltre sottoscritto un protocollo d’intesa per inserire nei regolamenti edilizi norme sull’isolamento termico e sull’utilizzo di energia rinnovabile sia per gli edifici nuovi che per le ristrutturazioni che intervengono sull’involucro esterno, in accordo con la Direttiva Europea del 2010, recepita in Italia nel giugno scorso. Un’azione capillare è stata poi rivolta agli impianti di riscaldamento degli edifici: dal 2003 la Provincia di Siena ha, infatti, introdotto controlli sugli impianti termici, avvalendosi di accordi con le categorie degli artigiani, le istituzioni e i consumatori e di una capillare campagna di comunicazione per garantire la sicurezza delle caldaie, per verificare il rendimento di combustione previsto dalle normative vigenti, per contribuire agli obiettivi di risparmio energetico e di contenimento delle emissioni climalteranti, anche in linea con quanto previsto dagli accordi di Kyoto. La manutenzione costante del generatore di calore, oltre a garantire un risparmio in bolletta per i cittadini tra il 5% ed il 10%, produce una riduzione di emissioni di CO2 ed oggi sono 90 mila gli impianti autocertificati in provincia di Siena con una riduzione di CO2 pari a 32.000 tonnellate all’anno che rappresentano, per importanza, la seconda voce sul totale della riduzione delle emissioni di CO2, dopo la riduzione dei consumi di combustibili fossili per i trasporti. L’ultimo asse su cui si è basata la strategia della Provincia di Siena per ottenere il suo obiettivo di divenire un territorio Carbon free, è la salvaguardia del patrimonio boschivo e della aree naturali, che rappresenta una enorme risorsa per mantenere la capacità di riassorbimento di CO2. Sul territorio senese vi sono 14 riserve naturali che si estendono per circa 9 mila ettari di superficie. Le azioni svolte per mantenere la capacità di riassorbimento della CO2 -che ha raggiunto il 102%- hanno riguardato l’attività antincendio e il consolidamento della superficie forestale. La Provincia di Siena sta inoltre lavorando per far divenire lo sviluppo sostenibile, il fattore qualificante del territorio e un elemento determinante per la competitività del sistema economico senese nel mercato globale. Questo il senso del brand Terre di Siena Green, nato per promuovere le buone pratiche, i comportamenti virtuosi e i risultati raggiunti e dare ampia visibilità alle aziende aderenti. Terre di Siena Green è declinato in tre marchi di qualità dedicati agli operatori locali impegnati nella ricettività turistica, nella ristorazione, nell’artigianato, nel commercio, nell’agricoltura, nei servizi e nel manifatturiero. Questi operatori possono scegliere di aderire a uno o più percorsi individuati all’interno di Terre di Siena: “Ospiti di valore”, sul fronte dell’accoglienza turistica; “Siena Carbon Free”, per quanto riguarda l’abbattimento delle emissioni di CO2 e “Filiera corta”, per le produzioni agroalimentari di qualità. E sono già 124 le aziende che vi hanno aderito. Domando: noi che siamo i confinanti .
Consumi: un chilowattora su tre è da rinnovabili
L’Italia si avvicina alla soglia ‘psicologica’ di 100 TWh annuali prodotti da rinnovabili. A fine anno saranno circa 108 e copriranno il 34% della domanda e il 39% della produzione. Eppure solo 3 anni fa si pensava di rilanciare il nucleare. Dal 2011, anno del referendum, il calo della domanda elettrica è del 5,2% e la generazione elettrica da rinnovabili cresce del 21%. La domanda di energia elettrica, per il quindicesimo mese di fila, è in flessione rispetto allo stesso mese del 2012. Il decremento è del 2%, con un calo dell’idroelettrico e del termoelettrico e una crescita di geotermoelettrico, eolico e fotovoltaico.Ma il mese di novembre, con 8,3 TWh circa generati da rinnovabili, avvicina il nostro paese a quella soglia ‘psicologica’ dei 100 TWh annuali che da tempo venivano annunciati. I dati di Terna (pdf) dell’ultimo mese ci consentono allora di fare delle semplici proiezioni per fine anno. Per l’esattezza a fine novembre la produzione di elettricità verde nazionale ammontava a circa 99,5 TWh (inclusi 11 TWh circa da biolettricità, contabilizzati da Terna nel termoelettrico). Per fine anno riteniamo che la produzione elettrica da rinnovabili arriverà a circa 108 TWh, una cifra che dovrebbe rappresentare una quota sui consumi totali annuali (stimabili in circa 317 TWh, -2,5% rispetto al 2012) pari al 34% (e del 39% sulla produzione netta nazionale). Quindi possiamo affermare che in Italia nel 2013, più di un kWh su tre è stato prodotto da energie rinnovabili. Con una sovraccapacità produttiva che nel 2010 era