Ad Arezzo
A Maggio aprirà la casa dell’energia che trova finalmente il suo custode. La gestione è stata infatti assegnata a Graziella Holding, la nota azienda aretina guidata da Gianni Gori e che attraverso Graziella Green si occupa di Energie Rinnovabili.
Nascerà un museo sull’energia a dispsosizione di tutti ed uno sportello per informazioni sulle fonti rinnovabili e sulla lettura delle bollette ecc. La struttura sarà energeticamente indipendente sarà rifornita esclusivamente mediante energia prodotta da pannelli fotovoltaici.
Geotermia: la pompa di calore del futuro arriva dagli Usa
Pompa di calore geotermica alimentata con l’acqua delle condotte comunali. Sembra fantascienza, invece è scienza e tecnologia, pur se in fase sperimentale. In altre parole, senza voler essere esterofili, quello che da noi è ancora fantascienza, in altri paesi è già realtà. Un progetto pilota negli USA ha previsto la realizzazione di un sistema di pompa di calore geotermica che utilizza le tubature idriche comunali. Le pompe di calore geotermiche sono molto più efficienti, sia nel riscaldamento che nel raffreddamento, della maggior parte dei sistemi tradizionali, ma hanno dei costi iniziali piuttosto alti perché necessitano di importanti interventi di perforazione e scavo. Se si potesse in qualche modo evitarli, i vantaggi sarebbero enormi. La William L. Buck Elementary School di Valley Stream, NY, ha realizzato, grazie alla collaborazione con la società American Water, un progetto in cui, anziché realizzare una rete di tubature sotterranee per il trasporto del fluido termovettore, ha utilizzato il sistema idrico comunale, riducendo in questo modo la parte più costosa dell’intervento, quella della perforazione.
Consumo di suolo: Toscana sotto la media, Siena più virtuosa
In Toscana il territorio cementificato è il 6,2% dell’intero suolo della regione. Il consumo maggiore si ha nell’area di Prato, oltre il 10%, e in provincia di Livorno, Lucca e Pistoia tra il 6-10%. L’area di Firenze, con Pisa e Arezzo hanno un consumo nella media regionale mentre Siena e Grosseto sono sotto la media, 2-4%. Sono i dati di un rapporto Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), Cnr e Legambiente che evidenzia come la media nazionale di consumo di suolo sia al 7% con i picchi della Lombardia, 11%, Veneto, 10% e Campania, 9%. L’attenzione al consumo di suolo e ai rischi idreogeologici non sono soltanto legati alla cementificazione selvaggia. Anche una sola villetta su un pendio sensibile può farlo franare disastrosamente se i suoi scarichi non sono ben progettati, eseguiti e manutenuti. Ma anche una progettazione agronomica troppo disinvolta, vedi megamovimenti terra e colline artificiali, (tipici del menefreghismo degli speculatori dei “marchi DOP”) può devastare grandi territori. Non è la dimensione di un intervento né la sua finalità “agricola” che ne garantisce la sostenibilità a priori. Per prevenire e difendersi bisogna prima di tutto capire, e ricordiamoci che per capire e prevedere cosa succede sul suolo è indispensabile conoscere e capire ciò che ci sta sotto e cioè il sottosuolo. Tutto il ragionamento si lega alla legge sul consumo del suolo della quale discute il Parlamento. Nell’ultimo cinquantennio in Italia si è costruito e “consumato” suolo a ritmi vertiginosi e certe Regioni, in questa corsa suicida, si sono meritate la betoniera d’oro. I dati CNR –ISPRA –Legambiente sul consumo del suolo sono chiari e preoccupanti. Il suolo non è una risorsa rinnovabile ed è un chiaro dovere civico e politico arrestare la tendenza a consumarlo. Quindi è benvenuta una legge che ponga argine all’ingordigia palazzinara privata, ma anche alle megalomania di pubblici amministratori dall’asfalto e dal cemento facile (e magari interessato), le cui cattedrali nel deserto non sono da meno in ambito di soil consuming.
PER LA PURA VERITA’
In compenso Renzi dichiara alla COP21 che l’Italia è all’avanguardia nella riduzione di emissioni climalteranti!!!
