Stop all’ampliamento dell’inceneritore di San Zeno Arezzo?
Sembra che non sia più necessario procedere all’ampliamento, fino ad ottantamila tonnellate di rifiuti bruciati, dell’impianto di incenerimento (termovalorizzatore) di San Zeno in quanto sembra che la nuova strategia industriale, presentata dalla Società “progetto sei”, società che dal 1°Gennaio 2014 gestirà la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti dei 103 comuni dell’area Toscana Sud (Arezzo, Siena e Grosseto) punti sulla raccolta differenziata spinta dei ridiuti urbani che, grazie anche alla crisi economic che investe il nostro paese, la loro produzione sia in vistoso calo.
Questa notizia, se vera, non fa altro che piacere a tutti i cittadini che, come il sottoscritto, hanno sempre dichiarato che si può raggiungere l’autosufficienza dello smaltimento senza procurare ulteriori danni ambientali su un’area già in difficoltà come ha dimostrato il recente studio sulla valutazione sanitaria.
Idrogeno scoperto nuovo metodo per produrlo
Le auto ad idrogeno sono state presentate come un’alternativa pulita e sostenibile ai motori a combustibili fossili, ma hanno un problema. L’idrogeno è il sottoprodotto di un combustibile fossile, il gas naturale, per un processo che comunque rilascia molta CO2. Ora la Basf, la multinazionale della chimica più grande al mondo, dice di aver trovato una soluzione. Come spiega Kevin Bullis su Mit Tecnology Review, si sta ora «sviluppando un processo che permetterebbe di dimezzare le emissioni, rendendo le vetture a idrogeno notevolmente più economiche rispetto a quelle elettriche nella maggior parte delle località (i benefici ambientali delle vetture elettriche variano a seconda del sistema utilizzato per produrre l’elettricità). Oltre a fornire una fonte più pulita di idrogeno per le vetture a cella combustibile, il processo potrebbe anche ripulire altri processi industriali, quali la raffinazione del petrolio, che utilizza grandi quantità di idrogeno». La Basf sta realizzando un impianto pilota per testare la nuova tecnologia, all’interno di un progetto da 30 milioni di dollari finanziato in parte dal governo tedesco. La secondafase del progetto testerà un nuovo modo di utilizzare le emissioni di CO2 come materia prima per prodotti chimici e combustibili, miscelandola all’idrogeno prodotto con il procedimento Basf a basse emissioni. Alcune case automobilistiche, come Toyota e General Motor ha intenzione di cominciare a vendere auto a celle combustibili a partire forse dal 2015. La Basf avrebbe trovato sistemi migliori per riciclare il calore all’interno del sistema, riducendo considerevolmente la quantità di energia richiesta. La Basf sta collaborando con un altro gigante industriale, la ThyssenKrupp Steel, per utilizzare il carbonio ricavato dal processo per la produzione di acciaio.
Sicurezza alimentare: 4mila additivi a tavola, e non sappiamo se sono tossici
Almeno 10.000 gli additivi che accompagnano il cibo venduto, in vario modo, negli Stati Uniti. Ma solo il 6,7% di queste sostanze ha una documentazione presso la Food and Drug Administration (F&DA), l’agenzia federale che si occupa anche della sicurezza alimentare, che ne testimonia gli effetti tossici per l’uomo sia a livello di riproduzione che a livello di sviluppo. Significa che per il 93,3% degli additivi non conosciamo, non in termini scientifici almeno, i possibili effetti tossici.Le cose non vanno molto diversamente in Europa. Il che, almeno in prima battuta, potrebbe suscitare un vivo allarme: non sappiamo ciò che mangiamo. In realtà ogni preoccupazione va ridimensionata. La gran parte di questi additivi (il 45%, più o meno) sono classificati come “additivi del cibo” e non hanno bisogno di particolare attenzione perché sono usati da tempo; un’altra parte equivalente è “genericamente riconosciuta come sicura” (Gras). Solo (si fa per dire) il 10% degli additivi (circa 1.000 sostanze chimiche) sono classificate come coloranti, pesticidi o altro, e il loro uso è regolato dalla legge.In un articolo accettato nei giorni scorsi da Reproductive Toxicology, Thomas G. Neltner e un gruppo di suoi collaboratori hanno verificato che per meno del 38% degli additivi regolati dalla F&DA, i Gras appunto, ci sono studi tossicologici pubblicati. Delle sostanze chimiche direttamente e intenzionalmente aggiunte al cibo dalle aziende alimentari, solo il 21,6% è accompagnato da studi che ne hanno verificato la soglia di tossicità. E, come abbiamo detto, solo il 6,7% ha una documentazione tossicologica completa.Per fare un esempio, quando nel 2010 emerse il problema delle bevande alcoliche con aggiunta di caffeina, dei quattro produttori nessuno aveva presentato una documentazione che ne testimoniasse la sicurezza.
