Si è aperta in Qatar, la diciottesima Conferenza dei Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite. I diplomatici di oltre duecento paesi discutono della condizione in cui versa il pianeta per concordare, auguriamocelo, proposte positive per limitare i danni. Le difficoltà sono tantissime eppure ci sarebbero molte condizioni per fare almeno qualche passso in avanti nelle politiche della prevenzione, contro i cambiamenti del clima accelerati dall’uomo.
La prima condizione è che questi cambiamenti iniziano ad assumere connotati visibili a tutti, le temperature aumentano di quasi un grado rispetto ad un secolo fa. Il livello dei mari aumentano di una ventina di cm. ed i ghiacci sono in ritiro in molte parti del mondo. Gli eventi metereologici estremi stanno doventando più frequenti. Ce ne siamo accorti anche in Italia, visto che negli ultimi anni le “bombe di calore e le bombe di acqua” sono diventate molto frequenti da rasentare la continuità. Ma anche quello che è avvenuto negli Stati Uniti o in Cina o in Giappone che ci deve far riflettere. La percezione del rischio si sta diffondendo davvero in tutto il pianeta. E con essa la percezione dell’incapacità della politica, a oltre, vent’anni da Rio de Janeiro dove venne elaborata la convenzione per contrastare i cambiamenti climatici, di minimizzare quel rischio.
La seconda condizione è che, alla fine dell’anno 2012, viene a scadenza il Protocollo di Kioto. Ovvero quella legge internazionale che obbliga quasi tutti i paesi dell’antica indutrailizzazione (tranne gli Stati Uniti che non hanno mai ratificato quell’accordo) a ridurre, in media, del 5,2% le emissioni di anidride carbonica rispetto ai livelli del 1990. Questi paesi potrebbero, riaffermando gli impegni del Protocollo, esercitare una pressione morale sugli Stati Uniti, e su queli paesi emergenti come la Cina e l’India che finora si sono sempre sottratti a ogni impegno vincolante. Certo nessuna di queste condizioni positive sembra avere una grande possibilità di realizzarsi in concreto. Non è scontato che la prima condizione, quella della crescente consapevolezza del rischio, dia i frutti politici attesi. Quanto all seconda condizione, gà sappiamo che a Doha in Katar, alcuni paesi di anatica industrializzazione (Canada e Giappone) non sono affatto pronti a rinnovare i vincoli del Protocollo di Kioto se gli Stati Uniti e gli altri paesi ad economia emergente non faranno altrettanto. L’Europa, divisa com’è in questo momento, non sembra davvero in grado di fare da locomotiva. Lo stesso Obama sul progetto di green economy ha mostrato qualche limite e difficilmente vorrà inasprire il contenzioso con i repubblicani. Allora cosa ci dobbiamo aspettare dalla conferenza, se non un miracolo?
Intanto una buona notizia arriva dalla Regione Toscana: in data 13 Novembre con la legge regionale n° 63 ha portato una piccola ma significativa modifica alle disposizioni regionali che dettano vincoli e limiti all’installazione sul territorio di impianti fotovoltaici. La nuova legge Regionale modifica la tabella contenuta nell’allegato A alla legge Regionale 11/2011 escludendo dal divieto generale di installazione di impianti fotovoltaici a terra sopra i 200 Kw, quelli realizzati nelle “aree degradate” che risultano incluse nelle zone vincolate ai sensi dell’articolo 142 comma 1° lettere a, b,c,d,e,g,h,l,m del Dlgs 42/2004 (codice dei beni culturali e paesaggistici).
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