Purtroppo né la stampa né noi stessi siamo in grado di sbugiardarlo e prenderlo a pernacchie. L’accordo firmato il 5 ottobre 2015 tra i ministri dell’ambiente dei due paesi Maciej Grabowski e Gianluca Galletti prevede la vendita all’Italia delle quote di emissione dei gas a effetto serra per un importo pari a 5 mln di euro. Il ricavato sarà destinato a sostegno dei progetti di modernizzazione energetica sviluppati negli attenei polacchi. La Polonia è in grado di offrire agli altri paesi le proprie unità di quantità di emissioni dei gas serra (AAU – assigned amount units) per via di una rilevante riduzione pari a 30 percento delle proprie emissioni rispetto alle quote assegnatele dal Protocollo di Kyoto. Da queste vendite la Polonia ha già ricavato 800 mln di zloty, che per intero sono stati destinati ai progetti che mirano a ridurre ulteriormente le emissione dei gas serra e a sviluppare le tecnologie verdi.
Olio di palma, la sostenibilità passa dalla certificazione
Olio di palma, la sostenibilità passa dalla certificazione. E’ l’olio vegetale più consumato al mondo, copre il 35% della produzione, domanda e offerta si stima aumenteranno del 40% per il 2050. La via seguita per garantire la sostenibilità, anche economica e sociale, è la certificazione. L’Italia importa 1,6 milioni di tonnellate di olio di palma, di cui il 21% è destinato all’alimentare nel complesso, l’11% cioè 175mila tonnellate all’industria del dolce, cioè lo 0,3% della produzione mondiale. È un ingrediente che si presta a questo utilizzo, perchè è incolore e insapore, oltre che versatile, non fa male alla salute, anzi nei dolci ha sostituito i grassi idrogenati che si sono rivelati dannosi. L’olio di palma garantisce un’altissima resistenza all’ossidazione e si adatta a diversi processi di lavorazione: si ottengono ottime creme ma anche strutture friabili e croccanti, è estremamente versatile e soprattutto se usato in miscela con altri grassi per migliorare la qualità di questi. “È un grasso che ha caratteristiche positive anche dal punto di vista nutrizionale: non è peggiore di molti altri grassi che vengono usati ogni giorno nella nostra alimentazione, ha un rapporto particolarmente equilibrato tra acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Vuol dire che è composto da sostanze in una miscela che, gli studi scientifici sono concordi, non comporta alcun problema per l’organismo. Anzi tra i grassi diversi dall’olio extravergine di oliva è quello che gli assomiglia di più quanto a contenuto di acido oleico”. La palma da olio si rivela anche migliore delle alternative, come olio di soia o colza, in termini di resa per ettaro, perchè ha meno esigenze di uso d’acqua e di terreno.Una ricerca promossa dall’Università di Firenze, Regione Marche, Navdanya International e Firab ha trovato nel patrimonio genetico agricolo alcune varietà di semi resistenti al cambiamento climatico e di conseguenza capaci di ridurre le intolleranze alimentari.
Le vecchie sementi per difenderci dai cambiamenti climatici
Ormai è sotto gli occhi di tutti: i repentini cambiamenti climatici, come i periodi di siccità che si alternano a quelli di piogge torrenziali, sono una delle principali cause dell’aumento delle intolleranze alimentari che costringono sempre più persone a compiere rinunce e sacrifici a tavola. Una possibile risoluzione a questo duplice e pressante problema potrebbe venire dalla qualità del nostro patrimonio genetico agricolo, o meglio, dalle specie vegetali antiche che sembrano capaci di resistere più adeguatamente ai mutamenti del clima grazie ad un corredo ereditario in costante evoluzione. A questo proposito è stato presentato, durante la tappa ad Arezzo del Treno Verde di Legambiente e Ferrovie, il progetto LIFE SEMENte parTEcipata promosso da Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze, Navdanya International (l’associazione fiorentina senza fini di lucro che promuove l’agricoltura sostenibile), FIRAB (Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica), Provincia di Grosseto e Regione Marche. LIFE SEMENte parTEcipata mira a ottenere varietà vegetali capaci di affrontare meglio il cambiamento climatico grazie al proprio pool genetico “più forte”, che necessita di minori cure e quindi è in grado di fronteggiare con più efficacia gli estremi meteo che si vanno intensificando di anno in anno. Inoltre, molti dei semi antichi richiedono minori input energetici e aiutano a mantenere la fertilità del suolo, stabilizzando le produzioni nel tempo. La selezione delle sementi sarà fatta assieme agli agricoltori che potranno poi mantenere e riprodurre autonomamente i semi, diventando così custodi attivi della biodiversità. Queste innovazioni incideranno positivamente