Il calcolo delle percentuali di raccolta differenziata nel seminario tecnico di Sei Toscana
La raccolta differenziata in Toscana: il nuovo metodo di certificazione. E’ questo il titolo del seminario tecnico che Sei Toscana ha organizzato per il prossimo giovedì 21 settembre presso l’auditorium della sede aziendale a Siena in via Simone Martini. Quello di giovedì prossimo sarà il terzo appuntamento con i seminari che SEI Toscana propone a funzionari tecnici e amministratori dei 105 comuni della Toscana del Sud, con la volontà di approfondire, discutere e condividere le molteplici tematiche inerenti il mondo della gestione integrata dei rifiuti. Nello specifico saranno prese in considerazione le percentuali di raccolta differenziata ed in particolar modo di come queste siano calcolate dalla Regione Toscana e come queste cambieranno alla luce delle modifiche apportate proprio ai sistemi di calcolo. Il programma prevede l’intervento di profili altamente qualificati, che offriranno ai tecnici ed agli amministratori approfondimenti per poter interpretare correttamente i dati di prossima pubblicazione. Il seminario si aprirà alle 9.30 con un saluto istituzionale del presidente di Sei Toscana, Roberto Paolini. In seguito vi saranno gli interventi dei relatori: Renata Laura Caselli, responsabile del settore Responsabile Settore Servizi Pubblici Locali, Energia ed Inquinamenti della Regione Toscana; Lucia Corsini, funzionario tecnico dell’Agenzia Regionale Recupero Risorse (ARRR) e Giuseppe Tabani direttore tecnico di Sei Toscana. A Paolo Diprima, direttore generale nominato di prossimo insediamento di ATO Toscana Sud spetterà invece il compito di trarre le conclusioni della giornata.
Rifiuti, che fine ha fatto il decreto con i criteri per l’assimilazione degli speciali agli urbani?
Atteso dal 1997, una sentenza del Tar Lazio ne imponeva la pubblicazione entro ieri. Ma dal governo non arrivano notizie. Sono scaduti ieri i 120 giorni entro i quali il ministero dell’Ambiente, di concerto con quello dello Sviluppo economico, avrebbe dovuto finalmente produrre un decreto con cui stabilire i criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani. A imporlo è la sentenza del Tar Lazio pubblicata lo scorso 13 aprile: 120 giorni concessi al governo per sanare quanto non fatto in vent’anni, e caduti ancora una volta nel vuoto. Già il decreto Ronchi del 1997 (il Dlgs 22/1997) imponeva la definizione da parte dello Stato di criteri – quantitativi e qualitativi – omogenei sul territorio nazionale per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, criteri mai arrivati. La conseguenza è stata il caos, con i regolamenti comunali chiamati a supplire (ognuno in modo differente dall’altro) a quanto il governo non è stato in grado di stabilire, ovvero stabilire in quali casi e quantità i rifiuti derivanti attività produttive, commerciali e di servizio (gli speciali) possano essere assimilati agli urbani, e dunque gestiti secondo le logiche del “servizio pubblico essenziale” e i suoi costi, da coprire integralmente tramite la Tari. Si badi che la partita è tutt’altro che marginale. Delle circa 160 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno in Italia neanche il 20% è composto da rifiuti urbani, con l’80% dominato dagli speciali. Non c’è dunque da stupirsi che i rifiuti speciali assimilati arrivino a pesare anche per il 50% dei rifiuti gestiti nell’ambito del servizio pubblico, ovvero insieme agli urbani. Nonostante un’attesa già ventennale, la sentenza del Tar e le crescenti difficoltà dei territori, il decreto ministeriale con i criteri per l’assimilazione, secondo il governo, può attendere.