Legambiente e Federambiente propongono il primo premio nazionale sulla prevenzione dei rifiuti, aperte le adesioni fino al 30 settembre.
Legambiente e Federambiente lanciano insieme la prima edizione del Premio nazionale sulla prevenzione dei rifiuti.L’obiettivo del Premio è quello d’individuare, promuovere e diffondere le buone pratiche nazionali, valorizzando le esperienze più rilevanti e innovative e stimolando un’ampia riflessione sul tema che accompagni anche il percorso d’adozione del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti previsto dalla direttiva 98/2008/CE.Il concorso è rivolto ad amministrazioni ed enti pubblici e privati, aziende, imprese, istituti scolastici, cooperative e associazioni che abbiano realizzato sul territorio nazionale iniziative di prevenzione dei rifiuti attualmente ancora in corso o concluse di recente (non prima del 1° gennaio 2013).
La partecipazione al premio è gratuita.Tutta la documentazione necessaria alla partecipazione è disponibile su www.federambiente.it e www.legambiente.it.
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla segreteria organizzativa (tecnico@federambiente.it, tel. 0695944111)
Fino al 31 agosto 2013 è possibile partecipare al premio Comuni Virtuosi
C’è tempo fino al 31 agosto per prendere parte al premio Comuni Virtuosi, entro questa data tutti gli enti locali potranno inoltrare i progetti realizzati in ambito ambientale nel categorie: gestione del territorio (opzione cementificazione zero, recupero aree dismesse, progettazione partecipata, bioedilizia, ecc.);impronta ecologica del comune (efficienza energetica, acquisti verdi, mense biologiche, ecc.);rifiuti (raccolta differenziata porta a porta spinta, progetti per la riduzione dei rifiuti e riuso);mobilità (car-sharing, car-pooling, traporto pubblico integrato, piedibus, biocombustibili, ecc.),nuovi stili di vita (progetti per stimolare nella cittadinanza scelte quotidiane sobrie e sostenibili, quali: filiera corta, disimballo dei territori, diffusione commercio equo e solidale, autoproduzione, finanza etica, ecc.)..
Il premio è un audit energetico, realizzato dal Polo Tecnologico per l’energia di Trento, del valore di 3.500 euro da realizzarsi su un edificio comunale.
Per informazioni, richieste e segnalazioni: Associazione dei Comuni Virtuosi – P.zza Matteotti, 17 – 60030 Monsano (AN) Tel. 3346535965 – info@comunivirtuosi.org
Geotermia, nuove possibilità dal cuore della terra
Sebbene il perdurare della crisi economica abbia fortemente ridimensionato le dinamiche attuali di consumo energetico, per investitori e policy maker quello dell’energia rimane un settore centrale cui guardare, sia – auspicabilmente – per la sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili, sia nella prospettiva di un ritorno alla crescita economica.Per questo «Oggi è sempre più pressante la richiesta di risorse energetiche rinnovabili per la produzione di energia elettrica ed in questo quadro hanno trovato nuova spinta gli studi relativi alla ricerca delle risorse geotermiche. La quantità di calore che la Terra cede è impressionante rispetto alla quantità di energia di cui la nostra società ha bisogno. Però, per estrarre il calore dalle rocce abbiamo bisogno di un mezzo che vada in profondità, si scaldi e sia quindi estraibile: questo mezzo è un fluido naturale costituito in massima parte da acqua (piovana nelle zone continentali come l’Italia o marina nelle isole come l’Islanda), gas e componenti salini che derivano dalla alterazione delle rocce. L’acqua infatti si infiltra attraverso le fratture delle rocce in profondità, si scalda, e scaldandosi diventa chimicamente aggressiva, acquisendo così gli elementi solubili dalle rocce in cui essa circola, con un meccanismo non troppo diverso da quello che sviluppa l’acqua calda nella nostra lavatrice di casa quando porta via lo sporco, solubile, dai vestiti.Per compiere proficuamente tale processo, però, un territorio non vale l’altro. Se l’area geotermica è caratterizzata da un po’ di sismicità (è sufficiente la cosiddetta sismicità strumentale, quella non percepita dall’uomo), le fratture non si sigillano ed il sistema geotermico rimane attivo; se invece l’attività sismica cessa, le fratture si sigillano con il precipitato delle soluzioni saline, dando origine ad accumuli localizzati di minerali (miniere) e che, a seguito di importanti processi geologici, possono raggiungere od avvicinarsi alla superficie terrestre definendo quindi sistemi geotermici esumati.