sul loro reddito perché i costi diminuiranno e aumenterà il valore dei prodotti ottenuti da una filiera integrata locale. D’altra parte, non è nuovo il concetto della panificazione fatta con metodo bio e con farine provenienti da grani antichi, cioè quei grani le cui caratteristiche nutrizionali possono andare incontro alle esigenze di coloro che soffrono di intolleranze. Questa metodologia è stata sottoposta alla valutazione dei consumatori in un test organolettico dei semi organizzato da AIAB (Associazione italiana Agricoltura biologica) sul Treno Verde, durante una successiva tappa a Perugia. Le tipologie di pani presentate sono state realizzate con farro Monococco, grano del Faraone (Khorasan) e con i frumenti teneri più utilizzati in Umbria prima dell’industrializzazione dell’agricoltura: Abbondanza, Gentil Rosso, Verna, Biancola, S. Pastore. Occorre prestare attenzione però perché questo prezioso patrimonio nel corso degli ultimi decenni non se l’è passata benissimo, considerando che delle 10mila specie di semi usate per produrre cibo e mangimi, oggi ne utilizziamo soltanto 12, per fornire complessivamente l’80% del cibo di origine vegetale. Ma nonostante tutto è ancora disponibile”. Che la futura salvezza “alimentare” dell’Italia e degli italiani passi davvero dal nostro passato?
Che fine ha fatto Arrr, l’Agenzia regionale recupero risorse della Toscana
L’Agenzia regionale recupero risorse (Arrr) è diventata una società in house della Regione Toscana. Con Legge regionale 59/2014 approvata dal Consiglio il 2 Dicembre scorso, infatti, l’Agenzia nata nel 2009 (LR 87/2009) è stata ridisegnata nella compagine societaria, trasformandola in una SPA di cui la Regione è azionaria al 100%, e nei ruoli che è chiamata a svolgere. Con il nuovo assetto Arrr avrà infatti anche nuove competenze rispetto a quelle già svolte in questi anni nel supporto alle attività della Regione Toscana nel settore dei rifiuti e della bonifica dei siti inquinati, per supportare gli uffici regionali a seguito delle recenti modifiche alla LR 25/1998 e alla 10/2010, che attribuiscono nuovamente al livello regionale molte delle competenze che precedentemente erano state delegate alle province. In particolare saranno di nuovo di competenza regionale il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione, l’esercizio e la chiusura degli impianti di gestione dei rifiuti e lo svolgimento delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti stessi, anche pericolosi. Sarà dunque l’Agenzia Regionale Recupero e Risorse ad adiuvare la Regione nell’esercizio delle funzioni amministrative e a dare assistenza e supporto tecnico e amministrativo agli uffici regionali per le procedure di autorizzazione per le discariche per rifiuti pericolosi e non pericolosi, per gli impianti di termovalorizzazione con risparmio energetico, per gli impianti di compostaggio e di digestione anaerobica. La società nel suo nuovo assetto è amministrata da un consiglio di amministrazione, di cui fanno parte Laura Etri e David Tei, dipendenti della Regione e nominati dal Consiglio regionale, e Marco Meacci, con funzioni di presidente e amministratore delegato nominato dal Presidente della Giunta regionale. Arrr oltre alla compagine societaria ed alle competenze, ha rinnovato anche la struttura e la veste grafica del sito che comunque risponde ancora awww.arrr.it.
In Italia ogni anno 14,7 miliardi di euro di sussidi alle energie fossili
I sussidi alle energie fossili sono l’insieme di aiuti diretti e indiretti alla produzione, distribuzione e consumo di combustibili fossili. Il rapporto “Stop sussidi alle fonti fossili” presentato oggi da Legambiente sottolinea che i principali network ambientalisti chiedono di abolirli e di spingere sulla decarbonizzazione delle economie per fermare la crescita delle emissioni di gas serra e contenere entro i 2°C l’aumento della temperatura globale. Lo stop ai sussidi consentirebbe infatti, da solo, di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate (cioè del 5,8% al 2020), contribuendo al raggiungimento della metà dell’obiettivo climatico necessario a contenere l’aumento di temperatura globale di almeno 2° C. Secondo l’ultimo studio del Fondo monetario internazionale (Fmi), nel 2015 i sussidi alle fonti fossili sono stati pari a 5300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto). Tanto quanto il 6,5% del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. Rispetto al 2013 sono cresciuti del 10,4%, con l’Europa che supera la media generale. Il Fmi prevede un ulteriore incremento dell’11,6% con 231 miliardi di dollari di sostegno alle fonti fossili, un’industria sempre più in difficoltà per la crescente competitività delle fonti rinnovabili.