Rifiuti, superare il 65% di raccolta differenziata non basta se la qualità è pessima
Secondo il testo unico ambientale (Dlgs 152/2006), come noto, in Italia la raccolta differenziata dei rifiuti avrebbe dovuto raggiungere almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012. Oltre quattro anni e mezzo dopo questo obiettivo è ancora lontano: delle 29,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni anno in Italia, solo il 47,5% viene intercettato – secondo gli ultimi dati Ispra disponibili – dalla raccolta differenziata, dato che risulta di poco superiore guardando alla sola Toscana (49,76%). Per il contesto nazionale come per quello regionale, si tratta naturalmente di dati medi. Territori più circoscritti hanno già infranto la barriera del 65% di raccolta differenziata, ma questo non significa che i problemi siano finiti. Ma a che cosa serve ottenere alte percentuali di raccolta differenziata? Suddividere i rifiuti prodotti dai cittadini in diversi sacchetti e/o campane non porterebbe a nessun vantaggio (ambientale e men che meno economico) se i materiali così raccolti non entrassero nella filiera industriale del riciclo, per essere recuperati e infine re-immessi sul mercato. Perché il cerchio si chiuda è però indispensabile che la raccolta differenziata sia di buona qualità, ovvero che i cittadini sappiano riconoscere e applicare le regole per conferire i propri rifiuti, supportati da metodi di raccolta e campagne di comunicazione ben organizzate. Purtroppo, i risultati finali non sempre sono in linea con quelli sperati: oggi migliorare la qualità della raccolta differenziata è una sfida cruciale per l’economia circolare, una sfida sulla quale è necessario concentrare le forze perché al momento non la stiamo vincendo. Esemplare il caso del multimateriale: la raccolta differenziata aumenta in quantità ma peggiora in qualità, come spiegano i dati offerti dal Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica. E senza qualità non c’è vera economia circolare. Per questo, tornando all’esempio fornito dal territorio, i dati relativi alle ultime analisi effettuate da Revet sui rifiuti conferiti all’interno delle campane mostrano un «comportamento non troppo virtuoso da parte degli utenti in questi mesi estivi». Le percentuali sono chiare: 55% frazione estranea, 45% imballaggi in PMTV (plastiche, metalli e tetrapak). In altre parole, i conferimenti di rifiuti sbagliati da parte degli utenti sono di più di quelli corretti, creando così problemi e costi aggiuntivi lungo tutta la filiera del recupero.
Sulla merceologia dei rifiuti e la “chimica circolare”, prima dell’economia
È curioso osservare come, in tempi dove finalmente alla quantità dello sviluppo (l’incremento del Pil) è sempre più naturale affiancare osservazioni sulla sua qualità, questo salto culturale sia ancora agli albori per quanto riguarda uno degli aspetti più problematici – e densi di opportunità – nella svolta verso un modello di sviluppo sostenibile: la gestione e il riciclo dei rifiuti. Soffermiamoci a osservare la parte mediaticamente più esposta, seppur quantitativamente minoritaria, del settore: quella che passa dalla raccolta differenziata realizzata dai cittadini all’interno delle proprie case. Sappia, il cittadino, che solo il 14% circa di tutti i rifiuti prodotti in Italia – ovvero i rifiuti da imballaggio post-consumo (7%) e la frazione organica dei rifiuti urbani (un altro 7%) – rientra nell’orbita della raccolta differenziata: la stragrande maggioranza degli scarti prodotti dalla nostra economia rientra infatti nell’ambito dei rifiuti speciali, che nel 2015 hanno toccato quota 132,4 milioni di tonnellate a fronte delle 29,5 composte da rifiuti urbani. Anche nel ben più piccolo – ma cruciale – mondo dei rifiuti urbani e delle raccolte differenziate i problemi non mancano.
Nelle ultime settimane greenreport si è occupato di affrontare un aspetto fondamentale di questi problemi, ovvero la scarsa qualità dei materiali che vengono conferiti dai cittadini nelle campane, creando problemi lungo tutta la successiva filiera dell’avvio a riciclo: si pensi al caso delle plastiche ma anche a quello dell’organico per la produzione di compost, troppo spesso di scarsa qualità tanto da non trovare un mercato di sbocco. E senza mercato di sbocco, l’economia circolare non si chiude. Il riciclo delle merci usate viene in generale affrontato dimenticando che dalle merci usate e rifiutate si possono ottenere nuove merci soltanto se si parte da miscele relativamente omogenee, spiega il chimico e professore emerito di Merceologia Giorgio Nebbia: «Il materiale da trattare è, una materia prima, o seconda come la si vuole chiamare, che entra in un ciclo produttivo e come in tutti i cicli produttivi, ha successo se si sa da che cosa si parte e come la materia in entrata viene trasformata. Insomma un problema di merceologia dei rifiuti».