Oli Usati. In Toscana raccolte quasi 12mila tonnellate
Anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COUU) è Main Partner di Goletta Verde, la storica campagna estiva di Legambiente che in questi giorni ha analizzato lo stato di salute del mare toscano.«La difesa dell’ambiente, e del mare in particolare, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione», dice Antonio Mastrostefano, direttore Strategie, Comunicazione e Sistemi del COOU.L’olio usato è ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. Se eliminato in modo scorretto – spiega Mastrostefano – questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche».A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. In tutta Italia, delle 395mila tonnellate di olio lubrificante che sono state immesse al consumo nel 2012, il Consorzio ha raccolto 177mila tonnellate di olio usato, oltre il 95% del potenziale raccoglibile. In Toscana sono state recuperate 11.878 tonnellate, 1.242 delle quali in provincia di Pisa.La piccola percentuale che ancora sfugge alla raccolta si concentra nel settore industriale e in particolar modo nel “fai da te” in autotrazione, nautica e agricoltura. «Si tratta di circa 10mila tonnellate che, se fossero tutte sversate in mare, inquinerebbero una superficie pari a 47 volte il Lago di Garda. Con la nostra attività di comunicazione – conclude Mastrostefano – cerchiamo di modificare i comportamenti scorretti di chi crede che piccole quantità di olio lubrificante disperse nell’ambiente non provochino danni gravi».In 29 anni di attività il COOU ha raccolto 4,90 milioni di tonnellate di olio usato, che avrebbero potuto inquinare una superficie d’acqua pari a due volte il Mar Mediterraneo.
Eolico a prezzi stracciati: in Usa costi ai minimi storici
Nel 2012 il 43% di tutta la nuova produzione energetica a stelle e strisce proviene dal vento. Il Lawrence Berkeley National Laboratory (Lbnl), un ramo del Dipartimento dell’energia Usa ha recentemente pubblicato il suo 2012 Wind Technologies Market Report dal quale emerge che negli Usa sono stati collegati alla rete 13,1 GW di eolico, che rappresentano il 43% di tutta la nuova produzione energetica installata nel 2012.Una performance che si spiega anche come, negli Usa, un credito d’imposta aiuti a compensare il costo del capitale di parchi eolici, ma nonostante gli enormi investimenti, in parallelo calano i prezzi dei contratti dell’energia eolica arrivati ad una media di 40 dollari per megawatt-ora).Secondo L’Lbnl, il motivo del calo del prezzo dell’energia eolica è da ricercarsi nella simultanea diminuzione, dal 2008, del 20 – 35% dei prezzi delle turbine eoliche, insieme al miglioramento dell’efficienza delle turbine nel convertire anche il vento più debole in elettricità.L’energia eolica attualmente rappresenta oltre il 12% della produzione elettrica totale in 9 Stati Usa, con 3 di questi stati sopra il 20%, e fornisce più del 4% del totale del fabbisogno energetico degli Usa. Il rapporto fa anche notare che i parchi eolici sono sempre costruiti con materiale di produzione nazionale. 7 dei 10 fornitori di pale eoliche con la maggiore quota del mercato statunitense nel 2012 hanno visto entrare in fase operativa uno o più impianti di produzione, solo 8 anni fa negli Usa era attivo solo un produttore di turbine nazionale. Come conseguenza di questo boom produttivo, una percentuale crescente delle apparecchiature utilizzate nei progetti eolici è made in Usa.Il rapporto si concentra sulle “selected trade categories”, e ne viene fuori che la percentuale dei costi delle pale eoliche attribuibile a componenti importate dall’estero è sceso dal 75% del 2006-2007 al 28% del 2012.
