Con questa battuta si potrebbe riassumere il senso del vivace incontro che si è tenuto alla Festa della Federazione della Sinistra giovedì scorso,dal titolo ” Il Diritto alla salute in Valdichiana: Come è, come vorremmo che fosse, come sarà”, un’iniziativa molto partecipata, da cittadini ed operatori del settore, che ha premiato gli organizzatori, che hanno scommesso, in apertura della festa, in un incontro impegnativo e non sull’intrattenimento leggero. E senza l’attrazione culinaria.
Sì la democrazia fa bene alla salute per più motivi:
Perché il diritto alla salute è prima di tutto “consenso informato” non solo a livello individuale (rispetto alle terapie proposte dal medico), ma anche sulle scelte di fondo che, in ambito nazionale e locale, vengono fatte in materia.
Perché se il momento attuale di crisi “globale” impone di rivedere modelli organizzativi, indicatori di spesa, obbiettivi di salute, è anche vero che razionalizzare non significa unicamente “tagliare”.
Perché democrazia significa essere informati e pretendere una nuova e diversa ripartizione dei sacrifici (perché cominci a pagare chi non lo ha fatto finora)e delle risorse a livello nazionale e ad una diversa individuazione della spesa. La riduzione di 1 punto percentuale gli interessi sul debito imposti dalle attuali politiche monetarie farebbe recuperare 60 milioni di euro al giorno, da destinare a quei servizi che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità individua come indicatori di salute.
Perché, dice l’OMS, salute è uno stato complessivo di ben-essere, fisico, mentale, sociale e non solo “assenza di malattia”.
Perché se a livello locale la zona Valdichiana aretina ha costruito negli anni un buon welfare, preso a modello anche in ambito regionale (come ha riconosciuto l’assessore provinciale alle politiche sociali e sanità Mirella Ricci), fatto di un’alta integrazione tra Comuni, ASL, Terzo settore, tra servizi sanitari e servizi sociali il momento attuale impone una forte “attenzione democratica” da parte di tutti i cittadini per denunciare prontamente tagli mascherati da razionalizzazioni che non riducono sprechi ma tagliano solo diritti.
Perché se la riorganizzazione in atto nei servizi sanitari (come ha ricordato il Dott. Marco Conti, Coordinatore Sanitario Distretto ASL8 e Medico di famiglia) mette al centro la persona, con i propri diritti e bisogni, e punterà sul Distretto come riferimento fondamentale del territorio assieme ai medici di famiglia) rimane il nodo del rapporto Servizi ospedalieri e Servizi territoriali e dell’effettiva possibilità di mantenere, ed anzi rafforzare l’integrazione tra i servizi territoriali, per non far ricadere sulle famiglie il peso della cura. Se, come ha ricordato l’assessore regionale Salvatore Allocca, c’è stata e ci sarà una forte riduzione dei trasferimenti del Fondo Sanitario Nazionale alle Regioni, i trasferimenti nazionali sulle politiche Sociali sono stati in pratica già azzerati, fondi che andavano in parte ai Comuni, Comuni che non hanno risorse alternative da destinarvi, stremati dalle politiche nazionali. Allora parlare di rete tra i servizi e di integrazione diventa veramente difficile.
La crisi impone un “surplus” di democrazia, di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini, per impedire la cancellazione del Sistema Pubblico di Sanità e Sicurezza Sociale ritenuto tra i migliori del mondo, per accrescere la consapevolezza del “DIRITTO ALLA SALUTE” ed insieme del nesso tra SALUTE e scelte, nazionali e locali, sulle politiche economiche, territoriali, come hanno ricordato alcuni interventi di rappresentanti dei comitati territoriali, per smascherare chi ci impone come “ineluttabili e dettate dalla mala sorte” scelte imposte dalle Politiche neoliberiste.
Ma l’Assessore Alloca, insieme alle forti preoccupazioni per il presente, in una prospettiva di cambiamento e di ricostruzione di quella progettualità che sembra preclusa alle nuove generazioni, ha anche invitato a cogliere la crisi come momento per un ripensamento collettivo del nostro sistema, per recuperare relazioni sociali significative e solidali, in nome di una decrescita se non felice, almeno virtuosa.