Mentre il dibattito pubblico attorno a questi temi sta maturando adesso nel Paese, Nebbia vi dedicò scritti e riflessioni che risalgono a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, purtroppo ignorati quando non derisi. «La economia circolare – ricorda Nebbia – è stata praticata da tutti gli imprenditori, dall’ottocento in avanti, che si trovavano fra i piedi residui inquinanti di lavorazioni, perdita di costose materie prime che potevano essere recuperate in parte dai rifiuti. Più che mai il successo delle imprese del riciclo dipende dunque «dalla conoscenza dei caratteri chimici e fisici dei vari materiali da trattare, uno dei più importanti flussi della materia ed energia che entrano in un’economia: qualcosa come oltre 150 milioni di tonnellate all’anno in Italia, probabilmente alcuni miliardi di tonnellate all’anno di materie solide nel mondo, più del carbone che entra nell’economia mondiale ogni anno. Da qui la necessità di un’accurata informazione (vogliamo dire pedagogia?) verso chi pratica la raccolta differenziata, la cui utilità dipende dalla separazione dei rifiuti in gruppi omogenei ai fini del processo di riciclo. Altrimenti anche volonterose iniziative forniscono ai trasformatori materie ben poco utilizzabili».
In Toscana, 1.722 infrazioni accertate, corrispondenti al 6,9% su scala nazionale
Pochi giorni dopo la presentazione da parte di Legambiente del Dossier Ecomafia 2017, si è parlato, alle Giubbe Rosse di Firenze, dell’illegalità ambientale nella nostra regione, che mantiene, purtroppo, la posizione più alta in classifica tra le regioni del centro-nord. Per quanto riguarda le attività organizzate di traffico illecito dei rifiuti, la Toscana si conferma al sesto posto anche nel 2017, con cifre che rimangono comunque preoccupanti: 324 infrazioni accertate nel 2016, il 5,7% del totale nazionale, diminuiscono di poco le persone denunciate (431) e gli arresti, mentre salgono i sequestri effettuati (99).nciale le maggiori criticità si evidenziano nella provincia di Firenze (74 infrazioni accertate, 1,8% su totale nazionale, 101 denunce), seguita da Livorno (41 infrazioni accertate, 1% su totale nazionale, 72 denunce) e da Siena (34 infrazioni accertate, 0,8% su totale nazionale, 48 denunce).
Quest’anno si registra una riduzione dei reati legati al ciclo del cemento e contro gli animali.
Per quanto riguarda i primi, la Toscana scende alla settima posizione, anche se diminuiscono le infrazioni accertate da 342 a 222, (il 5% sul totale nazionale), le persone denunciate (304) e i sequestri effettuati (da 106 a 61).
Su scala provinciale i maggiori problemi si manifestano nella provincia di Livorno (53 infrazioni accertate, 1,2% su totale nazionale, 62 denunce), seguita da Siena (53 infrazioni accertate, 1,2% su totale nazionale, 76 denunce) e da Firenze (37 infrazioni accertate, 0,9% su totale nazionale, 41 denunce).
I reati contro gli animali (bracconaggio, commercio illegale di specie protette, allevamenti illegali, pesca di frodo ma anche le nuove norme contro il maltrattamento degli animali di affezione) vedono un notevole miglioramento generale. In relazioni a questi reati, la Toscana scende al nono posto della classifica, con 249 infrazioni accertate, con una percentuale sul totale del 4,2%, in diminuzione rispetto all’anno precedente, 249 denunce, 13 sequestri. Nella classifica provinciale dell’illegalità della fauna però compare anche Livorno tra le città italiane con 174 infrazioni accertate e il 2,9% su totale nazionale.
Continua la lotta contro “le archeomafie”, dove la situazione si presenta allarmante, la nostra regione infatti è una di quelle maggiormente colpite dai ladri di opere d’arte (secondo posto, con 79 furti) ed insieme al Lazio guida la classifica delle regioni con il maggior numero di furti.
