Appaghiamo subito l’appetito della politica spettacolo dicendo che in quanto a presenze Bersani e Renzi ad Arezzo hanno pareggiato; a vantaggio del primo va il fatto che fosse freddo, del secondo che la location scelta non fosse in centro città. Pareggio anche all’applausometro e nel livello di entusiasmo dei sostenitori; età media più bassa per Renzi, ma percentuali di “curiosi” non schierati o in dubbio molto maggiore rispetto a Bersani, che ha dalla sua un esercito di convinti e sicuri, in cui peraltro figura quasi tutto il partito, inteso come gruppo dirigente del PD della nostra provincia e come militanti di base, tesserati, attivisti dei circoli ecc ecc
Chiusa la premessa destinata a chi ama la politica bignamizzata e muscolare tanto in voga di questi tempi veniamo al dunque. Com’è stato Bersani?
Secondo me è stato di sinistra, parecchio di sinistra. Non dovendo parlare da Segretario del partito (e quindi necessariamente in modo unitario e un po’ annacquato viste le diecimila anime del PD) ha tirato fuori un volto diverso dal solito. Tutto ciò è (credo) il risultato di un preciso calcolo politico: il PD alle prossime elezioni dovrà fare il pigliatutto a sinistra azzerando SEL, Rifondazione e recuperando i tanti dell’area di centrosinistra che si sono spostati sull’astensione e sul voto a Grillo; così da andare poi al governo insieme ai centristi (leggasi UDC) con un accordo post-elettorale, ma col peso di tanti parlamentari.
Bersani quindi guarda già avanti e allo scontro diretto con Renzi, citato praticamente mai, preferisce la costruzione della strategia elettorale per vincere le elezioni. Vincerà alle primarie? Difficile dirlo; la sensazione è che vincerà fra i tesserati al partito e fra chi, a vari livelli, fa politica più o meno attiva e con più o meno responsabilità nei territori. Vedremo poi quanto incideranno gli “altri”, i non militanti, nel voto.
Di sobrietà in politica, ringiovanimento, riduzione dei costi, sprechi e privilegi, di riforme moralizzatrici da fare subito Bersani ne parla, ma la cosa finisce inevitabilmente in secondo piano. Forse anche perchè Bersani già sa che non ci sono i numeri in parlamento per arrivare a qualcosa, quindi non riesce a premerci troppo. Questo tema credo però che interesserebbe alla gente adesso molto più degli altri, e non dare una risposta subito può essere un forte limite.
Perchè dico però che Bersani è stato “di sinistra”? Nel linguaggio, prima di tutto. Perchè ha usato in modo reiterato un termine come uguaglianza, perchè ha rivendicato con forza alcuni valori storici della sua parte “valori che sono i nostri, da sempre“, perchè ha parlato di lavoro e di fabbrica, di scuola da difendere (‘quella non si tocca più‘), di speculatori internazionali da punire, di un paese “civile e colto” come primo obbiettivo, perchè ha dato una sua interpretazione storica al progresso e all’espansione dei diritti spiegando che ogni passo in avanti è sempre merito dell’iniziativa dei poveri, del popolo, e non è mai stato calato dall’alto o regalato dai ricchi.
Quest’ultimo concetto (‘El pueeeebloooo‘) era un po’ da riedizione di Emiliano Zapata. Poco conta che abbia sostenuto l’operazione-Monti e che poi finirà al governo coi moderati, e addio sinistra e addio Zapata. Per un attimo m’è venuto in mente un Bersani a cavallo, col sombrero e il sigaro fra i denti. Come nei western all’italiana del periodo crepuscolare-impegnato, tutti ambientati ai tempi della rivoluzione messicana, il Segretario col braccio sinistro teneva le briglie, col destro brandiva il fucile. E allora chiudiamolo così questo articolo, in attesa della discesa in campo di un giovane Tomas Milian nel ruolo di Tepepa, con la colonna sonora di Vamos a matar companeros ironicamente in sottofondo e la consapevolezza che anche se Bersani non parla di Renzi e dice che le primarie stanno facendo bene al PD la sua base di sostenitori il Sindaco di Firenze camperizzato lo sopporta alquanto male, e dalle primarie è parecchio preoccupata