Legambiente critica sulla legge regionale sugli ungulati
Voleva sopire l’ira degli agricoltori la nuova Legge Obiettivo sugli ungulati, approvata dal Consiglio Regionale Toscano su proposta della Giunta Regionale e, in parte, ha raggiunto lo scopo, togliendo quasi nulla ai cacciatori, causa prima del problema. Ecco, secondo Legambiente, gli elementi di maggior criticità della Legge:
Tutti dentro, tutti uguali”. Prima distorsione grave. Si parla di emergenza ungulati, ma in realtà s’intende affrontare il problema del cinghiale, che è (in qualsiasi modo la si pensi) di gran lunga più grave del “problema” capriolo, e incommensurabilmente più grave del “problema” cervo, daino e muflone. Equiparare pressioni e impatti, mettendo sullo stesso piano, dentro un unico testo di legge, tutta questa “diversità” ecologica/etologica è un errore madornale.
“Chi inquina paga”, recita un importante principio di una direttiva europea. Ebbene, la Legge Obiettivo sull’emergenza ungulati della Regione Toscana, da questo punto di vista, afferma paradossalmente il suo esatto contrario, lasciando ancora una volta la soluzione in gran parte nelle mani delle lobby venatoria e agricola. Lobby che, insieme, hanno creato l’emergenza cinghiali sui nostri territori, allevandoli, vendendoli, rilasciandoli, pasturandoli, anche in aree, come ad esempio l’Isola d’Elba, in cui la specie non è mai esistita, e condividendo per vent’anni queste scelte negli ATC, con i cacciatori nel ruolo di attori protagonisti e i secondi correi silenti.
“Ma quanti sono?” Altra debolezza intrinseca, diremmo scientifica, della Legge è che si basa su dati e censimenti inconsistenti e non omogenei nei differenti territori toscani.
“caccia grossa” dei titoli mediatici delle ultime settimane.
“E io pago!” Il prelievo venatorio, specie se condotto col metodo della braccata e al di fuori di un trasparente monitoraggio scientifico sull’equilibrio degli ecosistemi, non riduce e semmai aumenta la presenza del cinghiale: nessun cacciatore ha mai lavorato per ridurre il proprio carniere! Primo, perché praticando un’azione continua di pasturazione degli esemplari, di fatto postula un allevamento in situ della specie; secondo perché, destrutturando i branchi, favorisce la prolificità degli esemplari più giovani che altrimenti sarebbe inibita dai soggetti adulti capibranco; terzo, perché alimentando il circuito sommerso di commercializzazione della carne selvatica, genera appetitose integrazioni del reddito, peraltro esentasse.
“Fucili ovunque e tutto l’anno” Non c’è dubbio infine, che una legge siffatta, ampliando a dismisura la finestra venatoria a favore di cacciatori e agricoltori, di fatto determina un deterrente formidabile ad altre possibili “fruizioni” della Natura. Chi tutela i cercatori di funghi, gli appassionati di trekking, i cultori del birdwatching, le tantissime famiglie passeggiano intorno agli agriturismi nei fine settimana?
Nuovo record per la geotermia toscana: 5.820 GWh in un anno, è il dato più alto di sempre
Durante il 2015 sono stati prodotti in Toscana, grazie alla geotermia, quasi 6 miliardi di KWh (5.820 GWh, per la precisione), che rappresentano il dato più alto di sempre negli oltre cento anni di attività del più antico complesso geotermico del mondo, gestito oggi da Enel green power.
Ma cosa rappresentano, in concreto 6 miliardi di KWh? In Toscana, corrispondono al consumo medio annuo di oltre 2milioni di famiglie e forniscono calore utile a riscaldare circa 9.700 utenti residenziali, 6 aziende dei territori geotermici, circa 30 ettari di serre, 2 caseifici alimentando un’importante filiera agricola, gastronomica e turistica.
