Qualche giorno fa Michele, nel suo editoriale, ha sottolineato come i temi ambientali siano “passati di moda” nell’agenda politica. Vero, tant’è che l’ambiente è di fatto scomparso anche dai programmi elettorali presentato dai partiti politici e dalle varie liste per le prossime elezioni. Ma poi vengono pubblicati documuenti come il rapporto “Global Food- Waste not, Want not” dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e in mente qualche considerazione viene.
Secondo la proiezione dell’Onu la popolazione mondiale del pianeta entro il 2075 raggiungerà il suo picco con circa 9,5 Miliardi, ci saranno cioè tre Miliardi di bocche da sfamare in più.
Il rapporto avverte che “l’umanità si troverà rapidamente di fronte a questioni sociali, economiche, ambientali e politiche di ampio respiro, che devono essere affrontate oggi per garntire un futuro sostenibile per tutti. Una questione è come produrre più cibo in un mondo di risorse limitate“.
Attualmente la produzione mondiale di cibo è di circa 4 miliardi di tonnellate all’anno della quale, purtroppo, il 30- 50% non raggiunge alcuno stomaco umano a causa dei sistemi di raccolta, immagazzinamento e trasporti carenti, sprechi del mercato e dei consumatori. Il rapporto sottolinea inoltre che “questa cifra non riflette il fatto che grandi quanità di terra, energia, fertilizzanti e acqua vengono persi durante la produzione di prodotti alimentari, che semplicemente finiscono tra i RIFIUTI“.
Lo spreco di cibo e di materie prime è quindi un problema grave.
In Italia pratiche agricole efficienti e migliori trasporti ed impianti di stoccaggio e di trasformazione fanno in modo che una percentuale maggiore di cibo prodotto raggiunga mercati e consumatori. Tuttavia le caratteristiche associate alla moderna cultura del consumatore medio producono spesso uno spreco attraverso il comportameto dei dettaglianti e dei consumatori stessi: ad esempio i supermercati, per soddisfare le aspettative dei consumatori, spesso rifiutano i raccolti di frutta e verdura perfettamente commestibili di un’azienda agricola in quanto non conformi agli standard rigorosi di commercializzazione per le loro caratteristiche fisiche come le dimensioni e l’aspetto (circa il 20% della produzione vegetale non viene raccolta). Oltre ciò, sono le promozioni e le offerte dei supermercati che incoraggiano i clienti ad acquistare quantità accessive di prodotti che spesso finiscono nella pattumiera.
Si calcola complessivamente che nei paesi sviluppati tra il 30 e 50% di quello che viene acquistato viene buttato via dall’acquirente. E sprecare il cibo non significa solo perdere nutrimento essenziale alla vita di milioni di persone, ma anche preziose risorse, compreso terreni, acqua ed energia.
Affrontando il problema dei rifiuti e degli sprechi alimentari si contribuirà a risolvere una serie di problemi riguardanti le risorse essenziali. Negli ultimi 50 anni il miglioramento delle tecniche agricole e la tecnologia, insieme ad un’espansione del 12% dei suoli agricoli, hanno contribuito ad aumentare in modo significativo i raccolti , ma attenzione, attualmente la produzione alimentare globale utilizza circa 5 Miliardi di ettari di terreno e pensare di utilizzarne ancora un’ulteriore parte, dei 10 Miliardi di ettari restanti, senza incidere negativamente su ciò che resta dell’ecosistema naturale del mondo è IMPENSABILE
E’ necessario che i governi dei singoli paesi comincino fin da ora a sostenere la necessità:
1– Che attraverso la Fao l’ingegneria internazionale dei paesi sviluppati collabori per trasferire le conoscenze e la tecnologia nei paesi in via di sviluppo;
2– che i governi dei paesi a rapido sviluppo introiettino la riduzione al minimo dei rifiuti pensandoci in fase di progettazione e costruzione delle infrastrutture di trasporto e di stoccaggio, progettato e costruito;
3– definiscano ed attuino politiche che cambino le aspettative dei consumatori;
4– di operare per cambiare gradatamente gli usi ed i gusti delle popolazioni (maggior uso di pasta frutta e verdura e meno uso della carne).
5- di modificare la rete distributiva alimentare (togliere dal mercato le confezioni cosidette famiglie e mettere in commercio quelle per singole e meglio ancora favorire la distribuzione dei prodotti sfusi);
6– di utilizzare mezzi sempre più efficienti per il trasporto di merci alimentari deperibili (aereo ed alta velocità);
7– di favorire gli acquisti di prodotti locali, di stagione e biologici;
8– ridisegnare la rete distributiva e gli orari di lavoro dei cittadini e di apertura delle imprese commerciali (in modo da evitare l’abitudine di fare la spesa settimanalmente sempre più fonte di spreco;
9– di lavorare per evitare che le derrate alimentari vengano utilizzate sempre meno per altri scopi (cereali utilizzati nella produzione dell’energia elettrica dove è bene incentivare magari l’utilizzo di biomasse provenienti da scarti agricoli);
10– di incentivare il risparmio dell’uso di acqua, la rinuncia al sacchetto di plastica, il risparmio energetico, il riciclo dei rifiuti e per ultimo l’uso delle gambe (una regola d’oro dice che bisognerebbe fare almeno 10.000 passi al giorno – circa 3 chilometri) e comunque camminare a passo veloce mezz’ora al giorno: quella necessaria per recarsi a fare la spesa quotidiana a piedi?