l Cispel contro Tares e service tax: «I cittadini paghino per i rifiuti prodotti»
Il Governo si appresta a definire le scelte su IMU ed eventuale adozione di una ‘service tax’ per i Comuni che potrebbe includere la tassa sui rifiuti. Se dovesse scegliere questa strada, farebbe un grande errore, le cui conseguenze si farebbero sentire subito sull’equilibrio economico finanziario dei gestori, sulla capacità di fare investimenti, sul processo di modernizzazione di questo importante servizio pubblico.Da tempo il diritto comunitario ha introdotto il principio ‘chi inquina paga’ secondo il quale il produttore dei rifiuti deve pagare il costo della gestione dei rifiuti prodotti. Per questo motivo si stanno diffondendo in tutta Europa meccanismi di tariffazione puntuale, basata sul volume o sul peso dei reali rifiuti prodotti da ogni utente.L’Italia era fino a due anni fa all’avanguardia di queste esperienze avendo introdotto nel 1999 la tariffa parametrica al posto della tassa e avendo avviato numerose esperienze di tariffa puntuale abbinata al diffondersi dei sistemi di raccolta porta a porta.In Toscana addirittura oltre due terzi della popolazione era passata a tariffa, con risultati buoni in termini di efficienza ed efficacia, di recupero di elusione, creazione di posti i lavoro.È infatti evidente a tutti che pagare i propri rifiuti e non i propri metri quadri è il modo migliore per incentivare la riduzione dei rifiuti e la raccolta differenziata, in una logica di responsabilità.La gestione dei rifiuti urbani non è un servizio indivisibile (lo potrebbe essere il solo spazzamento stradale) e non può quindi essere finanziato con una tassa finalizzata alla copertura di servizi quali l’illuminazione pubblica, manutenzione strade etc.Inoltre la riscossione delle tariffe dell’utente da parte del gestore promuove l’industrializzazione del settore, la autonomia e responsabilità finanziaria dei gestori, superando la logica della finanza derivata. Due anni di ‘ipotesi’ Tares hanno già prodotto danni fra incertezze, conguagli, perdite di posti di lavoro e contenziosi.Tornare alla tassa sarebbe un passo indietro del sistema, e come ha più volte affermato il Ministro dell’Ambiente Orlando sarebbe una misura contro le indicazioni europee e contro le politiche ambientali.È quindi necessario che il Governo consenta ad enti locali e sopratutto Ato, di continuare ad applicare le tariffe riscosse dal gestore, passando gradualmente alla tariffa puntuale. Altrimenti per la Toscana e per i tre affidamenti di Ambito che sono in via di definizione si porrebbero problemi seri, tornando indietro su un esperienza positiva e avanzata nel quadro italiano.
Finalmente anche qualche città italiana parteciperà a questa selezione?
La Commissione Europea ha lanciato la ricerca della “Capitale verde europea” per il 2016. L’omonimo premio è assegnato a città all’avanguardia nel proporre modalità di vita urbana rispettose dell’ambiente. Questo premio annuale è stato istituito per invitare le città europee a mettere in mostra le proprie credenziali ambientali per diventare luoghi più gradevoli e salubri in cui vivere, lavorare o recarsi in vacanza. In altre parole, città vivibili.Per la prima volta, le città europee di oltre 100.000 abitanti possono candidarsi per il titolo, mentre in precedenza potevano concorrere solo città di 200.000 abitanti o più. Grazie a questo cambiamento ora il premio è accessibile ad oltre 400 città in tutta Europa.Una Capitale verde europea si distingue per ambiente più pulito, nuovi posti di lavoro e investimenti, ma anche un aumento del turismo, una migliore reputazione a livello internazionale e maggiori sponsorizzazioni per progetti ambientali.Janez Potočnik, Commissario europeo responsabile per l’Ambiente, ha dichiarato: “Il premio per la Capitale verde europea mette in evidenza gli sforzi locali volti a migliorare l’ambiente urbano e a promuovere una crescita sostenibile. Nell’inaugurare il concorso per la settima edizione della Capitale verde europea per il 2016 desidero incoraggiare le città più piccole a candidarsi e ad usare questa opportunità per rivedere ed evidenziare gli obiettivi ambientali raggiunti e pianificare un futuro sostenibile per i loro cittadini.”.Il riconoscimento ha come obiettivo:premiare le città che hanno già conseguito obiettivi ambientali di rilievo;stimolare le città a impegnarsi in iniziative ambiziose per il miglioramento ambientale e lo sviluppo sostenibile eispirare altre città attraverso nuove idee, buone pratiche ed esperienze.Le candidature saranno valutate in base a 12 parametri: mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ai medesimi trasporto locale, uso sostenibile del territorio nelle aree verdi urbane, natura e biodiversità, qualità dell’aria, qualità dell’ambiente acustico, produzione e gestione dei rifiuti, gestione delle risorse idriche, trattamento delle acque reflue, ecoinnovazione e occupazione sostenibile, rendimento energetico, gestione integrata dell’ambiente.Il premio è aperto