Chi sbaglia paga, proporzionalmente al suo sbaglio, e una volta pagato ha diritto di ricominciare. Sarebbe bello se fosse sempre così in Italia, paese ariconoto per andare quasi sempre al contrario, con effetti spesso peggiori rispetto anche a quelli che si avrebbero se si ripristinasse la legge del Taglione. Tant’è che qualcuno non paga mai e qualcun altro paga oltremisura. Il resto chi lo fa? Lo fanno i giornali, che spesso infliggono, cavalcando le fiamme roventi nell’opinione pubblica, pene accessorie ancor più dolorose di quelle ordinarie.
Ok, il nostro marciatore Alex Schwazer ha sbagliato. Ha compiuto un errore gravissimo, ha tradito la fiducia dei suoi allenatori, della Federazione, di milioni di italiani che erano pronti a tifarlo nella massacrante 50km. Non ci sono parole, davvero, e ogni forma di rabbia, indignazione e delusione è ora pianemente comprensibile così come è normale che tutto questo bruci ancora più forte in virtù del fatto che Schwazer aveva quell’aria da bravo ragazzo, quel faccino bellino, quella timidezza altoatesina che ce l’aveva fatto diventare simpatico, insieme a qualche pubblicità del Pinguì e al fatto che fosse fidanzato con la reginetta del pattinaggio (salvo quando batte il sedere per terra) Carolina Kostner
E’ però il caso di ricordare che doparsi, per quanto scorretto e grave, è comunque un errore di portata limitata rispetto ad altri che si possono fare nella vita tipo, che ne so, ammazzare qualcuno.
L’atleta in questione, un 28enne che ha tutto il diritto di poter continuare a vivere e di vedere il marchio del doping limitato solo ed esclusivamente alla sfera sportiva della sua esistenza, va quindi punito e criticato nella giusta portata, evitando di andare troppo in là, dimenticando comunque che si parla di sport e non di massimi sistemi.
Spero quindi che ad Alex venga concesso, una volta passato il clamore, di poter ricominciare a vivere, chiudendo (certo malissimo) un capitolo della sua vita e aprendone presto un altro.
Le crocifissioni viste altre volte, vedi il caso di Pantani, si sa bene poi a cosa hanno portato, comprese le lacrime di coccodrillo di chi prima l’ha demolito e poi, post mortem, tenta di riabilitarlo