superiore del 30% al fabbisogno elettrico del paese e con un’economia che già subiva gli effetti della crisi, fa cadere le braccia ricordare quando, nei giorni del tentativo di rilanciare del nucleare in Italia, il governo Berlusconi, supportato da Confindustria ed Enel, raccontava agli italiani di un piano energetico a breve termine in cui il 25% sarebbe arrivato dall’atomo, il 25% da rinnovabili e il 50% da fonti fossili. Una farsa in cui sono caduti in parecchi, diciamo più che altro quelli stuzzicati dagli affari in ballo, ma non gli italiani che poi hanno bocciato il nuovo programma nucleare del governo con il referendum del 12 e 13 giugno 2011 (approvato con un quorum del 54% di votanti), con una schiacciante maggioranza di oltre il 94%. Oggi i dati sono inconfutabili: dal 2011, l’anno del referendum, il calo della domanda elettrica è di circa il 5,2%. Un grafico elaborato da Terna ci aiuta a visualizzare l’andamento della domanda elettrica mensili dal gennaio 2009 al novembre 2013: si può osservare come nel corso di questo anno non sono mai stati superati i 27 TWh/mese con l’unica eccezione di gennaio, e peraltro di pochissimo (27,5 TWh). Se confrontiamo la produzione dei primi undici mesi del 2013 con quella dello stesso periodo 2011, notiamo che nello spazio di soli due anni la produzione da termoelettrico è crollata di oltre il 17%. La generazione da rinnovabili nel complesso cresce invece del 21%. Il fotovoltaico con i sui 21 TWh quest’anno ha coperto il 7,3% della domanda elettrica (era al 5,9% per il periodo gennaio-novembre 2011). Insieme eolico e FV coprono il 12% della domanda annuale.
Fotovoltaico, i danni da incertezza normativa e per misure retroattive
Incertezza normativa e misure retroattive sono i peggiori nemici del FV. Un report di Epia, associazione dell’industria FV europea, riassume le vicende accadute sui principali mercati europei. La Spagna il caso più negativo, ma anche il capitolo Italia è ben nutrito. I meccanismi di supporto devono essere fatti su misura, prevedibili e dinamici. Incertezza normativa e misure retroattive sono i peggiori nemici del fotovoltaico. EPIA, l’associazione europea del fotovoltaico, lo ha ricordato oggi presentando un report che riassume le vicende accadute sui principali mercati europei (allegato in basso). Caso emblematico è la Spagna, dove in 5 anni si è riusciti nell’incredibile impresa di far passare un settore da 60mila occupati tra diretti e indiretti ad appena 5-7mila. Ma nel report è ampia anche la parte dedicata all’Italia (pag. 14 e seguenti). Nel fare un riepilogo di tutti gli scossoni normativi che il fotovoltaico italiano ha dovuto subire (sintesi grafica sotto), EPIA spiega che “a causa della continua adozione di tagli e abrogazioni non pianificati delle tariffe incentivanti e altre misure dannose per il fotovoltaico, molte aziende sono state spinte al fallimento. In generale, le misure retroattive, le moratorie e le impreviste cancellazioni o riduzioni degli incentivi, si spiega nel report “sono spesso mirate a correggere le sovraincentivazioni erroneamente decise dai Governi, ma servono solo a deteriorare ulteriormente il settore: creando un quadro per gli investimenti instabile, tali misure hanno infatti provocato la cancellazione di molti progetti, la bancarotta di numerose aziende e la perdita di posti di lavoro. E ciò che è peggio, stanno mettendo a rischio la credibilità dei Governi, con impatti negativi sull’intera economia”. Per evitare il rischio di sovraincentivazione e al contempo garantire uno sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili in Europa, secondo l’associazione i meccanismi di supporto devono essere disegnati per ciascuna specifica tecnologia, prevedibili e dinamici. Ciò significa, ha spiegato Thies, che il livello di supporto deve essere adattato regolarmente, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti.Horizon 2020, al via i bandi di ricerca: in ballo 15 miliardi di euro. Come parteciparenergia e efficienza nell’utilizzo delle risorse e materie prime presenti tra i pilastri del programma. Sono molte le opportunità per l’Europa racchiuse nel programma Horizon 2020. Un futuro più sostenibile non si improvvisa, e a meno non che non si voglia ipotizzare un tragico quanto improbabile ritorno a un’economia finanche di stampo rurale il ruolo della ricerca e dell’innovazione saranno fondamentali: Horizon 2020, il programma pluriennale di ricerca e innovazione dell’Unione europea, guarda con attenzione all’utilizzo efficiente delle risorse e allo sviluppo di forme pulite di energia. E dato che la dimensione del