Anche per quanto riguarda gli incendi ci sono buone notizie. La Toscana, infatti, sale in negativo di una posizione dal sesto al quinto posto nella classifica nazionale con 377 infrazioni accertate 8,1% sul totale, 43 denunce e 22 sequestri. Sicuramente peggiori saranno i dati del prossimo anno.
L’edizione 2017, oltre ad indagare su smaltimento rifiuti, cementificazione abusiva, racket animali, incendi e archeomafie, pone l’attenzione, come ha rimarcato Ciafani, su due nuove filiere: quella della corruzione ambientale (320 gli arresti tra quanti avrebbero dovuto vigilare sull’ambiente e si sono invece fatti corrompere) e quello della vendita degli shopper illegali.
Anci, Ministero dell’Ambiente, Cosmobike e la testata Viagginbici.com promuovono il premio “Urban Award” a favore della mobilità ciclabile
Il premio “Urban Award” è pensato per i Comuni con più di 20mila abitanti che abbiano avviato o appena approvato progetti di mobilità sostenibile nei propri centri urbani, come ad esempio i progetti di bike to work/bike to school e quelli di mobilità integrata, che saranno privilegiati nella valutazione. Il bando è aperto fino al 30 luglio 2017 e la proclamazione dei vincitori avverrà a Verona in occasione del Cosmobike Show, che si terrà dal 15 al 18 settembre. La finalità dell’iniziativa è sensibilizzare istituzioni e collettività al cambio di stile di vita, diffondendere buone pratiche di sostenibilità e promuovere un diverso approccio culturale a partire dai territori. Leggi il regolamento e compila la form per partecipare.
La Giunta regionale ha approvato i criteri essenziali di un nuovo bando di finanziamento
La Regione Toscana, nell’ambito della programmazione dei fondi comunitari POR FESR 2014-2020, ha approvato con DGR 695del 26.06.2017, i criteri essenziali di un nuovo bando per progetti di efficientamento energetico degli immobili pubblici, che sarà pubblicato entro il mese di luglio. Il bando sarà finanziato con risorse pari a euro 8.000.000,00 di cui € 4.000.000,00 destinate agli Enti Locali (Comuni, Province, Unioni di Comuni e Città Metropolitana) e € 4.000.000,00 destinate alle Aziende Sanitarie Locali e alle Aziende Ospedaliere con la priorità di destinare risorse pari a € 1.000.000,00 fino ad esaurimento a favore di progetti di efficientamento energetico degli immobili pubblici situati nei Comuni del Parco Agricolo della Piana fiorentina di cui € 500.000,00 destinate agli Enti Locali e € 500.000,00 destinate alle Aziende Sanitarie Locali e alle Aziende Ospedaliere.Gli interventi attivabili riguarderanno:
l’isolamento termico di strutture orizzontali e verticali, la sostituzione di serramenti e infissi, la sostituzione di impianti di climatizzazione con impianti alimentati da caldaie a gas a condensazione o impianti alimentati da pompe di calore ad alta efficienza, la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore o a collettore solare per la produzione di acqua calda sanitaria, i sistemi intelligenti di automazione e controllo per l’illuminazione e la climatizzazione interna, i sistemi di climatizzazione passiva, gli impianti di cogenerazione/trigenerazione ad alto rendimento.Ad integrazione potranno essere attivabili interventi per: la produzione di energia termica da fonti energetiche rinnovabili quali solare, aerotermica, geotermica, idrotermica; per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili quali solare (impianti fotovoltaici), purché finalizzati all’autoconsumo. Gli interventi dovranno essere realizzati in edifici esistenti di proprietà pubblica adibiti ad uso pubblico e localizzati all’interno del territorio regionale. Ciascun intervento deve essere previsto almeno nel progetto di fattibilità tecnico ed economica approvato alla data di presentazione della domanda. Il contributo sarà concesso sotto forma di contributo in conto capitale nella misura massima del 80% delle spese ammissibili. Ciascun soggetto richiedente potrà presentare una o più domande per un totale in termini di contributo concedibile complessivo non superiore a 1.500.000,00 euro per gli Enti Locali e a 3.000.000,00 per le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere.