Il tema della soppressione delle province ricorda tanto quella favoletta dove il pastore gridava sempre “al lupo, al lupo”, poi quando arrivò per davvero la belva fece fuori le pecorelle. La storia della cancellazione, almeno dalle nostre parti, non so quello che succede in altre regioni, è uno dei più grandi esempi di miopia ed incoerenza politica che si conoscano. Il presidente Rossi ai miei occhi ha una grande dote, è uno con la testa dura e quando si è dato un obiettivo è difficile smuoverlo, di altri invece, il massimo che si può dire, è che smogliano ai budini alla vaniglia: dolci, teneri ma tremolanti.
Quando Enrico Rossi venne eletto “Governatore” nel suo programma politico aveva indicato con chiarezza le sue idee sulle macro-aree, nei servizi e non solo. Allora nessuno ebbe niente da obbiettare, tranne qualcuno che timidamente alzò il grido del pastore, nessuno gli dette retta convinti che il lupo non sarebbe mai arrivato, oggi invece i nodi sono venuti al pettine in parecchi intonano il pianto greco, un po’ tardi non credete? Un po’ incoerente non pensate?
Ma poi è proprio tutta colpa del Presidente Rossi?
Secondo il vezzo, tutto italiano, di personalizzare le cose sembrerebbe di si, io la penso in maniera contraria qualcuno dovrebbe, proprio per coerenza, iniziare a farsi un bell’esame di coscienza. Riflettere sulla propria scarsa lungimiranza e sul fatto che, alla lunga, non conviene andare sempre a rimorchio del potente di turno e giova provare, qualche volta, ad avere delle idee originali.
Per questo mi fanno sorridere quei coccodrilli che oggi versano lacrime sul possibile (speriamo di no) prossimo funerale della Provincia di Arezzo.
Qualcuno per altro ha dimenticato che qui parliamo di una legge nazionale non di un delibera della Giunta Regionale, sarebbe interessante capire cosa ne pensano dell’argomento i parlamentari aretini, tutti, senza eccezione.
Purtroppo anche il PD, partito di gran lunga maggioritario in questa terra, a Roma si è unito al coro di quelli che volevano per forza cancellare le province. Una adesione modaiola e poco meditata fatta in nome di un risparmio economico che, a conti fatti, non compenserà i “danni” in termini di rappresentanza, difficoltà burocratiche, lontananza delle istituzioni, indebolimento del controllo, scarsa presenza sul territorio.
Tutte cose che nessuno ha quantificato dal punto di vista dei costi ma che alla fine peseranno parecchio. Mi domando come si possa governare un sistema territoriale che va da Sestino fino a Capalbio e all’Isola del Giglio, con 103 comuni e diversità notevoli dal punto di vista economico, territoriale, sociale.
Il rischio è che non si faccia una macro-area ma una mini-regione con poche risorse e parecchi problemi, tant’è che qualcuno comincia seriamente a pensare ad una “scissione” del lato nord aretino, con un Valdarno che guarda a Firenze come un tempo i patrioti romani guardavano al Regno d’Italia.
La battaglia, quella vera e non le scaramucce a cui assistiamo in questi giorni, andava fatta in Parlamento portando argomenti seri e non accontentandosi dei nove miliardi di risparmi sbandierati come uno specchietto per le allodole dai tanti incantatori di serpenti che affollano giornali e aule parlamentari.
Sono convinto che se i parlamentari avessero dovuto rispondere al territorio e non alle segreterie di partito si sarebbero messi di traverso a questa colossale bufala ma così va il mondo. Per inciso vorremmo ricordare ai fautori del risparmio che l’unica economia sarà quella sugli organi di rappresentanza, perché le funzioni delle vecchie province qualcuno le dovrà pur portare avanti (Regione, Macro area, Comuni, Agenzie).
Per risparmiare qualche indennità e qualche gettone di presenza conveniva fare tutto questo casino?