In Toscana la materia è per sempre: dove il riciclo è a km zero
Parte la prima campagna di comunicazione che riunisce i principali gestori di igiene urbana sul territorio e i consorzi di filiera. La Toscana è da sempre terra di campanilismi, ma non dimentica che dall’unione arriva la forza: è quanto dimostra la prima campagna di comunicazione condivisa dalla maggior parte dei gestori di igiene urbana della Toscana, un’importante occasione per accreditare la Toscana come un modello di eccellenza nella gestione e valorizzazione delle raccolte differenziate.”La materia è per sempre – recita la campagna – perché in Toscana c’è un’efficiente industria del riciclo”, quella costruita per raggiungere la massima valorizzazione possibile della materia, coinvolgendo all’interno di questo complesso percorso un numero elevato di attori. Le 9 aziende toscane che hanno firmato il protocollo d’intesa per la campagna “La materia è per sempre” (Aamps, Aer, Asm, Cis, Geofor, Publiambiente, Quadrifoglio, Rea, Sei Toscana) hanno delegato a Revet il compito di ideare la campagna (patrocinata dalla Regione Toscana, con la collaborazione di Cispel e Anci), e soprattutto tenere i rapporti con i consorzi nazionali di filiera, che alla fine hanno deciso ciascuno per la propria parte, di contribuire alla campagna: Cial (alluminio), Comieco (carta e cartone), Corepla (plastiche), Coreve (vetro) Ricrea (acciaio).
Novita’
Pareti che forniscono corrente elettrica a basso costo e ad alta efficinza per qualsiasi dispositivo. Potrebbero presto comparire nelle case e enegli uffici pubblici grazie al progetto perfezionato da alcuni ricercatori dell’università Pisa. Jos Technology, questo il nome dello spin off, ha vinto un bando finanziato dalla Comunità Eurtopea dedicato alle aziende innovative. Cinquantamila Euro a ciascuna impresa neonata destinati all’approfondimento del business plan. L’azienda ha proposto un sistema di conduzione elettrica senza fili ad alta potenza ed efficienza in grado di portare energia elettrica a basso voltaggio su superficie molto ampie con un unico alimentatore coniugando risparmio energetico e flessibilità per l’illiminazione.
Quattro ruote, zero emissioni
Il quadriciclo elettrico compatto realizzato da Alfazero (Società partecipata da Bassilichi, Ramera e Xentrum di Colle Val d’Elsa) a zero emissioni verrà lanciato nel primo trimestre del 2016 nel frattempo la società ha realizzato una gamma di colonnine per la ricerca elettrica Fillgreen ed Home Energy che possono essere installate anche dal privato.
In viaggio con la bicicletta per dire No all’inquinamento del Pianeta
E’ arrivato a Parigi il gruppo di cittadini partito in bici da diverse città Italiane e Toscane per invitare i rappresentanti dei 190 paesi che partecipano al Cop 21 ad accordarsi per dire basta all’inquinamento del pianeta. Alcuni ciclisti sono partiti dalla nostra rodente valdichiana.
In bici l’impronta ecologica è più leggera
Quanti chilometri fai ogni anno in auto? Quanti in bicicletta? Quanto spendi per l’energia elettrica? Sono alcune delle domande che il WWWF ha proposto in un test per calcolare l’impronta ecologica e scoprire le ripercussioni delle nostre abitudini sulle risorse terrestri. Il risultato è impressionante per il peso ambientale degli italiani è, in media, pari a 9,2 tonnellate di CO2 ogni anno (la media mondiale è di 5,6 tonnellate) In uno studio sui paesi mediterranei emerge che oggi il 90% della popolazione residente ha un livello di consumo al di sopra della biocapacità del pianeta. Lo studio analizza in particolare l’impronta dovita all’alimentazione e ai sistemi di trasporto urbano. Case più che riscaldate d’inverno e con condizionatori al massimo d’estate; spostamenti in auto; una dieta proteica che stà scavalcando quella mediterranea. Tutto ciò va contro il nostro benessere e quello del pianeta.