Il XIX è stato per la Russia un secolo di grande fervore intellettuale.
Grazie alle idee del romanticismo tedesco, nella prima metà del secolo fioriscono nelle grandi città russe numerosi circoli culturali che contribuiscono a rafforzare quel fenomeno tipicamente russo di una cultura non accademica.
È in questo contesto che si colloca l’attività di Vladimir Fyodorovich Odoevskij (Mosca 1803-1869).
Di nobili natali, nel 1823 fonda la “Società dei Filosofi”, circolo che ben presto diventerà punto di riferimento per tutti i suoi contemporanei.
Giornalista, editore, musicista e musicologo, Odoevskij è considerato uno dei maggiori filantropi russi di tutti i tempi: è l’ideatore di un almanacco destinato all’alfabetizzazione dei contadini, si è impegnato in prima persona per la realizzazione del conservatorio di Mosca, è stato autore di iniziative volte all’abolizione della servitù della gleba e per la riforma del sistema carcerario.
La sua attività letteraria tocca l’apice nel 1844 con la pubblicazione di Notti Russe, un romanzo da lui stesso definito “dramma delle idee” perché sono proprio le idee a essere al centro della narrazione.
Personaggio chiave è Faust, intellettuale eccentrico e fuori dal comune, a casa del quale si recano, per nove notti, i suoi cari amici Rostislav, Viktor e Vjaceslav.
Qui discutono di filosofia, di scienza, di poesia, della vita nei suoi più ampi significati.
Il desiderio di districarsi nella “selva” della conoscenza li porterà a raccontare storie di grandi uomini e di gente ordinaria, le cui esistenze sono però accomunate dal rimpianto per non aver vissuto una vita piena e completa.
Con lo svilupparsi del romanzo emerge l’importanza della poesia, tanto che in più di un’occasione viene ribadito che solo il poeta è in grado di cogliere un universo simbolico precluso agli altri. Una realtà addirittura superiore alla concretezza dei simboli storici: questi ultimi hanno a che fare con la sola realtà terrena, mentre gli archetipi della poesia affondano le proprie radici in una realtà infinita dalla quale è possibile godere di una visione totale della verità.
Quello della poesia è solo uno degli argomenti trattati: meritano di essere ricordate le “tre notti” che Odoevskij dedica a uomini di genio come Bach, Piranesi e Beethoven, oppure il capitolo dov’è raccontata la tragedia di “Benthamia”, una società dove tutto, dall’arte alla religione, dalla filosofia alla politica, si sottometterà alla legge dell’utile ma che, alla fine, crollerà schiacciata dal peso dell’utilitarismo stesso.
Interessante è la riflessione sul destino della Russia: proprio come aveva fatto con Napoleone, il popolo russo dovrà salvare i paesi dell’Occidente dalla sempre più dilagante corruzione sociale e morale.
La cultura russa, le cui radici sono ancora pure, dovrà indicare all’Europa un nuovo percorso, la via per far fronte alla catastrofe culturale imminente e dare nuova linfa alla scienza, all’arte e alla religione. Unendo la sapienza del vecchio pensiero con le conoscenze delle nuove generazioni sarà possibile imprimere un impulso significativo alla vita europea, illuminata dal sole della cultura russa. Non a caso infatti il romanzo si chiude con Faust e i suoi amici che insieme gridano: “…il diciannovesimo secolo appartiene alla Russia…”.
Il romanzo di Odoevskij rispecchia il profondo interesse dei giovani russi per la cultura, per il sapere e l’amore incondizionato per la propria patria e, in accordo con la migliore tradizione letteraria russa, l’autore espone le sue idee, la sua “filosofia” usando la forma del romanzo.
Di non facile reperibilità, è tuttavia un libro che merita di essere letto: non solo permette di conoscere uno dei grandi intellettuali del XIX secolo, ma e sopratutto perché in Notti Russe viene tratteggiato con estremo realismo un periodo che ha lasciato un’impronta nella cultura russa, ma che, purtroppo, è pressoché sconosciuto al grande pubblico.
Consigliato!