In Italia crescono raccolta differenziata e riciclo, ma la percentuale di rifiuti raccolti separatamente è maggiore rispetto al materiale avviato a nuova vita. E’ uno dei dati che emergono dal VI Rapporto Anci Conai che mostra come debba essere posta ancora molta attenzione alla qualità dei materiali raccolti e non solo alla quantità.
Il tema è l’ormai nota, ma forse ancora non molto, differenza tra strumento, e cioè la raccolta differenziata, ed obiettivo, ossia il riciclo di materia ed il conseguente risparmio di risorse naturali. Lo studio evidenzia infatti come la percentuale di raccolta differenziata in Italia sia cresciuta del 3,32%, mentre quella dell’effettivo avvio a riciclo ha fatto registrare solamente un +1,77%. In Toscana l’andamento è stato migliore, soprattutto per quanto riguarda l’avvio a riciclo, cresciuto del 2,63%. La quantità di rifiuti raccolti separatamente è quindi aumentata, così come l’intercettazione pro capite di raccolta differenziata, che in Italia ha fatto registrate un +7,90% con 253 kg per abitante. Grandi sono però le differenze fra Regione e Regione: si passa dai 357 kg della Liguria ai 54,81 della Sicilia, con la Toscana che si attesta al di sopra della media nazionale con 262,12 kg per abitante, con un +2,5% rispetto all’anno precedente. Il Rapporto ci presenta così l’immagine di un Paese a più velocità, nel quale emerge un Nord dotato di impianti che ha già ampiamente raggiunto gli obiettivi europei di raccolta differenziata e avvio a riciclo, ed il centro che sta per raggiungerli, con un sud ancora lontano. Ciò dimostra come per favorire queste due attività serva una visione industriale che sappia mettere assieme raccolte, trasporti, logistica e impianti, grazie ai quali si possa rendere effettivamente possibile lo sviluppo di un’economia circolare.
Quale futuro per le rinnovabili
L’Europa può essere considerata la vera protagonista del decollo su scala mondiale delle rinnovabili, grazie agli obiettivi vincolanti introdotti dopo l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. Negli ultimi anni però gli investimenti sono decisamente rallentati. E questo, malgrado la strategia di lungo termine punti ad una totale decarbonizzazione della produzione elettrica al 2050.Considerato il contributo decrescente del nucleare e le problematiche del sequestro della CO2 nel sottosuolo, è chiaro che questo obiettivo potrà essere ottenuto solo grazie alle rinnovabili.
Nell’ultimo scenario di riferimento elaborato dalla UE, la produzione elettrica verde a metà secolo supererebbe il 50%, con l’eolico a dominare la scena nei paesi del centro-nord e il fotovoltaico in quelli del sud (in Italia il solare garantirebbe il 21% della produzione).
Ma questi, ricordiamolo, sono i valori dello scenario tendenziale che porterebbe al 2050 ad un dimezzamento delle emissioni di CO2 contro la riduzione dell’80-95% auspicata negli scenari climatici (peraltro elaborati prima di Parigi).
Le rinnovabili dovrebbero dunque tendere all’80-90% della generazione elettrica, un risultato ottenibile solo invertendo l’attuale preoccupante tendenza al disimpegno che contraddistingue diversi paesi.
Malgrado il sorpasso della nuova potenza verde negli ultimi otto anni sul termoelettrico, il rallentamento dell’impegno europeo nelle rinnovabili è infatti evidente: dai 123 miliardi $ investiti nel 2011 si è passati ai 49 miliardi del 2015, di cui oltre la metà destinati all’eolico grazie all’espansione dei parchi offshore.
Peraltro, dal 2017 cambieranno le modalità di erogazione degli incentivi e ci sono forti preoccupazioni che le nuove regole, più “di mercato”, possano ostacolare il rilancio delle rinnovabili.
In alcuni paesi la crescita è frenata dalle difficoltà di trasmissione dell’elettricità verde. In altri, la produzione green rischia di superare la domanda in alcune ore della giornata. Più in generale, il peso degli incentivi sulle bollette determina posizioni governative molto caute e in alcuni casi decisamente punitive.
La continua riduzione dei prezzi di batterie, fotovoltaico ed eolico, abbinata ad un valore della CO2 in grado di penalizzare i chilowattora convenzionali, consentirà comunque alla produzione rinnovabile di sostituire progressivamente nei prossimi decenni quella convenzionale.
Per fare ripartire le rinnovabili sarà decisivo il ruolo dei sistemi di accumulo, dell’autoconsumo e dei servizi alla rete che potranno essere forniti anche attraverso soluzioni innovative come le centrali virtuali, i Virtual Power Plants.
L’articolo è un estratto dal lungo intervento di Gianni Silvestrini, direttore scientifico di QualEnergia.it, nel nuovo rapporto GreenItaly 2016 di Fondazione Symbola e Unioncamere.
Emissioni ed omissioni, le polveri sottili dalla combustione domestica di legna e pellet
Abbiamo letto con interesse l’articolo originale di Gilardoni et al. Dell’Isac-CNR (Direct observation of aqueous secondary organic aerosol from biomass-burning emissions, PNAS 6/2016 vol. 113, no. 36). Il fatto che in Val Padana, caratterizzata da elevata umidità dell’aria e frequenti episodi nebbiosi – benché dimezzati dai primi anni ’90 ad oggi, come rilevato dallo stesso Isac-CNR – si verifichi un incremento della formazione in atmosfera di aerosol secondario originato dalla combustione domestica del legno, incoraggia la nostra associazione a proseguire nelle attività di promozione delle più moderne tecnologie di combustione domestica.
Chi usa la legna per riscaldarsi deve farlo con consapevolezza e responsabilità. Apparecchi domestici caratterizzati da prestazioni tecnico-ambientali insufficienti, sia per età del generatore sia per il basso e superato livello della tecnica di combustione, non sono più compatibili con il miglioramento della qualità dell’aria del bacino padano.
La scelta consapevole di un generatore a legna non deve pertanto concentrarsi solo sul fattore di emissione di polveri, ma anche sulle emissioni di Carbonio Organico Volatile (VOC). Questo perché la componente non metanica del VOC, (NMVOC) pari a circa il 60-70% del totale, in inverno a contatto con l’atmosfera fredda origina una serie di composti, tra i quali l’aerosol secondario organico (SOA), ovvero il particolato condensabile secondario.
Inoltre, la componente carboniosa organica delle emissioni – particolarmente elevata nelle tecnologie tradizionali di combustione e nell’uso non corretto dei generatori (legna umida, sovraccarico della stufa, errata regolazione, ecc.), determina il livello di tossicità del particolato per la salute umana.
Recenti studi dell’Università di Lucerna (Zotter, Richard, Egli, Nussbaumer, 2016) hanno dimostrato – sulla base di analisi cellulari in-vitro – che il livello di tossicità sulle cellule polmonari della componente carboniosa organica condensabile (COC), nel caso di generatori automatici domestici in ottimali condizioni di combustione, è nullo o trascurabile, anche nel caso di elevate concentrazione dei gas di scarico. Esiste quindi un divario tra le emissioni di VOC a seconda del tipo di generatore e del suo livello tecnologico.
Nonostante il notevole progresso delle stufe a legna, rimane ancora molto da fare. In un recente convegno dell’International Energy Agency (IEA Task 32, Berlino 2016) è stato dimostrato che l’innovazione tecnologica delle stufe a legna (misure primarie) può da sola portare ad una riduzione del 50% delle polveri primarie e dell’80% del carbonio organico volatile.