Quest’anno la cosa più sensata sul Festival di Sanremo l’ha detta Pupo, aprendomi uno scenario a cui non avevo mai pensato: Sanremo serviva fino a un po’ di tempo fa a determinati artisti come lancio promozionale all’estero, in quei paesi (Russia, tanto per dirne uno) dove gente come Pupo stesso, o Toto Cutugno, o Al Bano sono ancora degli eroi nazionali in grado di vendere tantissimi dischi e riempire i palasport. A cosa serve, invece, adesso?
L’impressione, certo parziale, è che serva a poco o nulla.
L’importanza che riveste ormai nel quadro della musica italiana è molto limitata, così come l’impatto sulle classifiche discografiche. Una volta usciva la compilation di Sanremo e balzava dritta al n.1, la canzone vincitrice restava un evergreen, le radio della domenica post-finale erano riempite dalle canzoni sanremesi. Tutto questo non accede più.
Allo stesso modo non sembra più in grado di lanciare talenti come lo era negli anni 80, tant’è che i “lanciati” da Sanremo negli ultimi anni sono stati in netto calo
L’unica utilità pare essere quella dello show televisivo, così da riempire una settimana di ascolti. Ma da quel punto di vista ho provato un’enorme noia, come d’altronde provo sempre noia di fronte a Che tempo che fa di Fazio
Ma, dopo aver sentito le giuste considerazioni di Pupo, con meno vergogna ammetto la mia nostalgia per gli anni 80 (o per l’edizione del ’79, con Mike e la divina Annamaria Rizzoli, vedi foto…), per Pippo Baudo e/o i “figli di”, per l’ingessamento d’ordinanza, per i secondi posti di Toto Cutugno, per il dopo festival, per il voto con le schedine del Totip, per Aragozzini e compagnia bella. E viva anche l’Eurofestival!