Nascere ad Arezzo da madre milanese di orgini tedesche ti espone a una lunga infanzia e adolescenza di punti interrogativi che ancora, alla vigilia dei 30, continuano riguardo ai detti popolari, intercalare e piatti tipici fortunatamente integrati da amicizie assai prodighe nel lavoro di diffusione della cultura locale. Oramai parlo fluentemente due lingue: l’italiano e il chianino stretto.
Il mio amore per questa città, provincia e regione si è dovuto fare largo tra patroni lontani, quadri raffiguranti il Castello Sforzesco, i Navigli e la sacra Madunnina lottando quotidianamente – il nostro calendario domestico è “Il milanes” rigorosamente scritto in dialetto lombardo – con l’egemonia culturale nordica e con i piatti a base di burro.
Ma da un mesetto a questa parte si respira una nuova aria, se penso a quella di ieri sera del Serristori svengo, insomma una new wave filotoscana si è insinuata pian piano nella mente della “capoccia” che mi ha persino estromesso da tavola l’ultima volta che mi sono azzardata a dire che i fagiolini erano “bulliti”.
Dove nulla insomma ha potuto il matrimonio – per questo si consiglia sempre di cercarsi una moglie dei dintorni – 30 anni di vissuto tra le nostre belle valli, l’amore per Camaldoli è riuscita invece la cucina mediatica.
Durante l’ennesimo pranzo con 40 gradi all’ombra che i miei si ostinano a fare – perchè fuori fa più fresco – gli argomenti politico-economici hanno dolcemente lasciato il posto all’arte culinaria e per l’esattezza agli apprezzamenti della mia cara mamma longobarda al Club delle cuoche che va in onda su Alice, davanti alla quale la trovo religiosamente seduta quasi tutti i giorni come se stesse prendendo un thè con le amiche.
Già il fatto che visioni un programma di cucina quando l’unica cosa che si ostina a fare da decenni ai pranzi ufficiali è il risotto giallo mi ha creato qualche perplessità, ma che per di più il programma di cucina fosse rigorosamente condotto dalla Toscana Luisanna e dalla sua compare nella sua casa nel Mugello con battute e espressioni locali creando riso continuo nella pallida faccia di mia madre, mi ha dir poco scioccato.
E’ proprio vero la televisione unisce i popoli e la gola non ha confini territoriali. Strano che alla mia grande e utile Università di Scienze Politiche Cesare Alfieri non abbia studiato una bella “sociologia del cibo” del tipo “Noi e l’altro a tavola”. Starò dando suggerimenti a qualcuno probabilmente per creare una nuuova branca sociologica.
Tornando a me e lasciando a casa momentaneamente l’altro, qualcosa starà cambiando nel distaccamento milanese di casa mia? Finalmente il regime di dittatura culturale è venuto meno? Che la simpatia toscana abbia sciolto finalmente quel cuore freddo e nordico?
Ci speravo, ma alla mia domanda infida “Mamma lo sai vero che la cuoca è Toscana”, lei ribadendo il suo esserne fan adorata mi ha risposto “Si lo, so ma è simpatica proprio come una milanese”.
E’ inutile! Ovvio infatti in tutto il mondo sono proprio i milanesi ad essere famosi per la simpatia, non noi poveri Toscanacci. E anche quest’ anno mi toccherà andare a festeggiare sant ambroeus