ai 27 Stati membri dell’UE, ai paesi in via di adesione e ai paesi candidati (Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Islanda, Montenegro, Serbia e Turchia) e ai paesi dello Spazio economico europeo. Le città possono candidarsi online all’indirizzo www.europeangreencapital.eu. Giovedì 17 ottobre 2013 scade il termine per la presentazione delle domande per il 2016. Il premio è assegnato da una giuria europea affiancata da un gruppo di esperti di fama mondiale di diversi settori ambientali. La città vincitrice sarà proclamata nel mese di giugno 2014. Il premio “Capitale verde europea” è il risultato di una proposta avanzata da città con una grande sensibilità ecologica. Tale proposta è stata inizialmente formulata in occasione di un incontro svoltosi a Tallinn (Estonia) il 15 maggio 2006, su iniziativa dell’ex-sindaco della città Jüri Ratas, quando 15 città europee e l’Associazione delle città estoni hanno firmato un memorandum di intesa sull’istituzione del premio.Fra il 2010 e il 2015 sono state sei le città vincitrici, nell’ordine Stoccolma, Amburgo, Victoria-Gasteiz e Nantes, Copenhagen e Bristol. La Capitale verde europea 2015, Bristol, è stata annunciata lo scorso venerdì a Nantes in occasione della cerimonia annuale di premiazione.L’Europa di oggi è una società urbana in cui i tre quarti degli abitanti vivono in centri urbani. Molte sfide ambientali che dobbiamo affrontare hanno origine nelle zone urbane ma sono queste stesse zone che riuniscono l’innovazione e l’impegno necessari per risolverle. Il premio Capitale verde europea è stato concepito come un’iniziativa intesa a ricompensare l’impegno, spronare le città a intraprendere nuove iniziative, illustrare le migliori pratiche e incoraggiarne lo scambio fra le città europee.Oltre ad essere una fonte di ispirazione per altri centri urbani, questo riconoscimento è utile per rafforzare la reputazione e l’attrattiva della città vincitrice, facendone una destinazione interessante sotto il profilo turistico, lavorativo e abitativo.Per ulteriori informazioni:www.europeangreencapital.eu
Sentenza Consulta: anche il mini eolico va sottoposto a VIA
Con un’importante pronuncia, la Corte Costituzionale dà ragione al Tar Sardegna che ha sollevato una questione di legittimità della legge regionale sarda che non prevede la Via nell’iter autorizzativo degli impianti mini-eolici.La Corte Costituzionale, con sentenza del 12 Luglio 2013, n. 188, ha dichiarato incostituzionale la norma della Lr Sardegna nella parte in cui esclude dall’assogettabilità a Via gli impianti eolici di potenza inferiore o uguale a 60 kW. Infatti l’art. 5 della Lr n. 3/2009, stabilisce che gli impianti eolici con potenza complessiva inferiore o uguale a 60 kW sono considerati mini eolici e non sono assoggettati alle procedure di valutazione di impatto ambientale.Attenzione: si segnala che nel corso del giudizio la Sardegna ha posto rimedio alla norma censurata con Legge n. 25/2012 aggiungendo un periodo in base al quale “Sia gli impianti inferiori ad 1 MW che quelli inferiori a 60 kW sono sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale” qualora nel procedimento sia coinvolto il Ministero per i beni e le attività culturali. Tale modifica tuttavia non ha fatto venire meno la necessità di esaminare il merito della questione, poiché il giudizio riguarda l’impugnazione di provvedimenti amministrativi emanati sulla base dell’originaria versione della disposizione legislativa regionale.La Corte costituzionale ha dato ragione al Tar poiché la legge regionale impugnata, consentendo l’installazione di impianti al di sotto delle soglie stabilite anche in mancanza di valutazione d’impatto ambientale, si pone in contrasto con la norma statale contenuta nel Dlgs n. 152/2006 (Allegato III, art. 6) che prescrive inderogabilmente la procedura di valutazione d’impatto ambientale per tutti gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica, sulla terraferma, nel cui procedimento autorizzativo è prevista la partecipazione obbligatoria del Ministero per i beni e le attività culturali , senza quindi esclusioni “sotto soglia”.Attenzione: il fatto che gli impianti eolici in questione debbano essere sottoposti a Via, non esclude necessariamente che non si possa effettuare la preliminare verifica (screening) della loro assogettabilità alla Via stessa. E la Corte, avendo già affermato in una precedente sentenza “che l’obbligo di sottoporre qualunque progetto alla procedura di valutazione d’impatto ambientale attiene al valore della tutela ambientale”, dichiara che la norma regionale impugnata, nel sottrarre alla Via la tipologia degli impianti “sotto soglia”, è invasiva dell’ambito di competenza statale esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.L’illegittimità della norma regionale, quindi, deriva soprattutto dal fatto che la materia della tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali è di competenza legislativa esclusiva dello Stato e pertanto una legge regionale non può modificare.