Sabato sera al ritorno da Perugia, non del tutto soddisfatti del concerto de I Cani (non per motivi musicali, ma logistico/antropologici), abbiamo deciso di ascoltarci in macchina il nuovo album, Glamour. Un cd interessante, introspettivo e per questo molto diverso dal primo che era invece incentrato sull’analisi (critica) del mondo giovanile prettamente romano. Bel disco e bei pezzi. La cosa che più mi ha sorpreso è la ghost track, ossia quel contenuto musicale la cui esistenza non viene indicata nella lista delle tracce sulla copertina o sul libretto del disco. (I primi fautori della ghost track furono casualmente i Beatles, almeno così dice il Lupetti, ma su questo lascio spazio a suoi eventuali pipponi).
La canzone si intitola 2033 ed è una meta-auto-parodia. I Cani raccontano la gioventù indie (o hipster?) una volta che essa sarà invecchiata, usando accordi pianistici retrò e la voce disillusa di Matteo Bordone. In una intervista Niccolò Contessa, frontmen del gruppo, dice «Matteo Bordone l’ho conosciuto un po’ di tempo fa perché abbiamo amici in comune e lui spesso parte con queste gag continuate che fanno molto ridere: una di queste era proprio l’hipster invecchiato, che è una cosa geniale. La moda è una cosa che sta sempre nel presente o nel futuro, pensare a due modaioli che guardano con amarezza o rimpianto il proprio passato era molto molto buffo e quindi lavorando su questo personaggio, che Bordone aveva fatto del Nord, mi è uscita quella cosa. E’ un po’ come l’espansione nei videogiochi, applicata ai Cani: il primo disco è quello che racconta i giovani, proviamo a vedere da vecchi che cazzo fanno, ribaltiamo il loro immaginario. E sempre per questo ribaltamento abbiamo deciso di mettere uno di Varese che canta in romanesco».
Ascoltando questa track nasce un forte senso di malinconia e sorgono spontanee alcune domande. Come saremo tra 20 anni?
Staremo lì a rimpiangere i tempi che furono, la spensieratezza della gioventù e gli errori commessi per l’ingenuità, ma nel contempo saremo lì senza pensione e con il peso ancora presente della povertà/precarietà che ci costringerà a perderci diversi aggiornamenti dell’IPhone (“ancora ‘sto con l’8 dell’I Phone“, ‘na tragedia insomma…) e cercheremo di monetizzare in qualsiasi modo, anche vendendo i cd, che a quel punto saranno vintage, dei nostri cari (fratelli, mariti… o del Lupetti)
Appena ho sentito questo pezzo mi è venuta in mente la canzone 2030 degli Articolo 31, scritta un bel po’ di tempo fa, nel 1996. Le emozioni suscitate sono più o meno le stesse: J.Ax si immaginava nel testo il mondo dei rapper italiani una volta che avrebbero raggiunto i 60 anni e l’Italia del 2030 arrendendsi a una serie di previsioni che per tantissimi elementi si sono rivelate quasi profetiche, peraltro in anticipo sulla scadenza prevista (cioè già dagli anni che viviamo adesso).
Chissà se a questo punto I Cani saranno altrettanto profetici. L’unica cosa che possiamo fare è stare seduti a guardare gli anni che passano, oppure cercare di intervenire e salvare il mondo prima di una totale rovina (…mamma mia che frase altisonante!).
E mentre decidiamo cosa fare aspettiamo il prossimo gruppo che ci proporrà una visione del 2040, per la serie “I Profeti della Musica Italiana“.
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