La Svezia prima di tutti
Trent’anni per tagliare le emissioni dell’85% e compensare quel che manca con progetti di mitigazione all’estero. È il piano della Svezia per diventare il primo Paese carbon neutral al mondo, azzerando le emissioni nette prima del 2050. La proposta arriva dalla Commissione parlamentare per la politica ambientale, composta da 7 degli 8 partiti che attualmente hanno dei seggi in Parlamento. Solo i Democratici Svedesi, che hanno racimolato il 13% alle elezioni del 2014, non sono rappresentati. La vice premier, Asa Romson, che milita nelle fila dei Verdi, ha dichiarato che ora la sfida è alimentare un flusso di investimenti sufficientemente corposo da far crescere un’economia a basse emissioni.
L’auto elettrica di domani sarà modulare, open source e molto più economica.
Potremo costruirla direttamente in garage e cambiare in autonomia qualsiasi pezzo si rompa o non ci piaccia. È questa la visione cui si ispira France Craft, una piccola startup di Grigny, cittadina di 27 mila abitanti nella regione dell’Île-de-France. Selezionata da Business France tra le 22 realtà che hanno rappresentato l’innovazione transalpina al CES di Las Vegas, potrebbe rivoluzionare il mondo dell’automotive. Il suo cavallo di battaglia si chiama Pixel, la prima auto elettrica a prezzi competitivi. Costa meno di 10 mila euro, ed è speciale perché può costruirsela chiunque, come chiunque può montare un tavolo o una libreria. A venirci incontro è la semplicità del design: ogni veicolo è composto da soli 580 pezzi, mentre un’auto “normale” ne contiene da 6 a 10 mila. Inoltre, si può scegliere se installare un motore ibrido o elettrico.
Auto elettrica in legno
Un team di ricerca svedese ha progettato la prima auto elettrica con tetto solare e batteria al litio… di legno. In pratica, la fibra di carbonio ottenuta a partire dalla lignina compone il tetto fotovoltaico e gli anodi della batteria. I ricercatori, specializzati in ingegneria chimica al KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma,sostengono che si tratti di un’idea innovativa, anche se il legno è stato uno dei primi materiali utilizzati nella produzione di automobili. Le prime auto somigliavano infatti alle carrozze, con l’unica differenza che la potenza era fornita dai cavalli vapore e non da quelli veri.
la fibra di carbonio ricavata dalla lignina è un materiale estremamente leggero. Questo permetterebbe all’auto di ridurre il peso complessivo – una delle pecche delle auto elettriche al momento – aumentando di conseguenza l’autonomia senza dover montare una batteria più grande e costosa. Inoltre, la lignina è il secondo polimero naturale più abbondante in natura, dopo la cellulosa. La si può ricavare facilmente, essendo un sottoprodotto della fabbricazione della carta.
Rifiuti Elettronici
Riuscire a mettere a frutto nel migliore dei modi possibili la “miniera urbana” di materie prime nascosta nei rifiuti elettronici. Si potrebbe riassumere così il bando di gara internazionale lanciato proprio da questi giorni dall’European Recycling Platform. Il progetto, battezzato Critical Raw Material Closed Loop Recovery, selezionerà e finanzierà i migliori progetti sul recupero dei metalli preziosi dall’e-waste, avendo un unico obiettivo in mente: trovare un modo per raggiungere entro il 2020 un incremento del 5% nel recupero di componenti nobili dei RAEE quali grafite, cobalto, antimonio, tantalio, terre rare, argento, oro e platino. Avviato in collaborazione con WRAP, EARN, Wuppertal Institute, KTN e il contributo del fondo d’investimento europeo Life, il progetto si rivolge a privati e consorzi di Italia, Germania, Regno Unito e Turchia che abbiano idee innovative, precise e fattibili su come migliorare l’attuale organizzazione delle attività di raccolta e riciclo dei RAEE o su innovazioni di processo che concorrano a rendere più produttivo e sostenibile il recupero delle materie prime seconde. Il termine ultimo per la presentazione dei progetti è fissato per il 7 aprile 2016. Tutte le informazioni relative ai criteri di ammissione e sulle specifiche tecniche degli elaborati sono disponibili sul sito internet del progetto alla pagina www.criticalrawmaterialrecovery.eu/tenders.
Se la casa rotante
Non ha ancora preso così piede è per un motivo molto semplice. Seguire il corso del sole costa troppa energia. Un conto è una fattoria solare dove quello che ruota sono i moduli fotovoltaici, tutto un altro paio di maniche è mettere in movimento un’abitazione intera. Arriva dal Portogallo il prototipo di una casa rotante che riesce a produrre ben 5 volte l’energia che consuma. Il progetto si chiama Casas em Movimento ed è stato presentato alla Solar Decathlon di Madrid.
Il problema principale è il rapporto tra superficie disponibile per installare i moduli fotovoltaici e consumo energetico del meccanismo rotante. Farlo restare in positivo non è semplice, nemmeno se la casa ruota per tutta la durata del dì. La soluzione adottata dai progettisti portoghesi consiste nel permettere il movimentosia lungo un asse verticale che orizzontale.
La Cina vola con il vento
La Cina ha installato la metà della nuova capacità eolica globale nel 2015, superando l’Unione europea e diventando il primo Paese per installazioni al mondo. Lo afferma il Global Wind Energy Council (GWEC), che ha calcolato come sui 60 GW di eolico lo scorso anno, 30,5 siano cinesi.
Il dragone ha così raggiunto quota 145.1 GW, superando per la prima volta il totale dell’Unione europea, che si è fermata a 141.6 GW. Il vecchio continente, infatti, ha installato 13 GW durante il 2015, un quinto della performance cinese. Di questi, 6 GW hanno trovato posto nella sola Germania.
Il colosso orientale sembra ormai aver preso il largo nel settore delle rinnovabili, viste come un possibile strumento per abbattere i livelli di inquinamento dell’aria che causano ormai da anni malattie e malumori nell’opinione pubblica. Dopo l’accordo raggiunto alla COP 21 di Parigi, sebbene con tutta calma, anche Pechino dovrà organizzare una transizione dalle centrali a carbone verso fonti energetiche meno impattanti a livello climatico. La riduzione dei costi di eolico e fotovoltaico si inserisce in questo quadro generale, aumentando la competitività delle energie pulite con i combustibili fossili.
E’ stata inaugurata ieri in Messico la prima centrale di produzione di biogas per autotrazione
Utilizza, come materia prima i cactus, una prima volta assoluta, merito della società localeNopalimex che ha realizzato lo speciale biodigestore e il cui stesso nome richiama alla mente i nopal, ovvero le foglie spinose dell’Opuntia usate nel processo (genere di piante di cui fa parte anche il fico d’India). L’idea, arrivata al fondatore Rogelio Sosa nel 2007, aveva inizialmente il solo obiettivo di ridurre i costi di quella che allora era l’attività di Sosa: un’azienda produttrice di tortilla. Nello stesso anno l’imprenditore messicano ha deciso di coinvolgere nel progetto il ricercatore Miguel Aké Madera, dell’Instituto Politécnico Nacional – oggi direttore tecnico dell’azienda- creando il primo digestore su piccola scala; lo scopo era quello di trasformare i cactus in energia termica da sfruttare per la produzione di tortilla e patatine. E il successo ha convinto i due a portare il loro sogno su una scala più grande.
Che regalo dall’istituzione Europa
Hanno vinto loro, ancora una volta. In barba al dieselgate, alle morti premature di 403 mila persone l’anno e all’inquinamento atmosferico, le case automobilistiche potranno continuare a produrre motori diesel con emissioni di NOx ampiamente superiori ai limiti. La differenza è che la loro illegalità verrà sanata dalla nuova normativa europea.È questo il risultato del voto del Parlamento europeo, che stamattina ha respinto – con 323 no, 317 sì e 61 astenuti – la richiesta di veto avanzata dalla commissione Ambiente (ENVI) per la proposta di riforma dei test delle emissioni scritta dalla Commissione europea. I nuovi motori diesel Euro 6 potranno inquinare, una volta messi su strada, fino al 110% oltre la soglia a partire dal 2017 (oggi sfiorano il 500%). Nel 2020, quando gli standard diverranno più stringenti (si fa per dire), potranno comunque eccederli del 50% senza violare la legge. Il dieselgate, in pratica, da possibile tracollo per il settore si è trasformato nella chiave di una sanatoria per tutti gli inquinatori. Contento il presidente della commissione Ambiente, Giovanni La Via (PPE): finito in minoranza durante il voto in commissione, il suo partito è riuscito a evitare una seconda sconfitta in plenaria. Per giustificare il voto contrario al rigetto della riforma, il PPE si è aggrappato alla mano tesa da Bruxelles, che si è assicurata il sostegno della maggioranza promettendo di tener conto dello scetticismo di Strasburgo con l’inserimento di una clausola di revisione del piano.
L’Italia è ancora molto, anzi troppo, dipendente dalle importazioni energetiche estere
Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat e riferiti alla situazione europea a fine 2014, il Bel paese deve importare ben il 75.9% dell’energia che consuma. Peggio di noi fanno solo altri sei stati membri dell’Unione Europea, tre dei quali però sono isole. La fotografia che ci regala l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea mostra però un elemento positivo: le importazioni italiane sono andate a decrescere a partire dal 2000, anno in cui abbiamo raggiunto il tasso di dipendenza energetica più alto in assoluto per il periodo 1990-2014, ovvero l’86.5%. Eppure il risultato che mostriamo oggi è ben lontano dalla media europea, stabile sul 53,4% (che significa, in altre parole che l’Unione deve importare la metà dell’energia che consuma). Ma se da un lato l’UE-28 è ancora un importatore netto, dall’altro ci sono realtà che hanno saputo fare a meno – in parte – delle “energy imports”: sul podio, Estonia (8,9%), Danimarca (12,8%) e Romania(17,0%). Seguono Polonia (28,6%), Repubblica Ceca (30,4%), Svezia (32,0%), Paesi Bassi (33,8%) e Bulgaria (34,5%).
All’estremità opposta della scala, i più alti tassi di dipendenza energetica sono stati registrati a Malta (97,7%), Lussemburgo (96,6%), Cipro (93,4%), Irlanda (85,3%), Belgio (80,1%) e Lituania (77,9%). I cinque Stati membri che consumano la maggior quantità di energia, ma sono nel contempo i meno dipendenti dalle importazioni sono invece: il Regno Unito (45,5%) e la Francia (46,1%).
Via libera al decreto inceneritori
Via libera a otto nuovi impianti di combustione dei rifiuti. Nonostante le difficili premesse, la Conferenza Stato Regioni ha trovato l’accordo sul provvedimento di “Individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale”. L’annuncio è arrivato ieri a margine dell’incontro dallo stesso ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. “Abbiamo raggiunto un buon risultato, abbiamo avuto tutti pareri favorevoli, tranne due regioni, la Lombardiae la Campania, che hanno espresso parere negativo.” In realtà il provvedimento ha incassato anche il no della Puglia che tuttavia non si è espressa tramite il voto. Quello che realmente è stato modificato è innanzitutto il numero di nuovi impianti di incenerimento, che sono passati dai 12 iniziali a 8. La novità introdotta in quest’ultimo passaggio è la possibilità che il punto di verifica rispetto all’impiantistica prevista dal governo si subordini anche ad intese interregionali. In altre parole, spiega Catiuscia Marini presidente della Regione Umbria, “se grazie a queste intese dimostriamo che tutto il fabbisogno viene smaltito non c’è bisogno di nuovi termovalorizzatori”.