progetto è notevole – ha una dotazione di 80 miliardi di euro – è lecito che i ricercatori, ma anche gli altri cittadini, guardino con interesse a lui. L’abbondanza di finanziamenti non è però condizione sufficiente, da sola, per garantire che i risultati ottenuti saranno forieri di una maggiore sostenibilità sociale, economica e ambientale; questa assunzione, apparentemente ovvia, non sarà un elemento di poco conto da seguire nello sviluppo del programma Horizon 2020, e verso il quale occorrerà dedicare molta attenzione. Sicuramente, con oltre 15 miliardi di euro di fondi previsti per il primo biennio, il programma contribuirà a sostenere l’economia della conoscenza europea e ad affrontare problematiche per migliorare in maniera tangibile le nostre vite. Horizon 2020 abbraccia 12 aree su cui saranno incentrate le iniziative nel 2014/2015. Per la prima volta la Commissione ha indicato le priorità di finanziamento con un orizzonte temporale di due anni, fornendo ai ricercatori e alle imprese un’inedita certezza sulla direzione della politica di ricerca dell’UE. La maggior parte degli inviti che saranno finanziati con la dotazione del 2014 è aperta da oggi e molti altri seguiranno nel corso dell’anno. Già per i soli inviti previsti nel quadro della dotazione 2014 saranno stanziati 7,8 miliardi di euro. I finanziamenti saranno orientati verso i tre pilastri fondamentali di Horizon 2020: Eccellenza scientifica Sono previsti stanziamenti per circa 3 miliardi di euro, che includono 1,7 miliardi di euro di fondi dal Consiglio europeo della ricerca per ricercatori di alto livello e 800 milioni di euro per le borse di ricerca Marie Sklodowska-Curie rivolte ai giovani ricercatori. Leadership industriale Sono messi a disposizione 1,8 miliardi di euro per sostenere la leadership industriale europea in settori come le TIC, le nanotecnologie, la robotica, le biotecnologie e la ricerca spaziale. Sfide della società Si prevedono finanziamenti per 2,8 miliardi di euro per progetti innovativi realizzati nel quadro delle sette sfide della società di Horizon 2020, riconducibili a: sanità; agricoltura, ricerca marittima e bioeconomia; energia; trasporti; azione per il clima, ambiente, efficienza sotto il profilo delle risorse e materie prime; società riflessive; sicurezza. Gli inviti per il 2014-2015 includono anche uno strumento dedicato alle piccole e medie imprese, che prevede uno stanziamento di 500 milioni di euro distribuiti su due anni. Numerosi progetti tratteranno anche questioni di genere e sono previsti finanziamenti per stimolare ulteriormente il dibattito sul ruolo della scienza nella società. Sono state elaborate anche nuove regole finalizzate a garantire il libero accesso a Horizon 2020, al fine di garantire che i risultati dei progetti siano pubblicamente consultabili. La Commissaria europea per la Ricerca, l’innovazione e la scienza, Máire Geoghegan-Quinn, ha dichiarato: «È ora di mettersi all’opera. I finanziamenti di Horizon 2020 sono essenziali per il futuro della ricerca e dell’innovazione in Europa e contribuiranno alla crescita, all’occupazione e a una migliore qualità della vita dei cittadini. Horizon 2020 è stato concepito per conseguire risultati concreti. Abbiamo ridotto la burocrazia al fine di rendere più semplice la partecipazione. Rivolgo quindi un appello ai ricercatori, alle università, alle imprese, comprese le PMI, e ad altre parti interessate: partecipate al programma!».
Fai la cosa giusta
Passiamo il Natale con l’ambiente?
Dalla rete tante idee per pensare, preparare e vivere delle festività green: L’albero di Natale senz’albero (ma riciclato)”Take action for the Planet”: azioni natalizie ecosostenibili (video)A Natale regaleresti un cucciolo?! Abbiamo un’idea più intelligenteRiscaldamento globale a Natale? Greenpeace ci svela che succede…10 regole “smart” per un Natale “green”…e c’è di suggerisce un cenone meno impattante…Come dare nuova vita (e gusto) agli avanzi dei pranzi nataliziPalle di Natale? Crearle è più semplice di quanto credi…La campagna natalizia di Childhope Asia Philippines: visual 1, visual 2, visual 3Arrivano le luminarie! Ma con il riciclo artistico e il risparmio energeticoIdee ecologiche per addobbi Eco-FriendlyDal sacchetto delle patate alle decorazioni natalizie (video tutorial di riciclo creativo)Il mio gatto ama il Natale! Ma soprattutto l’albero… (video) Ma lo sai che Babbo Natale è stato nominato Ambasciatore per le foreste?
Vivi Sano: con i cibo di stagione
Con questo notiziario termino il mio impegno per l’anno 2013 ci rileggiamo nel 2014 nel frattempo auguro a tutti voi Buone Feste.